Il Papa: non mi rassegno ad un Medio Oriente senza cristiani, continuiamo a pregare
per la pace
Non mi rassegno a pensare a un Medio Oriente senza cristiani. E’ uno dei passaggi
forti del discorso che Papa Francesco ha rivolto, ieri mattina, ai partecipanti alla
Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali. Il Papa ha inoltre esortato
tutti i fedeli a continuare a pregare per la pace nella regione mediorientale, specialmente
in Siria e Terra Santa. Nella prima mattinata, il Papa aveva incontrato i Patriarchi
delle Chiese orientali cattoliche ai quali aveva detto di privilegiare sempre la sinodalità
e la concertazione sulle questioni di grande importanza per la Chiesa. L’indirizzo
d’omaggio è stato rivolto al Papa dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione
per le Chiese Orientali. Dopo le udienze di ieri mattina, il Papa ha accolto i partecipanti
alla Casa Santa Marta per il pranzo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
I cristiani
vivano in pace nella Terra di Gesù. Papa Francesco ha colto l’occasione dell’udienza
alla plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali per rinnovare il suo accorato
appello per i cristiani del Medio Oriente che, ha osservato, “subiscono in maniera
particolarmente pesante le conseguenze delle tensioni e dei conflitti in atto”. Vivono
come “piccolo gregge”, ha soggiunto, “in ambienti segnati da ostilità, conflitti e
anche persecuzioni nascoste”. La Siria, l’Iraq, l’Egitto e la Terra Santa, ha poi
rilevato, “talora grondano di lacrime”:
“Il Vescovo di Roma non si darà
pace finché vi saranno uomini e donne, di qualsiasi religione, colpiti nella loro
dignità, privati del necessario alla sopravvivenza, derubati del futuro, costretti
alla condizione di profughi e rifugiati. Oggi, insieme ai Pastori delle Chiese d’Oriente,
facciamo appello a che sia rispettato il diritto di tutti ad una vita dignitosa e
a professare liberamente la propria fede. Non ci rassegniamo a pensare il Medio Oriente
senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù, inseriti quali
cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a
cui appartengono".
Ed ha sottolineato che “ogni cattolico” ha “un debito
di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione”:
“Da esse
possiamo, fra l’altro, imparare la pazienza e la perseveranza dell’esercizio quotidiano,
talvolta segnata dalla fatica, dello spirito ecumenico e del dialogo interreligioso.
Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti,
le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre
religioni”.
Ma il pensiero del Papa non è andato solo ai cristiani, ma
a tutti i popoli del Medio Oriente che soffrono, e in particolare ai “più piccoli”
e i “più deboli”. Continuiamo, ha detto, “a vigilare come la sentinella biblica, sicuri
che il Signore” non farà mancare il suo aiuto:
“Mi rivolgo, perciò, a tutta
la Chiesa per esortare alla preghiera, che sa ottenere dal cuore misericordioso di
Dio la riconciliazione e la pace. La preghiera disarma l’insipienza e genera dialogo
là dove il conflitto è aperto. Se sarà sincera e perseverante, renderà la nostra voce
mite e ferma, capace di farsi ascoltare anche dai Responsabili delle Nazioni”.
Il
Papa ha dunque rivolto il pensiero alla dimensione della diaspora, “notevolmente cresciuta
in ogni continente”, tema in primo piano nella plenaria della Congregazione per le
Chiese Orientali:
“Occorre fare tutto il possibile perché gli auspici conciliari
trovino realizzazione, facilitando la cura pastorale sia nei territori propri sia
là dove le comunità orientali si sono da tempo stabilite, promuovendo al tempo stesso
la comunione e la fraternità con le comunità di rito latino. A ciò potrà giovare una
rinnovata vitalità da imprimere agli organismi di consultazione già esistenti tra
le singole Chiese e con la Santa Sede”.
Il pensiero del Papa è andato anche
a Gerusalemme, laddove, ha constatato, “tutti siamo spiritualmente nati” augurando
pace e chiedendo l’intercessione in particolare dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II come anche della Vergine Maria. D’altro canto, il Papa ha messo l’accento
sulla “rifiorita vitalità” di diverse Chiese Orientali, “a lungo oppresse sotto i
regimi comunisti” ed ha espresso apprezzamento per l’impegno della Plenaria di “riappropriarsi
della grazia del Concilio Vaticano II e del successivo magistero sull’Oriente cristiano”.
Papa Francesco ha così ribadito che la varietà “ispirata dallo Spirito, non danneggia
l’unità, ma la serve; il Concilio ci dice che questa varietà è necessaria all’unità”.
E del patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano il Papa aveva parlato anche nell’udienza
riservata ai Patriarchi della Chiese Orientali Cattoliche e agli arcivescovi maggiori.
Da parte sua, anche un richiamo all’importanza dell’unità ecclesiale:
“Essere
inseriti nella comunione dell’intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli del dovere
di rafforzare l’unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, ‘privilegiando
sempre la concertazione su questioni di grande importanza per la Chiesa in vista di
un’azione collegiale e unitaria’”.
Il Papa ha rinnovato l’esortazione ai
vescovi affinché la loro testimonianza sia credibile, perché siano vicini ai loro
sacerdoti e si impegnino per la “trasparenza nella gestione dei beni”. Il tutto, ha
concluso, “nella più convinta applicazione di quell’autentica prassi sinodale, che
è distintiva delle Chiese d’Oriente”.