“La lotta ai gruppi armati non è terminata. Solo una fase della guerra è terminata
ma corriamo sempre il rischio che si apra un nuovo conflitto. Per questo motivo continueremo
a prepararci per avere un esercito forte e dissuasivo”: sono queste le parole pronunciate
dal presidente Joseph Kabila nell’atteso discorso tenuto domenica a Goma, capoluogo
della provincia del Nord Kivu. Il capo dello Stato ha chiesto alla popolazione di
“rimanere vigile per non essere sorpresa se un’altra guerra dovesse cominciare”, augurandosi
che i congolesi siano “pronti a combattere e a vincere”. Kabila è impegnato in una
visita nell’est del Paese, un percorso di 1200 chilometri cominciato il 20 novembre
dopo la sconfitta all’inizio del mese scorso della ribellione del Movimento del 23
marzo (M23) da parte delle truppe regolari (Fardc), sostenute dalla locale missione
Onu (Monusco). Il capo dello Stato ha lanciato un ultimatum a tutte le milizie ancora
attive, avvertendo che “in caso di mancato disarmo volontario saranno disarmate con
la forza”. Dopo aver sottolineato che “la più grande promessa è stata realizzata,
quella della pace”, Kabila ha annunciato che è giunta l’ora dello sviluppo per il
Nord Kivu, impegnandosi a lanciare una serie di “progetti di sviluppo entro il prossimo
trimestre”. Al di là della crisi umanitaria in atto, nella ricca regione mineraria
mancano servizi e infrastrutture. Nel suo discorso il presidente ha anche puntato
il dito contro i Paesi confinanti, senza però nominarli, accusando “i vicini di utilizzare
il Nord Kivu come una porta di accesso al Congo”. Proprio oggi Kabila è atteso a Kampala
dove incontrerà il suo omologo ugandese Yoweri Museveni, mediatore nei colloqui sospesi
da tre settimane tra Kinshasa e i ribelli dell’M23 che si sono arresi lo scorso 5
novembre. Le due parti, come auspicato dalla comunità regionale ed internazionale,
devono ancora firmare un accordo per sancire la fine delle ostilità in Nord Kivu.
La ribellione filo-tutsi, nata nell’aprile 2012, ha goduto del sostegno politico,
finanziario e militare del Rwanda e dell’Uganda. Intanto la missione Onu in Congo
ha annunciato che droni (aerei senza pilota) “saranno operativi a partire dalla prossima
settimana” per sorvegliare la frontiera. Secondo il vice segretario delle Nazioni
Unite incaricato delle operazioni di mantenimento della pace, Hervé Ladsous, “si tratta
di uno strumento essenziale per progredire sul piano militare”. Dopo la sconfitta
dell’M23, i Caschi blu e i soldati congolesi hanno annunciato come prioritaria la
lotta ai ribelli ruandesi delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr)
e , in prospettiva, alla ribellione ugandese delle Adf-Nalu. Al di là di questi due
gruppi, una quarantina di milizie locali è ancora attiva nell’est del Congo; alcune
di queste hanno aderito da poche settimane al processo di disarmo volontario. (R.P.)