2013-12-02 16:31:08

Libertà di epressione per chi difende la famiglia naturale. Conferenza stampa al Senato


Libertà di espressione per chi difende la famiglia. A chiederlo ieri in conferenza stampa al Senato alcune associazioni cattoliche che, dopo il “caso Barilla”, denunciano vari episodi di violenza e intimidazione subiti in occasione di iniziative sui temi dell’ideologia del gender e della famiglia naturale. Sul tavolo anche il progetto di legge Scalfarotto all’esame di Palazzo Madama: “no all’aggravante per omofobia e al reato di opinione; sì a provvedimenti contro la violenza sulle persone fragili”, auspica Eugenia Roccella, deputata del Nuovo Centrodestra. Paolo Ondarza l’ha intervistata: RealAudioMP3

R. – Ne abbiamo esperienza, ormai, in più casi: per molti convegni e iniziative sui temi del gender o della famiglia ci sono state intimidazioni, minacce, atti di violenza in alcuni casi, impossibilità di parlare … e poi, abbiamo visto il caso Barilla(le polemiche sollevate da un’intervista in cui il presidente del gruppo Guido Barilla ha dichiarato “Non faremo pubblicità con omosessuali perché a noi piace la famiglia tradizionale”; ndr), che ha messo una grande azienda, simbolo del nostro Paese, in una condizione di estrema difficoltà sulle esportazioni americane: negli Stati Uniti si stava sollevando un movimento di boicottaggio nei confronti della pasta Barilla. Cioè: non stiamo parlando di un semplice confronto di idee; stiamo parlando di atti di minaccia e addirittura di boicottaggio. Ci sono sicuramente gruppi che hanno capacità di intervento pesanti, sia dal punto di vista culturale-legislativo, sia anche dal punto di vista economico.

D. – Siamo in Senato, il prossimo passo per quanto riguarda la legge all’esame sull’omofobia è proprio qui …

R. – Siamo ancora in fase di discussione in Commissione; riteniamo che la prima cosa da fare sia separare la questione della violenza contro le persone fragili - anche per motivi di orientamento sessuale - dalla legge Mancino. La legge Mancino è una legge nata su una convenzione internazionale contro il razzismo ed è una legge molto repressiva; se transfobia e omofobia rimanessero all’interno di questa legge, qualunque reato commesso nei confronti di un transessuale o di un omosessuale sarebbe passibile dell’aggravante: ovvero comporterebbe il carcere non solo per chi insulta o aggredisce una persona omosessuale, ma anche per chi ruba in casa di una persona omosessuale o scippa una persona omosessuale. Per non parlare poi degli strumenti molto pesanti all’interno della legge limitanti la libertà di espressione.

D. – Da parte di qualche associazione cattolica arriva la richiesta della convocazione di un nuovo Family Day: lei è d’accordo?

R. – Il Family Day è riuscito, all’epoca, a fermare una legge sulle unioni di fatto che era una legge molto confusa, ambigua – tra l’altro; certo, è stata una grande manifestazione del popolo cattolico, in primo luogo, ma anche non cattolico. Non so se oggi sia necessario un altro Family Day. Sicuramente, quello che è necessario è la vigilanza di tutti, dei credenti e dei non credenti.

D. – Anche perché questo è un dibattito in cui a prevalere deve essere la ragione prima di tutto…

R. – Io dico che deve prevalere il senso comune rispetto al luogo comune. Il senso comune è l’esperienza che abbiamo tutti noi: siamo tutti figli di un uomo e di una donna e sappiamo che i figli vengono fatti dal rapporto d’amore tra un uomo e una donna. Altri modi di avere figli sono modi che implicano, per esempio, un mercato – soprattutto – del corpo femminile, a volte addirittura un mercato dei figli stessi: in America ci sono le banche degli embrioni. Si può andare e ordinare direttamente in banca un embrione secondo alcune caratteristiche. Tra l’altro, spessissimo sono modalità che implicano un profondo razzismo: gli ovociti delle donne nere valgono meno di quelli delle donne bianche. Cioè, si vuole un embrione che abbia delle qualità di salute, spesso anche estetiche. Tutto questo non viene mai detto; si parla soltanto del diritto al figlio ma non si parla mai di che cosa questo implichi sul piano sociale e soprattutto per il bambino. Perché noi, in primo luogo, dovremmo fornire al bambino la certezza dell’unicità dei propri genitori. Per questo motivo abbiamo creato un comitato contro l’utero in affitto che si chiama “Di mamma ce n’è una sola”.







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