Rapporto Ocse: i precari di oggi sono a rischio povertà da anziani
In Italia, per le generazioni future, i redditi da pensioni possono essere un problema.
E’ quanto ha scritto ieri l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo,
nel suo Rapporto sulle pensioni “Pensions at a glance”. Il servizio di Francesca
Sabatinelli:
"Il precario
di oggi sarà il povero di domani”. E’ quanto scrive l’Ocse nel suo Rapporto, spiegando
che attualmente l’Italia ha il tasso più alto di contributi previdenziali nell’area
Ocse. I precari si ritroveranno in difficoltà al momento dell’uscita dal lavoro e
questo, accusa l’organizzazione, a causa del metodo contributivo e dell’assenza di
pensioni sociali. Non condivide totalmente questa analisi Elisabetta Addis,
docente di Economia politica all’Università di Sassari:
R. – “Il precario di
oggi rischia la povertà da anziano” in realtà è un’affermazione, a mio parere, non
completamente appoggiata dai dati. L’Ocse lamenta il fatto che l’Italia non preveda
alcuna pensione sociale per attenuare il rischio di povertà degli anziani. Questo
non è esatto: l’Italia ha una pensione sociale che si chiama “assegno sociale”, non
è molto alto, però è l’unico pezzo sano di un sistema di Welfare italiano che fa acqua
da tutte le parti. Ovviamente, l’ammontare è deciso anno per anno e naturalmente può
sempre essere revocato, perché non si tratta di un diritto acquisito sulla base delle
contribuzioni versate, però comunque la povertà la attenua. Secondo me, il titolo
allarmista “precario oggi rischia povertà da anziano” si riferisce la fatto che quelli
che noi chiamiamo precario hanno carriere lavorative frammentate e spesso non sempre
completamente legali: i contributi non sempre vengono pagati. E’ vero che chi inizia
a lavorare oggi – sia che abbia contratti cosiddetti precari, sia che abbia contratti
invece più solidi, quindi a tempo indeterminato – avrà pensioni molto minori rispetto
a quelle di cui hanno goduto le generazioni precedenti.
D. – E questo da cosa
è provocato?
R. – Questo è un effetto del metodo contributivo. E' un effetto
del fatto che tutti abbiamo riconosciuto che non era possibile sostenere il livello
di pensioni che avevamo fino al 1995 e quindi, piano piano, abbiamo cominciato a diminuirle.
Devono, in qualche maniera, risparmiare qualche soldo e metterlo in un piano privato,
se vogliono avere le stesse pensioni che avevano i loro nonni. Però, mi sembra che
questa notizia “il precario oggi rischia la povertà da anziano” stia mettendo insieme
due problematiche, forse addirittura tre, che non è che necessariamente stanno insieme.
Una è quella del lavoro a tempo determinato verso il lavoro tempo indeterminato, quindi
la problematica del precariato. La seconda è la problematica delle pensioni e la sostenibilità
delle pensioni, cioè di ciò che viene dato in cambio di ciò che versi come contributo.
Ultima, la povertà. La povertà è una cosa ben definita: è avere redditi al di sotto
di una certa soglia e, secondo me, non è di questo che si sta parlando quando ci si
riferisce a persone che comunque lavorano e versano i contributi. Non si sta parlando
di povertà, si sta parlando di pensioni basse.