Papa Francesco incontra padre Chiera, l’angelo custode dei “meninos de rua”
Alla Messa ieri mattina, alla Casa Santa Marta, ha preso parte padre Renato Chiera,
fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro, da quasi 40 anni al fianco dei
meninos de rua brasiliani. Per padre Renato, esempio di “pastore con l’odore
delle pecore”, incontrare Papa Francesco è stata un’emozione grandissima e un forte
incoraggiamento a proseguire la sua missione nelle periferie esistenziali del Brasile.
Subito dopo la Messa, Alessandro Gisotti ha raccolto la sua testimonianza:
R. – E’ un’emozione
grande, che ho ancora adesso, mentre parlo. Il Papa mi sembra la presenza di Gesù
in carne viva, che viene tra l’umanità per chinarsi sulle sue piaghe. In questo momento
della Messa, ho visto anche la profondità che lui ha e l’incontro con Dio che lui
ha in una forma che mi ha toccato totalmente. Poi c’è stata la gioia di presentare
al Papa anche il nostro piccolo lavoro, la "Casa do Menor", presentarla alla Chiesa
e attraverso la Chiesa presentarla a Gesù. E' la conferma, attraverso questo Papa
- che è un grande dono dello Spirito Santo - la conferma di quello che con umiltà
e anche con fragilità cerchiamo di fare nella "Baixada Fluminense", nella periferia
di Rio, al fianco dei ragazzi non amati. Lui parla sempre di andare in strada, di
andare nelle periferie, e io posso dire che sono 36 anni che lo faccio. Sento, quindi,
che Dio vuole proprio questo.
D. – Ci sono delle parole particolari, che Papa
Francesco ha detto nell’incontro personale, dopo la Messa, sui meniños de rua,
sulla "Casa do Menor"?
R. – Gli ho dato il mio libro “Presenza” e lui ha detto:
“Ah, “Presenza!”. E io: “Lei è una presenza di amore!”. E lui mi dice: “Pregate per
me, pregate per me!”. Quando gli ho detto che lavoravo nella periferia con i ragazzi
di strada, lui mi ha detto: “Un buon lavoro, un bel lavoro”. Io poi gli ho presentato
delle lettere dei ragazzi e gli ho detto anche che volevamo fare una "coppa del mondo"
di ragazzi di strada recuperati, una coppa alternativa. E ho aggiunto: “Abbiamo bisogno
anche del suo aiuto e abbiamo lasciato qui una lettera”. In forma scherzosa poi ho
detto: “Guardi, io sono piemontese come lei, di vicino Asti, e le ho portato una bottiglia
di vino di Asti e un torrone di Alba”. E lui ha riso. E poi: “Le posso dare un abbraccio
brasiliano?”. E mi ha risposto: “Sì!”. Allora l’ho abbracciato come noi sappiamo abbracciare
in Brasile. L’ho ringraziato della sua visita in Brasile, dove lui ha capito che per
entrare nel popolo brasiliano, bisognava passare attraverso il cuore.
D. –
Cosa verrà portato adesso di questo incontro ai meniños de rua?
R. –
Porterò l’amore che Dio ha per questi ragazzi, attraverso quello che il Papa ha mostrato
con il suo abbraccio, con la sua benedizione. Questi nostri bambini, questi nostri
ragazzi, come ho detto tante volte, hanno bisogno di sentirsi figli amati. La Chiesa,
attraverso il Papa, in carne ed ossa, è l’amore di Dio per loro. E’ questo quello
che io vorrei portare!