Stop dell'Ucraina alla firma dell'accordo di partenariato con l'Ue
Al vertice sul partenariato orientale di Vilnius, in Lituania, l'Unione Europea ha
firmato accordi di associazione con la Georgia e la Moldavia, ma non con l’Ucraina.
Kiev, già nei giorni scorsi, aveva annunciato il proprio rifiuto adducendo motivi
economici, dopo che la Russia aveva minacciato misure protezioniste per impedire l'accesso
dei prodotti ucraini al suo mercato. Il presidente Viktor Yanukovich ha assicurato
però un accordo di "associazione" con l'Ue nel "prossimo futuro". Nel frattempo in
Ucraina è scattata la protesta di piazza per chiedere la prosecuzione dell’integrazione
nell’Ue. Sui nodi che hanno impedito la firma dell’intesa tra Bruxelles e Kiev, ascoltiamo
Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di area ex
sovietica, intervistato da Giada Aquilino:
R. – L’intesa
è saltata perché la questione dei rapporti tra l’Unione Europea e l’Ucraina è una
questione complessa, in quanto complessi a loro volta sono i rapporti tra l’Ucraina
e la Russia. Basti pensare che l’Ucraina ha 4.600 chilometri di confine terrestre
e, di questi, 1.600 sono con la Russia. Mosca vale il 22% sia per quanto riguarda
le esportazioni dell’Ucraina, sia per quanto riguarda le importazioni. Kiev dipende
dalla Russia quasi interamente per il rifornimento energetico. Insomma, in realtà
i rapporti tra l’Unione Europea e l’Ucraina possono essere costruiti e risolti quando
saranno costruiti e risolti i rapporti tra l’Unione Europea e la Russia.
D.
– Che interessi ha al momento il presidente ucraino Yanukovich?
R. – Il presidente
Yanukovich ha sostanzialmente l’interesse di alzare il prezzo della propria adesione,
della propria partecipazione, sia nei confronti dell’Unione Europea sia nei confronti
della Russia. In questo momento c’è una specie di asta per quanto riguarda l’affiliazione
dell’Ucraina. E l’Ucraina, che non versa in buone acque, tutt’altro, ha in questo
momento l’interesse a concedersi poco e con riluttanza a chiunque.
D. – Eppure,
ancora una volta, la piazza in Ucraina chiede un’altra cosa…
R. – Sì, la piazza
in Ucraina chiede un’altra cosa. Bisogna fare attenzione, però: Yanukovich è Presidente
detestato dalla stessa parte dell’Ucraina che oggi scende in piazza, ma appoggiato
da un’altra parte dell’Ucraina, che evidentemente ha avuto i numeri per eleggerlo.
L’Ucraina è un Paese diviso in due, sostanzialmente lungo il corso del fiume Dnepr.
A est c’è un’Ucraina che - per ragioni linguistiche, culturali, storiche, economiche,
per la parte delle miniere, delle industrie pesanti e così via - gravita comunque,
almeno sentimentalmente, verso Mosca. Ad ovest c’è una parte che ha un’altra impostazione
economica, un’altra vivacità, un’altra tradizione etnica e culturale e guarda verso
l’Occidente e verso l’Europa.
D. – E, in questo quadro, che peso ha la figura
della Timoshenko?
R. – La Timoshenko è sicuramente una figura simbolo. Di certo
simboleggia un’istanza di autonomia, di indipendenza e addirittura, potremmo dire,
di ostilità nei confronti di Mosca. Simboleggia, però, anche una stagione, che è quella
dei governi succedutesi alla cosiddetta Rivoluzione Arancione, che è stata tutt’altro
che felice per l’Ucraina. E poi - mi si consenta questa piccola provocazione - non
credo che sia stata una mossa molto lungimirante, da parte dell’Unione Europea, quella
di condizionare l’adesione dell’Ucraina alla liberazione della Timoshenko: così ha
dato alle forze più conservatrici ucraine un’ottima scusa per rifiutare e in secondo
luogo ciò è palesemente un’ingerenza negli affari interni di un altro Paese e una
scelta di un fronte politico, perché, appunto, la Timoshenko è molto ben caratterizzata
dal punto di vista politico.