Pakistan. Mons. Shaw: la Chiesa con leadership locale ha rafforzato dialogo con l'islam
Cambia il volto delle Chiese in Oriente – non più rappresentate da gerarchie di provenienza
occidentale, bensì locale – e questo si traduce in un miglioramento dei rapporti con
le religioni di maggioranza. L’aspetto è emerso nel corso della recente plenaria del
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Un più aperto dialogo con i musulmani
è quello che, ad esempio, sperimenta la Chiesa pakistana. Lo conferma il nuovo arcivescovo
di Lahore, Sebastian Shaw, che ne spiega i motivi al microfono di Philippa
Hitchen:
R. – I have
two or three reasons... Ci sono due o tre ragioni. La prima, per esempio, è che
molti anni fa nella Chiesa i leader, per la maggior parte, erano stranieri, bianchi.
In questo modo, noi cristiani in Pakistan eravamo considerati appartenenti a una religione
straniera. Le persone avevano contatti religiosi attraverso le nostre istituzioni:
scuole, ospedali, istituzioni sociali come la Caritas. Ora che tutti noi leader siamo
autoctoni, ci riuniamo per parlare e ricordiamo loro che siamo pakistani e che apparteniamo
alla loro stessa terra. Questo contribuisce a dare pure una nuova immagine della Chiesa,
della Chiesa cattolica, agli abitanti del Pakistan, che sono in maggioranza musulmani.
Viviamo insieme da secoli: già i nostri bisnonni hanno vissuto insieme, ma siamo sempre
stati considerati alleati dell’America o dell’Europa. Ora, questo è un grande cambiamento:
uno è quello della leadership, che è ormai locale, e l’altro è il dialogo aperto.
Oggi, le occasioni di dialogo non sono più soltanto attraverso le nostre istituzioni,
come scuole e ospedali, ma c’è una forma di dialogo.
D. – Ci può fare un esempio
concreto dei modi in cui pensa che questo dialogo si stia aprendo e stia migliorando,
o allentando le tensioni?
R. – Concrete example I want to give you… Un esempio
concreto che voglio fare è quello dell’attacco avvenuto, l’8 marzo di quest’anno,
contro la “Joseph Colony”, nella mia arcidiocesi di Lahore. Un uomo era stato accusato
di blasfemia, ma di nuovo il problema è stato che se pure una singola persona avesse
fatto qualcosa – ed è ancora da dimostrare – sono state date alle fiamme più di 100
case. Quando abbiamo sentito tutto questo, abbiamo iniziato a telefonare. Io stesso
ho chiamato l’imam della moschea di Badshahi di Lahore e poi abbiamo sentito anche
altri eminenti studiosi e religiosi islamici. Poi, ancora, abbiamo coinvolto i leader
politici, cristiani e musulmani insieme. Abbiamo tenuto una conferenza nell’arcivescovado
ed è stata la prima volta. Per molti studiosi, anche musulmani, è stata la prima visita
nell’arcivescovado. Noi abbiamo aperto loro la nostra casa e insieme siamo andati
sul posto. Questo è stato d’incoraggiamento alle persone, alle vittime, perché non
eravamo solo noi, che componiamo la minoranza, a essere con loro, ma anche le persone
che compongono la maggioranza. In una settimana, hanno cominciato a ristrutturare
le loro case e la gente ha provato un senso di sicurezza e ha cominciato a tornare.
D. – Nel suo nuovo documento, la Evangelii gaudium, Papa Francesco
rivolge un appello particolare ai leader del mondo musulmano, perché ai cristiani
venga garantita la stessa libertà che i musulmani godono nei Paesi cristiani...
R.
– It is very very significant… E’ molto, molto importante. Una cosa che ho imparato
da questa plenaria del Pontifico Consiglio è che una cosa è parlare di cittadinanza,
altra cosa è parlare di affiliazioni religiose. Quindi, per le persone che vivono
per esempio in Pakistan, il primo diritto è quello alla cittadinanza, il secondo riguarda
la loro affiliazione religiosa. In questo senso, penso che il messaggio e l’appello
che il Santo Padre ha rivolto ai leader religiosi, e anche a noi, sia molto positivo:
ci chiede di vivere insieme, dobbiamo trovare il sistema per vivere insieme. Ora,
partendo dal presupposto che i musulmani accettano Gesù Cristo e la Bibbia, il Libro
Sacro, dobbiamo trovare elementi comuni sui quali possiamo trovarci d’accordo, parlare
e lavorare insieme per la crescita del Paese e anche per la pace nel mondo.