2013-11-28 15:15:21

In Sardegna è ancora emergenza: l'impegno della Caritas per lenire ferite morali e materiali


In Sardegna, dopo la morte di una donna in un ospedale di Cagliari, è salito a 17 il numero delle vittime provocate dall’alluvione dello scorso 18 novembre. L’emergenza continua: i danni sono ingenti e gli sfollati - rende noto la Protezione civile - sono 636. Sulla situazione nella regione insulare, Amedeo Lomonaco ha intervistato il delegato regionale di Caritas Sardegna, don Marco Lai: RealAudioMP3

R. - La maggior parte delle famiglie è rientrata nelle abitazioni. Tuttavia, circa 300 ancora non possono rientrare, in quanto le condizioni di abitabilità non sono state recuperate. Quindi possiamo dire che l’emergenza abitativa continua. Chiaramente, sono danni molto impegnativi, sia alle abitazioni, sia alle infrastrutture, e anche alle piccole aziende agropastorali, del terziario; il 91 per cento dell’attività economica è legata ad imprese di tipo individuale e familiare. È davvero una calamità anche sotto il profilo dell’impresa e del lavoro.

D. - L’emergenza continua e procede anche la mobilitazione delle Caritas diocesane…

R. - Assolutamente sì. Domani, tra l’altro, faremo anche un percorso di visita insieme con il direttore della Caritas italiana, mons. Francesco Soddu. La mobilitazione continua. Procede con quella solidarietà che è fatta di operosità legata ancora al ripristino delle condizioni abitative, ma anche quella solidarietà che consiste nel concorrere alle necessità che ancora permangono. Certamente le ferite riguardano le infrastrutture, i costi sono enormi. Poi ci sono danni enormi arrecati alle aziende e alle abitazioni: sono danni enormi. C’è anche quell’affannoso recuperare la posizione di partenza per poter iniziare a curare anche le ferite morali, che vanno a portare sofferenza nel cuore della gente. Traumi non solo materiali ma anche spirituali, psicologici. Ritornare alla vita normale non sarà sicuramente semplice. C’è tanto da rimuovere e anche tanta speranza e positività da recuperare.

D. - In questo momento prevale il senso di abbandono oppure la gente si sente adeguatamente supportata?

R. - La gente è piena prima di tutto di dignità, di coraggio. In alcune zone la gente dice: “Ma hai bisogno di qualcosa?”, “No, di nulla”. Poi, di fatto, hanno bisogno di tutto. E’ supportata sicuramente da tanta generosità. Devo dire che anche le istituzioni locali, in maniera marcata e schierata, stanno dalla parte della gente in modo tale che le promesse che vengono dal governo possano essere davvero mantenute. Poi dal punto di vista morale, le famiglie sentono la vicinanza della Chiesa, delle Caritas, del volontariato, del Papa, dei vescovi che, puntualmente, sono stati presenti in mezzo alla gente. Le chiese sono diventate anche "magazzini". Una chiesa di Olbia è diventata il punto di arrivo un luogo, di raccolta di tanti beni importanti e di ridistribuzione di questi beni. Sono segni significativi della vicinanza che la gente ha avuto; anche il luogo del culto è diventato luogo di accoglienza, un luogo di conforto, di sostegno per le prime necessità. Quindi, le persone non si sentono sole ma il rischio è nella misura in cui i riflettori rischiano di spegnersi. E allora sarà ancora un importante momento di vicinanza per far parte della comunità cristiana, della Chiesa. Alcune azioni di prima emergenza legate anche alla protezione civile tenderanno certamente a concludersi; resterà invece, sicuramente, la vicinanza del volontariato e, in modo particolare, della Chiesa.







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