Mons. Zimowski: l'eutanasia, una vergogna del nostro tempo
“La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette
da patologie neurodegenerative”: è il titolo della XXVIII Conferenza internazionale
del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che si è aperta ieri nell'Aula
Nuova del Sinodo, in Vaticano, e durerà fino a domani. Vi partecipano oltre 400 persone,
fra cui molti specialisti provenienti da tutti i continenti. Ieri mattina la Messa
presieduta da mons. Zygmunt Zimowski, presidente dello stesso Pontificio Consiglio,
che ha anche tenuto il discorso di apertura. Il servizio di Debora Donnini:
“Le trasformazioni
della società, nella seconda parte del secolo scorso, in particolare nei Paesi più
ricchi, con l’invecchiamento delle popolazioni, la riduzione del ruolo di supporto
sociale assicurato dalla famiglia, e la frequente emarginazione delle persone anziane
– afferma mons. Zygmunt Zimowski - hanno fatto sì che la sorte delle persone anziane
malate sia paradossalmente peggiorata, aumentando la tentazione di ricorrere all’eutanasia”:
“Oggi, durante la Santa Messa, abbiamo veramente pregato e gridato al mondo
‘no all’eutanasia’, perché è una vergogna del nostro tempo”.
Mons. Zimowski
ricorda che mentre prima la vecchiaia era considerata come “un periodo di sapienza”
, oggi viene invece spesso considerata come “fase di declino” e che in una società
che pone al primo posto la “produttività”, gli anziani stessi possono essere spinti
a domandarsi “se la loro esistenza sia ancora utile” e dunque cadere nelle tentazione
di considerare l’eutanasia come una liberazione. E’, quindi, molto importante l’accompagnamento
che familiari e amici possono offrire agli anziani. Centrale è anche un accompagnamento
spirituale per scoprire nella sofferenza “una partecipazione alla passione di Cristo
e, perciò, alla redenzione”, sottolinea mons. Zimowski richiamandosi al Beato Giovanni
Paolo II. La persona anziana malata può, dunque, essere “un efficace predicatore del
Vangelo”, che si manifesta nella gioia e nella pazienza dell’anziano malato malgrado
il suo dolore e l’infermità.
La sofferenza spinge a porsi anche la domanda
sul senso delle proprie tribolazioni e questo è il momento in cui “può portare alla
disperazione…. o all’avvicinarsi al Signore”. Chi fa accompagnamento spirituale deve
quindi restituire un orizzonte di speranza:
“Finalmente, l'avvicinarsi della
persona anziana malata al Signore può sfociare nell'apertura agli altri e a Dio. Esso
rende fecondo l'accompagnamento e porta il paziente alla speranza attiva, cioè all'adempimento
della propria vocazione di anziano malato. Si tratta perciò, per l'anziano malato,
di arrivare a 'riconoscere la mano di Dio nella prova'".
Il discorso di
mons. Zimowski si concentra quindi sulla risposta della Chiesa. Si ricorda il Sacramento
della Riconciliazione, il Sacramento dell’Unzione degli Infermi, l’importanza di portare
speranza.
Nella fase terminale, la persona anziana malata si trova poi esposta
a due pericoli opposti: l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Il primo oggi accade
più raramente per ciò che riguarda gli anziani malati. “La Chiesa non è mai stata
a favore d'un tale eccesso terapeutico che va contro la dignità della persona umana
- dice il presule - e toglie a questa persona il grado di libertà necessario alla
preparazione alla morte”. Contro la tentazione del “suicidio assistito”, la Chiesa
offre due risposte, evidenzia mons. Zimowski: da una parte ricorda “ai medici o operatori
sanitari che prendono su di loro il diritto di eliminare fisicamente le persone anziane
malate valutate ‘inutili’”, “il principio inalienabile della sacralità e inviolabilità
della vita" . Quindi la Chiesa ricorda anche che la richiesta d’eutanasia esprime
spesso “uno stato di afflizione profonda” e la risposta a questo non viene dalla tecnica
ma dal cuore. La Chiesa richiama, dunque, ai doveri della famiglia e allo sviluppo
di cure palliative. Si incoraggiano, poi, le famiglie a prendersi cura dei loro anziani,
accogliendoli e facendosene carico. “Quando la famiglia non può o non vuole assicurare
l’accoglienza della persona anziana, la cura pastorale delle persone anziane malate
si orienta verso l’accompagnamento nelle strutture sanitarie” e qui non si tratta
solo di alleviare il dolore fisico ma anche di seguire le persone con competenza e
amore. E, in conclusione, mons. Zimowski sottolinea, ancora, il senso di questo accompagnare:
“Si tratta di accompagnare umanamente e spiritualmente queste persone lungo
la loro malattia, facendogli realizzare il valore della loro vita, e la loro propria
missione, per la Chiesa e il mondo. Questo accompagnamento mira a portare queste persone
alla speranza, malgrado la loro sofferenza, e, infatti, dentro la loro sofferenza,
una speranza illuminata da Cristo, ‘piena di immortalità’”.