Mai rassegnarsi a pensare il Medio Oriente senza cristiani: così il Papa alle Chiese
Orientali
In tarda mattinata il Papa ha ricevuto i partecipanti alla Plenaria della Congregazione
per le Chiese Orientali. Ha iniziato così il suo discorso: «Cristo è la luce delle
genti»: così esordisce la Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Ecumenico
Vaticano II. Da oriente ad occidente tutta la Chiesa rende questa testimonianza al
Figlio di Dio; questa Chiesa che, come evidenzia in seguito il medesimo testo conciliare,
«è presente in ogni nazione della terra […], infatti, tutti i fedeli sparsi per il
mondo sono in comunione nello Spirito Santo» (n. 13). «Così – aggiunge poi, citando
Giovanni Crisostomo – chi sta a Roma sa che gli Indi sono sue membra» (Omelia su Giovanni
65,1: PG 59,361)”.
“La memorabile assise del Vaticano II – ha detto - ebbe
anche il merito di ricordare esplicitamente come nelle antiche liturgie delle Chiese
Orientali, nella loro teologia, spiritualità e disciplina canonica «risplende la tradizione
che deriva dagli apostoli attraverso i padri e che costituisce parte del patrimonio
divinamente rivelato e indiviso della Chiesa universale» (Decr. Orientalium Ecclesiarum,
1). Oggi sono veramente lieto di accogliere i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori,
insieme con i Cardinali, i Metropoliti e i Vescovi membri della Congregazione per
le Chiese Orientali. Ringrazio il Cardinale Leonardo Sandri per il saluto che mi ha
rivolto e gli sono riconoscente per la collaborazione che ricevo dal Dicastero e da
ciascuno di voi”.
Il Papa ha osservato che “questa Sessione Plenaria intende
riappropriarsi della grazia del Concilio Vaticano II e del successivo magistero sull’Oriente
cristiano. Dalla verifica del cammino compiuto, emergeranno orientamenti atti a sostenere
la missione affidata dal Concilio ai fratelli e alle sorelle d’Oriente, quella cioè
di «promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali» (ibid., 24).
Lo Spirito Santo le ha guidate in questo compito sui sentieri non facili della storia,
alimentandone la fedeltà a Cristo, alla Chiesa universale e al Successore di Pietro,
anche a caro prezzo, non raramente fino al martirio. La Chiesa tutta vi è davvero
grata per questo! Ponendomi nel solco tracciato dai miei Predecessori, voglio qui
riaffermare che «esistono legittimamente in seno alla comunione della Chiesa, le Chiese
particolari, con proprie tradizioni, rimanendo però integro il primato della cattedra
di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità, tutela le varietà
legittime e veglia affinché ciò che è particolare, non solo non pregiudichi l’unità,
ma piuttosto la serva» (Lumen gentium, 13). Sì, la varietà autentica, la varietà legittima,
quella ispirata dallo Spirito, non danneggia l’unità, ma la serve; il Concilio ci
dice che questa varietà è necessaria all’unità!”.
“Stamane – ha proseguito
- ho potuto apprendere dalla viva voce dei Patriarchi e degli Arcivescovi Maggiori
la situazione delle diverse Chiese Orientali: la rifiorita vitalità di quelle a lungo
oppresse sotto i regimi comunisti; il dinamismo missionario di quelle che si rifanno
alla predicazione dell’apostolo Tommaso; la perseveranza di quelle che vivono in Medio
Oriente, non di rado nella condizione di “piccolo gregge”, in ambienti segnati da
ostilità, conflitti e anche persecuzioni nascoste. Nella vostra riunione state affrontando
varie problematiche riguardanti la vita interna delle Chiese Orientali e la dimensione
della diaspora, notevolmente cresciuta in ogni continente. Occorre fare tutto il possibile
perché gli auspici conciliari trovino realizzazione, facilitando la cura pastorale
sia nei territori propri sia là dove le comunità orientali si sono da tempo stabilite,
promuovendo al tempo stesso la comunione e la fraternità con le comunità di rito latino.
A ciò potrà giovare una rinnovata vitalità da imprimere agli organismi di consultazione
già esistenti tra le singole Chiese e con la Santa Sede”.
Ha poi rivolto il
suo pensiero “in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto
e risorto. In essa – l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti
– la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. E’ «la luce dell’Oriente»
che «ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole
che sorge (Lc 1,78), Gesù Cristo, nostro Signore» (Lett. ap. Orientale Lumen, 1).
Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella
regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la pazienza e la perseveranza dell’esercizio
quotidiano talvolta segnato dalla fatica, dello spirito ecumenico e del dialogo interreligioso.
Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti,
le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre
religioni”.
“Grande preoccupazione – ha detto - destano le condizioni di vita
dei cristiani, che in molte parti del Medio Oriente subiscono in maniera particolarmente
pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto. La Siria, l’Iraq, l’Egitto,
e altre aree della Terra Santa, talora grondano lacrime. Il Vescovo di Roma non si
darà pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella
loro dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti
alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente,
facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e
a professare liberamente la propria fede. Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente
senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali
cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a
cui appartengono. Il dolore dei più piccoli e dei più deboli, col silenzio delle vittime,
pongono una domanda insistente: «Quanto resta della notte?» (Is 21,11). Continuiamo
a vigilare, come la sentinella biblica, sicuri che il Signore non ci farà mancare
il suo aiuto. Mi rivolgo, perciò, a tutta la Chiesa per esortare alla preghiera, che
sa ottenere dal cuore misericordioso di Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera
disarma l’insipienza e genera dialogo là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera
e perseverante, renderà la nostra voce mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche
dai Responsabili delle Nazioni”.
Infine, ha rivolto il pensiero a “Gerusalemme,
là dove tutti siamo spiritualmente nati (cfr Sal 87,4). Le auguro ogni consolazione
perché possa essere veramente profezia di quella convocazione definitiva, da oriente
a occidente, disposta da Dio (cfr Is 43,5). I beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo
II, instancabili operatori di pace sulla terra, siano i nostri intercessori in cielo,
con la Tuttasanta Madre di Dio, che ci ha dato il Principe della Pace. Su ciascuno
di voi e sulle amate Chiese Orientali invoco la Benedizione del Signore”.