2013-11-20 15:43:38

Apostolato del mare: pescatori spesso sfruttati hanno bisogno di più tutele


Che la vita dei pescatori sia dura è notizia antica. Ma anche le condizioni attuali della pesca, specie quella industriale – in cui impera la logica del profitto, ovvero il “riempire le reti al massimo nel minor tempo possibile e, spesso, con poca considerazione del patrimonio ittico e dei tempi necessari perché si rigeneri” – rendono questa attività per molti ai limiti della vivibilità. La denuncia è contenuta nel Messaggio che il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti dedica per la Giornata mondiale della pesca 2013, che si celebra il 21 novembre. “Il principio del guadagno che influenza tutto il mondo della pesca, da quella industriale a quella artigianale, naturalmente – si legge nel Messaggio – porta i pescatori a lavorare anche in condizioni meteorologiche avverse e per lunghe ore, con un eccesso di fatica che spesso causa infortuni e, talvolta, anche incidenti mortali. Generalmente, ma ancora di più in casi di disgrazie sul lavoro, la protezione sociale per il pescatore e la sua famiglia è ridotta al minimo, se non inesistente”. A essere stigmatizzati, sempre nel settore della pesca industriale – sono i contratti “carenti o irregolari”, il salario che “non è adeguato” e il fatto che “a bordo mancano i requisiti minimi di sicurezza. Nella pesca artigianale, invece, i pericoli riguardano “l’inquinamento delle coste e la distruzione dell’habitat di riproduzione lungo i litorali”, che “costringono i pescatori a spingersi sempre più al largo con imbarcazioni inadeguate, mettendo a repentaglio la propria vita”.

“A dura prova”, si nota, sono messi pure i “rapporti familiari”, in particolare le mogli dei pescatori affrontano “con coraggio le difficoltà prodotte dall’assenza del marito, assumendo il doppio ruolo di padre e madre, con gravi ripercussioni sul processo evolutivo e sull’educazione dei figli”. Mentre, sul versante opposto, i ritmi e le asperità del mestiere, talvolta associati “alla mancanza di un’educazione, rendono i pescatori – afferma il Messaggio – uomini ‘senza voce’ nella società, impotenti nel far valere i loro diritti, emarginati e isolati”. Infine, la “globalizzazione della pesca e la mancanza di manodopera hanno creato – afferma il dicastero vaticano – un fenomeno nuovo e preoccupante da non sottovalutare”, quello “dello sfruttamento di lavoratori migranti che, a causa di situazioni di povertà e miseria, possono facilmente diventare preda di agenzie di reclutamento che li costringono a forme di lavoro forzato, diventando talvolta vittime del traffico di persone a bordo di pescherecci”.

All’analisi di un contesto pieno di ombre, il Messaggio fa seguire una visione di solidarietà e tutela della dignità umana, frutto della visione cristiana. Benedetto XVI – si ricorda – scriveva ai partecipanti del XXIII Congresso Mondiale tenutosi nella Città del Vaticano nel novembre 2012: “A voi pescatori, che cercate condizioni di lavoro dignitose e sicure, salvaguardando il valore della famiglia, la tutela dell’ambiente e la difesa della dignità di ogni persona, vorrei assicurare la vicinanza della Chiesa”. L’Apostolato del Mare, attraverso il dicastero dei Migranti, rinnova l’appello “a tutti i governi interessati affinché ratifichino il più presto possibile la Convenzione sul Lavoro nella Pesca 2007 per garantire ai lavoratori nel mondo della pesca sicurezza sul lavoro, assistenza medica continua, sufficienti ore di riposo, la salvaguardia di un contratto di lavoro e la stessa protezione sociale di cui godono i lavoratori a terra”. Il Messaggio chiude con le parole di Papa Francesco pronunciate lo scorso 8 luglio a Lampedusa: “Madre di Dio e Madre nostra, volgi il tuo sguardo dolcissimo su tutti coloro che ogni giorno affrontano i pericoli del mare per garantire alle proprie famiglie il sostentamento necessario alla vita, per tutelare il rispetto del creato, per servire la pace tra i popoli”. (A cura di Alessandro De Carolis)







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