Libia: miliziani sparano sui manifestanti, 31 morti e 285 feriti. Il premier Zeidan:“Le
milizie lascino la capitale”
Nuova fiammata di violenze in Libia. Ieri la capitale Tripoli è stata teatro degli
scontri più violenti dalla caduta del regime di Gheddafi. Almeno 31 persone sono morte
e 285 sono rimaste ferite, dopo che un gruppo di miliziani reduci della rivoluzione,
ha aperto il fuoco su dimostranti che protestavano contro di loro. Il Servizio di
Marco Guerra:
La situazione
resta tesa nelle strade di Tripoli dove ieri è avvenuto l’eccidio dei manifestanti
che dimostravano pacificamente contro la milizia armata di Misurata che controlla
il quartiere Gharghur. I miliziani che hanno aperto il fuoco sulla folla che, in secondo
momento, è tornata armata e per ritorsione ha tentato di assaltare la sede dei ribelli
e di darle fuoco. Testimoni raccontano di scene da guerriglia urbana con sparatorie
e esplosioni. La manifestazione era stata indetta per chiedere al governo di integrare
nell’esercito nell'esercito regolare le milizie oppure il loro scioglimento. L’imperversare
senza regole di questi gruppi armati resta infatti uno dei problemi principali della
Libia del post-Gheddafi. Il premier Zeidan, sequestrato e liberato dopo poche ore
alcune settimane fa da una di queste frange di guerriglieri, ha ordinato a tutte le
milizie di lasciare Tripoli, senza eccezione alcuna, definendo la situazione “pericolosa”.
Ma al momento non si è verificato alcun effetto di questo ordine e la situazione di
caos si continua riscontrare anche in altre aree del Paese: da giorni la protesta
dei berberi blocca infatti la distribuzione di gas e petrolio dall'impianto di Mellitah,
gestito dall'Eni e dalla compagnia petrolifera nazionale libica (Noc).