Il Papa ringrazia la vita claustrale. Mons. Carballo: i monasteri sono sulle periferie
dell'umanità
Un grazie al Signore per il dono “di tante persone che, nei monasteri e negli eremi,
si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso”. È quanto ha espresso Papa
Francesco al termine dell’udienza generale ricordando la “Giornata pro Orantibus”
di questo 21 novembre, con la quale la Chiesa celebra la vita contemplativa. Il Papa
stesso - che oggi alle 17, si recherà in visita al Monastero delle Benedettine Camaldolesi
di Sant’Antonio Abate all’Aventino – nel suo incontro in ottobre con le Clarisse di
Assisi aveva esortato le claustrali a non avere il sorriso di “un’assistente di volo”
e a essere “esperte di umanità”. Alessandro De Carolis ha chiesto all’arcivescovo
José Rodriguez Carballo, segretario della Congregazione per Istituti di
Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, come sia stato recepito questo invito:
R. – E’ stato
accolto molto bene! E, devo dire, è stato un invito anche opportuno, perché a volte
si pensa che la serietà di vita evangelica – quindi anche la clausura, la contemplazione,
etc. – si contrapponga alla gioia profonda che poi si esprime anche nel sorriso, anche
nel volto. Chi veramente entra in un rapporto, in una relazione profonda e amichevole
con Dio, com’è la vita contemplativa, non può fare a meno di sorridere, non può fare
a meno di diventare un’icona del sorriso di Dio verso l’umanità. Ed è anche molto
opportuno quando si parla di “esperte di umanità”. Credo che tutti i consacrati, ma
in modo molto particolare le claustrali, debbano essere esperti di umanità. Quindi,
il monastero è chiamato a vivere nella quotidianità quei valori umani che sono poi
la terra fertile dove può crescere anche un’esperienza autentica di Dio.
D.
– Papa Francesco chiede con insistenza alla Chiesa di raggiungere le periferie esistenziali.
La vita claustrale come percepisce questa esigenza che sta così a cuore al Papa?
R.
– La vita claustrale è un’opzione per una forma di vita separata, ma questo non vuol
dire assente e non vuol dire isolata. La vita claustrale non può mai, mai, essere
assente dalle preoccupazioni dell’uomo e della donna di oggi, particolarmente dell’umanità
ferita. Come si fanno presenti in queste periferie? Prima di tutto, alcuni monasteri
sono fisicamente situati nelle periferie: io conosco qualche monastero di Clarisse
che si trova in mezzo a una comunità che accoglie persone dipendenti dalla droga e
molte volte fanno anche accompagnamento spirituale, anche rimanendo fedelissime alla
clausura. Io conosco anche molti monasteri che danno dei locali per accogliere gente
che, in altro modo, non avrebbe un tetto. Credo che veramente la vita claustrale stia
uscendo da una specie di “serra”, nel senso che ha contatto con la realtà a volte
molto più di quello che si pensi.
D. – Nel mondo che oggi in larga parte vive
“come se Dio non esistesse”, in che modo si può comprendere la presenza di consacrate
che invece vivono con Dio ogni ora della loro vita?
R. – Proprio perché oggi
c’è una larga parte che vive come se Dio non esistesse, credo che la vita contemplativa
sia più attuale che mai. L’uomo di oggi, soprattutto nel mondo occidentale, ha tante
cose. Però gli manca tutto, perché gli manca il Tutto, o meglio Colui che è il Tutto!
Quindi, le contemplative e le claustrali in questo mondo sono molto necessarie, perché
ci stanno indicando che Dio basta, che Dio può riempire di senso una vita.
D.
– Al termine del convegno di studi al Teresianum di oggi, lei traccerà il punto
sui cammini e le prospettive della vita contemplativa oggi. Quali sono in sostanza
questi scenari?
R. – Partirò dal concetto di contemplazione perché io credo
che non sempre sia chiaro, anche nella Chiesa e anche tra di noi ecclesiastici, perché
molte volte la contemplazione si pensa soltanto in relazione alle preghiere che uno
deve dire. Certo, la contemplazione ha bisogno della preghiera, però la contemplazione
va molto oltre, è un rapporto profondo, intimo con il Signore. Poi, tenterò di dimostrare
dove deve strare la vita consacrata. In questo senso, contrariamente a quello che
si pensa, la vita delle claustrali è per natura apostolica. Per questo, io sottolineerò
molto questa dimensione dell’essere proprio nelle periferie umane.