In Thailandia continua la protesta antigovernativa
Continuano per il quinto giorno le proteste nelle vie della capitale e nelle province
del sud della Thailandia contro il governo della premier Shinawatra. L’esecutivo ieri
è uscito indenne dalla mozione di sfiducia in parlamento presentata dall'opposizione.
Ma nelle piazze si allarga la protesta è anche ierii si sono contate numerose manifestazioni.
Sulle motivazioni di questo stato di tensione in Thailandia, Giancarlo La Vella
ha intervistato Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia all’Università
di Milano:
R. – La crisi,
che si è aperta intorno al 2010 e che sembrava essersi risolta con le ultime elezioni
con l’affermazione di Shinawatra, in realtà non si è affatto chiusa. Da questo punto
di vista, è una situazione che riproduce perfettamente le circostanze in cui negli
ultimi anni si era lacerata la società thailandese, in un contesto che è aggravato
dalla questione della monarchia. Il sovrano è anziano, malato, e si prevede che nell’arco
di poco tempo debba essere pronto per una successione, circostanza che ha larghe incognite,
perché la monarchia è in qualche modo l’ago della bilancia, il cemento istituzionale
di un Paese come la Thailandia.
D. – Come a dire che non si sta protestando
per ottenere qualcosa, ma in modo più ampio per una revisione radicale dello Stato
thailandese...
R. – Non è tanto una revisione totale dello Stato thailandese,
ma è un’opposizione a una componente della elite thailandese, che ha legami
con certi ambiti economici e geografici. Nel senso che l’attuale governo è legato
agli ambienti contadini poveri della Thailandia settentrionale e ha l’opposizione
non solo degli apparati istituzionali, ma di buona parte dei ceti medi e più dinamici,
urbani, di Bangkok e degli ambienti meridionali, dove ha radici il Partito democratico
che si oppone al populismo di Shinawatra. E da questo punto di vista, è difficile
identificare un modello che sia interpretabile, ad esempio, con i criteri europei
o comunque occidentali, perché in realtà noi non abbiamo a che fare né con una destra
e una sinistra e non abbiamo a che fare neppure con una contrapposizione tra autoritarismo
e democrazia. Questo è un po’ il carattere peculiare della crisi thailandese. Ed è
su questo che in realtà si sta avvitando un Paese, che è senz’altro in passato è stato
additato come un modello di sviluppo, un modello estremamente interessante e positivo,
ma che in questo caso, negli ultimi anni appare sempre più appannato, destinato apparentemente
a una crisi progressiva, dalla quale non sembra per il momento vi siano speranze di
fuoriuscire.