Sardegna: 16 morti per il maltempo. Il Papa chiede di pregare per le vittime
Sono almeno 16 le persone morte in Sardegna, tra cui 4 bambini, in seguito al passaggio
del ciclone Cleopatra. In un telegramma, a firma del segretario di Stato mons. Pietro
Parolin, Papa Francesco fa giungere “a tutti la sua affettuosa parola di conforto
e di incoraggiamento, assicurando un particolare ricordo nella preghiera per quanti
hanno perso la vita e per tutte le persone provate dalla grave calamità”. Il Santo
Padre auspica che non venga meno la solidarietà e il necessario aiuto per far fronte
a questo momento difficile. Sono profondamente commosso – scrive inoltre il Santo
Padre in un Tweet - “dall’immane tragedia”, chiedo a tutti di pregare per “le vittime
specialmente per i bambini”. Gli sfollati – ha reso noto il ministro dell’Ambiente
Andrea Orlando – sono circa 2700. Il governo ha decretato lo stato di emergenza. Il
premier Enrico Letta, giunto ieri pomeriggio ad Olbia, ha annunciato lo stanziamento
immediato di 20 milioni di euro. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Tutta la nazione
– ha detto il premier Letta al termine della riunione del centro coordinamento dei
soccorsi – è vicina alle popolazioni così duramente colpite da un evento straordinario.
Strade, interrotte, paesi isolati. La Sardegna è una regione in ginocchio. In solo
24 ore, si è registrato un quantitativo di pioggia pari a quello di sei mesi. Fino
a domani resta l’allerta massima. Il ministro della Difesa Mario Mauro, arrivato nel
pomeriggio ad Olbia, ha dichiarato che “questo è il momento necessario per fare il
censimento dei bisogni del territorio”. Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli,
in visita nelle aree colpite, ha affermato che sono infondate le accuse di ritardi
nell'allerta. Proseguono le operazioni di ricerca dei dispersi. Uno è stato trovato
vivo. Le zone di Nuoro e della Gallura sono quelle più colpite. Il crollo di un ponte
sul fiume Cedrino, in provincia di Nuoro, ha provocato la morte di un poliziotto di
40 anni che con la sua auto, precipitata dal viadotto, era di scorta ad un’ambulanza.
Ad Arzachena una famiglia brasiliana composta da 4 persone è rimasta intrappolata
all’interno della propria abitazione, sommersa da tre metri d’acqua. La Coldiretti
ricorda, intanto, che l'81% dei Comuni della Sardegna ha porzioni di territorio ad
elevato rischio per frane ed alluvioni. Violenti nubifragi hanno provocato ingenti
danni anche in Calabria e in Puglia. Numerose, in particolare, le richieste di intervento
a Crotone, a Catanzaro e a Vibo Valentia. Situazione critica anche a Taranto e nel
Salento.
Nel nuorese si era sparsa la notizia che stesse per crollare la diga
di Posada, ma poi questa possibilità è stata smentita dalla Protezione civile. Il
sindaco della cittadina, Roberto Tola, intervistato da Alessandro Guarasci:
R. – Sono stati
fatti dei sopralluoghi di alcuni tecnici del Servizio nazionale dighe, che hanno per
il momento escluso la possibilità che la diga possa cedere. Questo ci ha tranquillizzato.
Purtroppo, si è sparsa la voce che la diga stesse per cedere, quindi c’è stato il
panico generale nel nostro paese. La gente è scappata nelle parti più alte, aspettando
che arrivasse l’onda di piena. Per fortuna questo non è accaduto La situazione è sotto
controllo. Quello che preoccupa maggiormente, invece, sono i danni che abbiamo avuto:
li stiamo ancora quantificando, ma sono danni enormi sulla viabilità, sulle case,
sulle abitazioni private…
D. – Ma c’è stata sufficiente informazione dalla
Protezione civile da Roma, secondo lei?
R. – La macchina organizzativa sta
funzionando. E’ chiaro che quello che è successo ieri ha preso un po’ tutti alla sprovvista.
Con le precipitazioni che si sono state, nessuno si aspettava che arrivasse un’onda
di piena di tale portata. Quindi, da quel punto di vista, ha trovato un po’ tutti
impreparati.
La Gallura e il nuorese i territori più colpiti, ma in tutta la
Sardegna ci sono vie interrotte, paesi isolati, black-out, esondazioni e frane. Antonello
Frau, vice presidente del consiglio dei Geologi della Sardegna:
R. – Siamo di
fronte ad un evento eccezionale, che ha messo in crisi tutti i sistemi di pianificazione,
i modelli sinora utilizzati. E’ vero che ogni tanto capita di vedere questi eventi,
di trovarci di fronte a situazioni che si presentano con tempi di ritorno più brevi,
e la riflessione da fare è sicuramente questa: se i sistemi di pianificazione e di
gestione del territorio hanno ancora una certa efficacia.
D. – Ma, secondo
lei, anche in Sardegna va fatta maggiore attenzione alla gestione del territorio,
come in tante altre regioni del Sud d’altronde?
R. – Bisognerebbe concentrarsi
sempre più su quelli che sono gli interventi compatibili e quindi gestire accuratamente
il territorio. Dobbiamo porci questa domanda sulla gestione del territorio: tutto
ciò che oggi abbiamo, in termini di infrastrutture e ciò che andiamo a realizzare,
come interagirà sul nostro territorio. Più che altro, è importante questo fatto.
Il
capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, ha detto che "il sistema di
allertamento nazionale ha fatto il suo dovere". Quuello di ieri - ha aggiunto - è
stato "un evento eccezionale”. Antonella Palermo lo ha intervistato:
R. – E’ ovvio
che c’è un territorio particolare e comportamenti che non sempre sono confacenti alle
situazioni che si vengono a creare. La maggior parte di queste persone, purtroppo,
sono morte in movimento e quindi esposti a una condizione di pericolo, che peraltro
era stata in qualche modo preallertata.
D. – I sardi spesso lamentano un certo
abbandono da parte del governo centrale...
R. – Credo che in questa circostanza
sia complicato sostenere questa tesi. Il Consiglio dei ministri si è riunito in maniera
straordinaria.
D. – Molta popolazione è anziana, vero? Questo ha complicato
la situazione...
R. – Indubbiamente. E poi purtroppo ci sono anche dei bambini.
In queste situazioni, le persone più fragili e più deboli sono quelle più esposte.
Sullo
stato d’animo col quale la popolazione dell'isola vive in queste ore l’emergenza maltempo,
Giancarlo La Vella ha chiesto una testimonianza a mons. Sebastiano Sanguinetti,
vescovo di Olbia-Tempio-Ozieri:
R. – I sentimenti
non possono che essere di grande dolore per le numerose vittime e per le persone che
sono ancora disperse, e di grande preoccupazione perché l’emergenza sembra non essere
ancora finita. Quando accadono queste cose, ci rendiamo conto che l’uomo è impotente
di fronte a situazioni di un’emergenza straordinaria. Ci sono vite spezzate da questa
furia straordinaria della natura. A questo punto, sembrano passare in secondo piano
anche gli altri disagi: le distruzioni, case totalmente devastate e allagate, aziende
messe in ginocchio Sono quelle forme di cataclismi che, in qualche maniera, mettono
in ginocchio un Paese. Devo dire, però, che la comunità sta reagendo in modo esemplare.
Quindi, da una parte il dolore, il dramma di tante famiglie, e dall’altra una comunità
che si stringe intorno a chi, in questo momento, è così duramente provato. Certo,
questo è anche il momento della solidarietà, dell’assunzione di responsabilità da
parte delle autorità, delle istituzioni. E credo sia soprattutto il momento della
solidarietà, della vicinanza, della prossimità da parte di tutti noi, compresa la
comunità cristiana.
D. – Un’altra riflessione da fare in occasione di questa
catastrofe sicuramente inattesa: è come se l’ambiente si stia quasi ribellando ad
un’azione dell’uomo troppo innaturale…
R. – Noi abbiamo rubato troppo; l’uomo
ha rubato troppo alla natura; e la natura si riprende ciò che le è stato tolto. Le
violenze fatte all’ambiente, i fiumi che sono stati chiusi, i corsi d’acqua deviati,
le montagne che sono state disboscate … Le ferite che porta l’ambiente sono ferite
molto gravi e noi dobbiamo - purtroppo - piangere a cose fatte i danni di un passato
che molte volte è stato più predatore che custode e costruttore di un ambiente sano
e amico dell’uomo.
D. – Abbiamo ancora negli occhi le immagini drammatiche
delle Filippine. La solidarietà è importante, come lei ha detto, e anche in questi
casi è importante il momento della preghiera...
R. – Certamente, per noi cristiani
questa è la nostra forza, è ciò che ci fa essere vicini agli altri nell’aiuto reciproco,
nella comprensione, nel darsi reciprocamente una mano. E' una forza che non viene
da noi stessi, ma che proviene dall’alto. E allora noi dall’alto chiediamo che chi
soffre in questo momento trovi davvero la pace interiore nel sostegno della fede,
per chi è credente, nel sostegno dell’amicizia dei propri fratelli. Dall’altra parte,
però la preghiera diventa anche invocazione della luce dello spirito, perché illumini
le coscienze degli uomini e di chi è chiamato a governare un Paese, una collettività
e perché, attingendo a quelli che sono i profondi valori umani e sociali, si riescano
ad attivare quelle politiche che siano in grado di arginare fatti di questo genere.