Comunità di Capodarco: 20 anni di "Redattore sociale". In corso l'edizione 2013
Ventesima edizione quest’anno, presso la Comunità di Capodarco di Fermo, del seminario
di formazione per giornalisti sui temi del disagio e della marginalità. Il titolo
è: "La sostanza e gli accidenti. Giornalisti in cerca dell’essenziale e le trappole
della transizione”. A promuovere l’iniziativa l’Agenzia "Redattore sociale". Oltre
6 mila gli operatori dell’informazione che hanno frequentato in questi anni il seminario,
dagli studenti delle scuole di giornalismo ai professionisti in cerca di una chiave
di lettura competente sulle problematiche del sociale. Ma che cosa si è voluto proporre
in particolare in questa edizione? Al microfono di Adriana Masotti, Stefano
Trasatti, direttore dell’Agenzia:
R. – Questo
titolo è molto legato – appunto – ai 20 anni perché ci siamo accorti che in questi
20 anni, in molti ambiti – forse in tutti – sono iniziate delle transizioni che non
sono finite. Quindi è proprio da questo punto di vista un ventennio cruciale, per
esempio per la stessa informazione, con l’avvento di Internet; oppure, sul welfare:
il welfare europeo, che era nato ai primi del Novecento, comincia a non tenere più.
Oppure, nel lavoro, nella scuola … e nelle transizioni c’è del polverone, perché succedono
tante cose e pochissimi sono in grado di capire cosa succederà quando quel polverone
si depositerà … Per i giornalisti, la faccenda diventa più ardua, perché per definizione
dovrebbero scrivere quello che sta succedendo, ma spesso se c’è la povere si rischia
di prendere delle cantonate, di rappresentare come importanti cose che invece sono
effimere: ecco, cerchiamo di ragionare di questo, posto che un seminario di tre giorni
riesca a rispondere a questa domanda …
D. – Sono pochi tre giorni, ma voi sono
20 anni che insistete a cercare di formare i giornalisti proprio sui temi del disagio
e della marginalità … Se volessimo fare un bilancio di questa esperienza, che cosa
sarebbe possibile dire?
R. – Il bilancio lo abbiamo fatto in un libro che,
da una parte, racchiude oltre 200 citazioni ci alcuni degli ospiti che sono passati
qui, a Capodarco; dall’altra, i programmi delle 42 edizioni dei seminari di Capodarco:
perché qui a Capodarco ne sono state fatte 20, però questi seminari di “Redattore
sociale” sono stati fatti anche in altre sei città. Il bilancio, numericamente, è
stato un successo, perché a tutte queste edizioni hanno partecipato oltre 6.500 persone.
Quindi, possiamo dire che in vent’anni si è creata una specie di comunità trasversale
di giornalisti che magari sono venuti qua da giovani, poi hanno anche acquisito posti
di potere nell’informazione e con l’esperienza di Capodarco hanno portato nelle redazioni,
nella loro pratica quotidiana, attenzioni e sensibilità che non sono affatto scontate.
Noi lo abbiamo avvertito andando a guardare, per esempio, il linguaggio che si usava
15-20 anni fa su temi come la disabilità, l’immigrazione o la povertà e quello che
si usa oggi che, anche se non perfetto, è comunque più attento. Un altro bilancio
positivo sta proprio in queste citazioni di cui parlavo prima, che sono di grandi
giornalisti, di grandi intellettuali e tutti convergono su un certo approccio al giornalismo:
per esempio, l’appello all’approfondimento e allo studio costante, l’esortazione ad
entrare dentro alle storie senza averne paura; poi, anche il riconoscimento
che la professione è difficile, però va giocata e va praticata fino in fondo, senza
alibi. E poi, l’invito all’ascolto reciproco tra operatori sociali e giornalisti.
Ecco, mi sembra che questi messaggi stiano passando sempre di più, anche nella rappresentanza
ufficiale della professione.
D. – Vent’ anni fa, c’erano la stampa, la tv e
le radio: in che modo vi siete poi confrontati con l’imporsi di nuovi mezzi di comunicazione,
in particolare Internet?
R. – Noi abbiamo affrontato qui, a Capodarco, e nelle
altre città il tema del cambiamento del giornalismo in più occasioni e in tutte le
salse; però noi da sempre insistiamo sui contenuti, sulle competenze, sulle sensibilità
che bisogna avere, perché quando si parla di temi sociali, ci vuole un’attenzione
in più: questi temi non hanno uffici stampa o politici o persone potenti che alzano
il telefono e dicono: “Qui hai scritto male”. Qui non telefonerà nessuno, e quindi
il giornalista deve avere un’attenzione in più. E’ su questo che ci si deve concentrare.