Manifestazione pro Stamina a Roma. I commenti del dott. Andolina e del prof. Vescovi
“Stamina funziona, anche tu senza laurea lo puoi capire”. “Non abbiamo più voglia
di morire”. Mostrando cartelli con queste scritte, diverse famiglie di malati affetti
da gravi patologie, hanno manifestato ieri nel centro di Roma, dove si sono vissuti
anche forti momenti di tensione, chiedendo di poter accedere al trattamento e lo sblocco
delle liste di attesa, istituite presso gli Spedali Civili di Brescia. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Hanno manifestato
di fronte a Palazzo Chigi famiglie e malati sulle carrozzelle chiedendo il via libera
al metodo Stamina che prevede la conversione di cellule staminali in neuroni per il
trattamento di malattie rare. Per i suoi sostenitori, questo trattamento consente
la guarigione o il rallentamento di malattie neuro-degenerative. Per il dottor
Marino Andolina, vice presidente di “Stamina Foundation”, le prove sono evidenti:
R.
– Sì, ormai sono sovrabbondanti. Io sono uno scettico: quattro anni fa ho visto un
mio paziente moribondo migliorare chiaramente dopo la terapia di Vannoni. Non credo
mai a quello che vedo perché penso di sbagliare io stesso e, quindi, ho bisogno di
controprove. Ma qui ormai i dati sono così chiari! Abbiamo dei pazienti che dalla
paralisi completa e progressiva, che dovevano morire e peggiorare di giorno in giorno,
sono regrediti ad una situazione non di guarigione, ma di chiaro miglioramento con
comparsa di movimenti che prima non c’erano.
D. – Perché gran parte della
comunità scientifica sembra disconoscere queste prove? E oltre a lei chi sostiene
questo metodo o richiede ulteriori verifiche?
R. – Io sono stato il primo in
Italia a fare trapianti nei bambini, il primo nel mondo a fare terapie con staminali.
Con me ci sono il professor John Bach, massimo esperto di Sma nel New Jersey, il professor
Villanova di Bologna, massima autorità di Sma in Italia, il professor Ricordi di Miami
che vuole che sperimentiamo nel suo laboratorio la terapia. Quelli che non hanno un
conflitto di interessi, per motivi diversi, sono con noi. Quindi, io mi sento parte
della comunità scientifica e la comunità scientifica, per quello che mi riguarda,
ha constato i miglioramenti.
D. – In base ai vostri riscontri è anche da escludere
che il metodo presenti rischi, o gravi effetti collaterali, tra cui l’insorgere di
patologie tumorali?
R. – Sì è da escludere. Questa è la bufala più grossa che
è uscita dalla cosiddetta “commissione di esperti” del Ministero. Sono testimone di
circa 250 iniezioni di cellule staminali, a parte le mille che ho fatto negli anni
precedenti con cellule diverse. Non c’è stato uno starnuto o una linea di febbre dopo
la terapia. Come si fa a dire che una terapia è pericolosa se nessuno si è mai sentito
neanche un po’ “maluccio”? Questo è veramente facile da accertare e non serve una
laurea in medicina. Inoltre, i cosiddetti “esperti” hanno detto che è pericoloso in
quanto si può trasmettere l’Aids, come in ogni trasfusione di sangue; quindi, le trasfusioni
sarebbero da evitare perché cellule ricevute da un’altra persona sono pericolose.
Questo si poteva dire nel Medio Evo ma non oggi. Hanno detto che, siccome preleviamo
le cellule dall’osso, potrebbero contenere frammenti ossei. Però, questi esperti -
non avendo mai visto una cellula staminale - non sanno che noi coltiviamo cellule
aderenti alla plastica per quasi un mese e le laviamo dalle sei alle nove volte e
quindi sono filtrate, purissime. Sono cose così ingenue da meritare veramente un’indagine
da parte della magistratura. Non è possibile mentire oltre certi livelli.
D.
– La sperimentazione del metodo Stamina è stata bloccata dal Ministero della Salute.
Nei giorni scorsi, comunque, il tribunale di Roma ha accolto il ricorso di una donna
di 46 anni, malata di sclerosi multipla, e ha ordinato la somministrazione del trattamento.
Ma a parte questo caso i giudici, ultimamente, sembrano seguire, sempre di più, le
indicazioni del Ministero della Salute…
R. – Anche i giudici sono esseri umani
e leggono i giornali: leggono che esperti dicono che la terapia sia pericolosa; non
hanno la cultura per dire che questi hanno torto. Quindi, adesso la maggior parte
dei giudici purtroppo - dopo un periodo in cui ci davano sempre ragione - comincia
a darci torto e a dare torto alle famiglie. È andata bene a Roma, ma è andata bene
a più o meno sette pazienti consecutivi ad Asti. E così via. La faccenda non è chiusa.
Il problema è che la legge viene violata in diversi modi; l’ultimo riguarda credo
l’articolo del codice penale 388 secondo cui: “l’ordine del giudice se disatteso porta
conseguenze penali”. L’ospedale di Brescia ha 100 pazienti in lista di attesa e da
tre mesi non ne ha reclutato neanche uno, dichiarando che 10 minuti di intervento
semi-ambulatoriale sono troppo per il più grande ospedale di Italia. Io credo che
prima o poi giustizia dovrebbe esserci.
Ma secondo diversi medici ed esperti,
mancano evidenze scientifiche e i necessari presupposti di efficacia e di sicurezza.
Il prof. Angelo Vescovi, genetista:
R. - Ci siamo dati delle regole
nella comunità medica e scientifica per evitare che si ripetessero casi di sperimentazione
sull’uomo che, francamente, non avevano ragione d’essere e che hanno spesso procurato
danni ai malati. Per far comprendere chi ci ascolta: sono le regole che ci siamo dati
che ci hanno portato ai trapianti di organi che oggi salvano la vita. Quindi, sono
regole rispettabilissime che implicano che si faccia vedere e si dimostri quali metodi
vengono utilizzati, riproducibilmente; che quello che si sostiene con questi metodi
è vero e dimostrato scientificamente; nella massima sicurezza del paziente, e alla
presenza di un riscontro di qualche vantaggio per il paziente. Tutto questo in questa
situazione manca e, francamente, non riesco a capire perché continuiamo a parlare
di qualcosa che, evidentemente, ha un problema di carattere generale, emotivo, sociale
ma che nulla ha a che fare con la scienza. Questo metodo, in questo momento, non soddisfa
i criteri richiesti per una sperimentazione sicura ed anche solo vagamente efficace.
Non è una questione di opinione, ma una questione di fatti.
D. – Secondo lei
appartiene proprio alla sfera dell’emotività la speranza anche di genitori che ravvisano
miglioramenti nei loro figli?
R. – Questo è proprio il problema che le regole
hanno cercato di prevenire: in presenza di patologie e malattie gravi come queste
- in cui c’è un’enorme fragilità psicologica - queste persone vanno comunque comprese;
va compresa la loro rabbia, la loro disperazione. Ma in situazioni di questo genere
- con patologie che hanno un andamento spesso ciclico, altalenante - è facile, essendo
direttamente coinvolti, interpretare come miglioramenti delle fasi passeggere, o dei
possibili miglioramenti di tipo sintomatologico, legati a terapie palliative che,
magari, i pazienti fanno negli ospedali. Quindi, non può essere né il paziente né
il genitore del paziente a riportare l’effetto benefico; è per questo che ci deve
essere una corte di medici che obiettivamente valutano il miglioramento, altrimenti
non è possibile fare questo. Ci troviamo in presenza di persone onestamente disperate
– io ho situazioni simili anche in famiglia – per cui c’è veramente da affrontare
il problema con delicatezza nei loro confronti. Al momento, non possono essere loro
a dire che il metodo funziona, deve essere la comunità scientifica la quale non ha
nessun interesse personale, se non quello del paziente. Faccio anche presente una
cosa: io devo capire ancora per quale motivo si devono trasformare delle cellule del
sangue in cellule nervose, quando le cellule nervose sono già disponibili per i trapianti
e le stiamo usando. Si crea una grande confusione in cui, poi, si innestano l’emotività
e la disperazione delle persone e poi evidentemente si viaggia sulle ali di questi
discorsi per mantenere vivo un argomento che non ha ragione di essere vivo. Per quanto
mi riguarda, questo caso è chiuso.
D. – Un caso chiuso; allo stato attuale
anche in base alle valutazioni della comunità scientifica: non ci sono assolutamente
neanche le condizioni per una sperimentazione?
R. – Credo che i colleghi che
erano nella commissione abbiano fatto un eccellente lavoro: quando si propone una
richiesta di sperimentazione - è un percorso difficile e stiamo cercando di migliorare
le regole – si presentano dati oggettivi, un protocollo chiaro su una patologia e
non su cinque patologie contemporaneamente e si sostiene la propria tesi dimostrandola.
Non c’è nessuno che è contro, ma semplicemente è lì a valutare che questo sia efficace.
Se viene bocciata, si ripresenta la domanda – lo dico con il massimo rispetto anche
per i signori di Stamina – seguendo però le regole che tutti gli altri rispettano.
Io ho il massimo rispetto della Stamina, però qualcuno mi deve spiegare perché deve
avere il diritto di derogare a tutte le regole che la comunità scientifica, quella
clinica e la comunità medica mondiale – sottolineo mondiale e non italiana – ha stabilito
come sicure per i pazienti e per la sperimentazione clinica stessa per dare risultati
riproducibili.
Sul metodo Stamina il dibattito scientifico presenta, dunque,
pareri contrapposti. Intanto, è stata ricoverata d’urgenza all’ospedale di Chieti
Noemi, la bimba di 18 mesi affetta da Sma, l’atrofia muscolare spinale, che si era
vista sospendere la cura con questo metodo. Le sue condizioni, al momento, sono sotto
controllo. Lo scorso 6 novembre, la bimba e la sua famiglia hanno incontrato, in Vaticano,
Papa Francesco. Il Santo Padre, durante l’udienza generale, aveva chiesto di pregare
per Noemi.