Beirut. Bomba uccide 23 persone. Il card. Bechara Rai: confidiamo in "Ginevra 2"
Gravissimo attentato ieri mattina a Beirut. Due violente esplosioni hanno colpito
la zona dell’ambasciata iraniana in Libano. 23 morti e 146 feriti costituiscono il
bilancio provvisorio dell’attacco terroristico, nel quale ha perso la vita, tra gli
altri, anche l’addetto culturale dell’ambasciata, il religioso sciita Ibrahim Ansari.
Tra le cause dell’accaduto, allo studio degli esperti le connessioni tra la guerra
civile in Siria, l’appoggio al governo di Damasco da parte di Teheran, ma anche il
ruolo nel conflitto della milizia sciita libanese hezbollah. Giancarlo La Vella
ha intervistato il card. Béchara Boutros Raї, patriarca di Antiochia
dei Maroniti, che oltre ad esprimere condanna e dolore per quanto avvenuto, fa un’analisi
della situazione:
R. - Sappiamo
che il contesto è sempre quello della guerra in Siria, dove Stati sunniti e Stati
sciiti stanno combattendo attraverso siriani, mercenari, gruppi fondamentalisti. Poi,
ci troviamo sempre anche nel contesto del famoso grande conflitto tra sunniti e sciiti
nel mondo arabo mediorientale, conflitto che ha anche delle implicazioni internazionali.
Quindi, c’è la partecipazione nella guerra in Siria di entrambe le parti.
D.
- Qual è la via d’uscita, considerando che la comunità internazionale si sta comunque
muovendo a livello diplomatico?
R. - Facciamo un nuovo appello affinché la
Conferenza di pace “Ginevra 2” possa portare qualcosa di positivo. Noi vogliamo unire
la nostra voce a quella del Santo Padre, per trovare una soluzione pacifica in Siria
e anche in Iraq, e soprattutto per trovare una soluzione di intesa tra sunniti e sciiti,
perché questo è alla base di tutti i problemi, oltre al problema del conflitto israelo-palestinese.
Esprimiamo attraverso la Radio Vaticana la nostra condanna, ma anche il nostro auspicio
rivolto alla comunità internazionale nel dire basta al fatto che della povera gente
muoia tutti i giorni: sono vittime innocenti. Bisogna che le soluzioni diplomatiche
prevalgano.
D. - Quando queste cose avvengono in Libano, la cosa è ancora più
dolorosa perché il Paese è stato colpito da anni e anni di sanguinosa guerra civile…
R.
- Il Libano purtroppo paga per tutti. Paga le conseguenze dell’interminabile conflitto
israelo-palestinese, paga il grande conflitto regionale, ormai divenuto internazionale,
tra sunniti e sciiti, paga le conseguenze della guerra in corso in Siria. Il Libano
è diviso dal punto di vista politico; è bloccato. Non si riesce a formare un governo
da sette mesi. Abbiamo 1 milione e mezzo di profughi siriani sul territorio libanese
e mezzo milione di profughi palestinesi. Questo povero Libano, che rappresenta una
porta aperta per tutti quanti, per l’intesa e la concordia, sta invece pagando per
i conflitti di tutti gli altri. Anche in tal caso noi auspichiamo la mediazione dei
Paesi amici, in particolar modo della Santa Sede, per salvare questo Paese, un Paese
che tutti gli arabi descrivono come una necessità, una sorta di polmone. Però, nonostante
questo, sta subendo gravi conseguenze.