Mons. Tomasi su uso dei droni: macchine non rispettano principio di umanità
Per la prima volta martedì scorso le Nazioni Unite hanno utilizzato un drone, ovvero
un aereo senza pilota, nell’ambito di una missione di pace nella regione orientale
del Congo, dove operano gruppi armati ribelli. La notizia apre nuove riflessioni sull’uso
pacifico dei droni, frequentemente usati negli ultimi anni a scopo militare, con gravi
implicazioni etiche e umanitarie che sono state messe in evidenza dal rappresentante
Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, mons. Silvano Tomasi. Il servizio di Roberta
Gisotti:
Intervenuto
nell’incontro annuale dei Paesi firmatari della Convenzione per interdire o limitare
l’uso di armi dagli effetti traumatici eccessivi o indiscriminati, come i droni armati,
l’arcivescovo Tomasi ha sollecitato la comunità internazionale a ragionare “sull’incapacità
dei sistemi tecnici automatici preprogrammati di dare giudizi morali su vita e morte,
di rispettare i diritti umani e di osservare il principio di umanità”. Infatti, “quando
un drone armato viene pilotato a migliaia di miglia di distanza, chi ha la responsabilità
delle violazioni umanitarie compiute attraverso il suo utilizzo?” E “quando informazioni
vitali relative all’uso di droni armati vengono sottratte alla verifica, come si può
appurare la conformità con il diritto internazionale, il diritto umanitario internazionale
e gli standard etici?”, si è chiesto il presule.
Inoltre, “la mancanza di rischi
militari e la presunta precisione dei droni armati” potrebbero indurre “a compiere
attacchi” più rischiosi per i civili. Sono dunque fondamentali “una maggiore trasparenza
e una responsabilità più chiara nel loro uso”. S’impone inoltre di preparare gli operatori
remoti di sistemi robotici e di garantire loro il “tempo necessario per riflettere”
su “decisione” da prendere davanti a uno schermo “che riguardano la vita e la morte”.
Quasi il 30% dei piloti di droni sperimenta infatti "crisi esistenziali". Chiediamoci
infine, ha detto mons. Tomasi, se “questo contesto di guerra disumanizzata” può rendere
“più attraente entrare in guerra”.