2013-11-30 17:38:50

Comunità di Capodarco: 20 anni di "Redattore sociale". In corso l'edizione 2013


Ventesima edizione quest’anno, presso la Comunità di Capodarco di Fermo, del seminario di formazione per giornalisti sui temi del disagio e della marginalità. Il titolo è: "La sostanza e gli accidenti. Giornalisti in cerca dell’essenziale e le trappole della transizione”. A promuovere l’iniziativa l’Agenzia "Redattore sociale". Oltre 6 mila gli operatori dell’informazione che hanno frequentato in questi anni il seminario, dagli studenti delle scuole di giornalismo ai professionisti in cerca di una chiave di lettura competente sulle problematiche del sociale. Ma che cosa si è voluto proporre in particolare in questa edizione? Al microfono di Adriana Masotti, Stefano Trasatti, direttore dell’Agenzia:RealAudioMP3

R. – Questo titolo è molto legato – appunto – ai 20 anni perché ci siamo accorti che in questi 20 anni, in molti ambiti – forse in tutti – sono iniziate delle transizioni che non sono finite. Quindi è proprio da questo punto di vista un ventennio cruciale, per esempio per la stessa informazione, con l’avvento di Internet; oppure, sul welfare: il welfare europeo, che era nato ai primi del Novecento, comincia a non tenere più. Oppure, nel lavoro, nella scuola … e nelle transizioni c’è del polverone, perché succedono tante cose e pochissimi sono in grado di capire cosa succederà quando quel polverone si depositerà … Per i giornalisti, la faccenda diventa più ardua, perché per definizione dovrebbero scrivere quello che sta succedendo, ma spesso se c’è la povere si rischia di prendere delle cantonate, di rappresentare come importanti cose che invece sono effimere: ecco, cerchiamo di ragionare di questo, posto che un seminario di tre giorni riesca a rispondere a questa domanda …

D. – Sono pochi tre giorni, ma voi sono 20 anni che insistete a cercare di formare i giornalisti proprio sui temi del disagio e della marginalità … Se volessimo fare un bilancio di questa esperienza, che cosa sarebbe possibile dire?

R. – Il bilancio lo abbiamo fatto in un libro che, da una parte, racchiude oltre 200 citazioni ci alcuni degli ospiti che sono passati qui, a Capodarco; dall’altra, i programmi delle 42 edizioni dei seminari di Capodarco: perché qui a Capodarco ne sono state fatte 20, però questi seminari di “Redattore sociale” sono stati fatti anche in altre sei città. Il bilancio, numericamente, è stato un successo, perché a tutte queste edizioni hanno partecipato oltre 6.500 persone. Quindi, possiamo dire che in vent’anni si è creata una specie di comunità trasversale di giornalisti che magari sono venuti qua da giovani, poi hanno anche acquisito posti di potere nell’informazione e con l’esperienza di Capodarco hanno portato nelle redazioni, nella loro pratica quotidiana, attenzioni e sensibilità che non sono affatto scontate. Noi lo abbiamo avvertito andando a guardare, per esempio, il linguaggio che si usava 15-20 anni fa su temi come la disabilità, l’immigrazione o la povertà e quello che si usa oggi che, anche se non perfetto, è comunque più attento. Un altro bilancio positivo sta proprio in queste citazioni di cui parlavo prima, che sono di grandi giornalisti, di grandi intellettuali e tutti convergono su un certo approccio al giornalismo: per esempio, l’appello all’approfondimento e allo studio costante, l’esortazione ad entrare dentro alle storie senza averne paura; poi, anche il riconoscimento che la professione è difficile, però va giocata e va praticata fino in fondo, senza alibi. E poi, l’invito all’ascolto reciproco tra operatori sociali e giornalisti. Ecco, mi sembra che questi messaggi stiano passando sempre di più, anche nella rappresentanza ufficiale della professione.

D. – Vent’ anni fa, c’erano la stampa, la tv e le radio: in che modo vi siete poi confrontati con l’imporsi di nuovi mezzi di comunicazione, in particolare Internet?

R. – Noi abbiamo affrontato qui, a Capodarco, e nelle altre città il tema del cambiamento del giornalismo in più occasioni e in tutte le salse; però noi da sempre insistiamo sui contenuti, sulle competenze, sulle sensibilità che bisogna avere, perché quando si parla di temi sociali, ci vuole un’attenzione in più: questi temi non hanno uffici stampa o politici o persone potenti che alzano il telefono e dicono: “Qui hai scritto male”. Qui non telefonerà nessuno, e quindi il giornalista deve avere un’attenzione in più. E’ su questo che ci si deve concentrare.







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