2013-11-15 13:47:46

Semplicità e concordia. Gli storici Malgeri e Giovagnoli sulla visita di Papa Francesco al Quirinale


Semplicità e concordia. E’ il binomio che ha contraddistinto la visita di Papa Francesco al Quirinale. Forte anche il richiamo alla speranza che ha accomunato il discorso del Pontefice e del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sui tratti salienti e anche originali di questo evento, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Francesco Malgeri, storico dell’Istituto Luigi Sturzo:RealAudioMP3

R. – Il primo elemento che salta agli occhi è la semplicità di questo incontro, al di fuori di ogni protocollo, che evidenzia anche l’amore che il Papa ha dimostrato e dimostra per l’Italia. Quel suo richiamo, quella sua indicazione, quel suo desiderio di voler "bussare alla porta di ogni italiano" mi sembra un elemento di grande significato.

D. – Tra i temi forti, forse anche più di un tema, è la sottolineatura della "concordia" nell’incontro, presente non solo nei gesti, ma poi anche nelle parole dette sia da Napolitano sia da Francesco …

R. – Certamente. Diciamo che si coglie una preoccupazione comune per le sorti del nostro Paese, anche la volontà di trovare una collaborazione anche tra lo Stato e la Chiesa: quel suo richiamo anche ai precedenti storici dei rapporti tra Stato e Chiesa per ribadire che ormai c’è un clima di concordia e di collaborazione, mi sembra significativo. Pure la precisazione che fa Papa Francesco sulla distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti di azione: tutto questo, in qualche modo, chiarisce la visione di questi rapporti.

D. – Papa Francesco, a un punto del suo discorso, ha parlato di speranza, che è proprio una cifra della sua persona e del suo Pontificato. Evidentemente, il presidente Napolitano coglie questo elemento che è così sacrificato in questo momento, in Italia, soprattutto se pensiamo alle nuove generazioni e al bisogno di lavoro…

R. – Certamente. Diciamo che tutto l’incontro, in qualche modo, sembra sorretto da questo discorso della speranza, della necessità di moltiplicare gli sforzi per superare questo periodo di crisi, soprattutto nei confronti dell’uomo e dell’esigenza del lavoro. Anche il richiamo alla famiglia mi sembra molto significativo, in quanto Papa Francesco individua nella famiglia il nucleo della società e da qui l’esigenza di sostenerla e di collaborare anche con lo Stato in questa opera di sostegno.


Sul richiamo di Papa Francesco alla concordia, in un tempo segnato da particolarismi specie in politica, si sofferma il prof. Agostino Giovagnoli, storico della Cattolica di Milano, intervistato da Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

R. – Papa Francesco ha sottolineato l’importanza della concordia, che è una reazione certamente, dal suo punto di vista, alla realtà italiana. Credo che vada anche collegata alle sue convinzioni di fondo: quando si è rivolto ai suoi connazionali argentini, negli anni Novanta e negli anni Duemila, Jorge Bergoglio ha spesso insistito sul fatto che la democrazia è pluralismo, confronto fra posizioni diverse, ma è anche e soprattutto ricerca dell’unità: deve essere convergenza verso l’unità. Quindi, in qualche modo, in questa sua raccomandazione agli italiani si sente anche l’eco di una convinzione profonda che è quella per cui la frammentazione, l’individualismo – che sono "malattie" argentine, italiane e non solo – rappresentano un problema, perché in definitiva non aiutano a cercare la soluzione dei problemi, ma la allontanano.

D. – In un periodo dove non solo in Italia, ma anche in molte nazioni del mondo, specie d’Occidente, ci sono molte politiche che vanno in direzione contraria o diversa rispetto al modo comune di considerare, come è stato finora, la famiglia all’interno della società, ieri il Papa ha detto con molta chiarezza, com'è suo costume, la famiglia ha bisogno di stabilità e riconoscibilità...

R. – Non sono sorpreso da queste affermazioni. Del resto, anche nella recente iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia sono già emerse queste posizioni. Quindi, io credo che siamo su una linea che continuerà anche in futuro e su cui non credo avremo delle sorprese, pur naturalmente con quell’enorme attenzione missionaria per cui il Papa è alla ricerca sempre delle vie del dialogo.

D. – In questo senso, credo vada anche inteso quel nuovo e insistito appello che il Papa ha fatto nel segno dell'attenzione verso i più poveri, cioè quella "carne di Cristo" degli immigrati, come la chiama lui, ricordando la sua prima visita pastorale a Lampedusa...

R. – Certamente. Il significato di quella visita è incancellabile. Che il primo gesto da lui compiuto, appunto, in Italia, sul suolo italiano, sia stato andare a Lampedusa io credo resterà una chiave interpretativa fondamentale del suo Pontificato. Io credo di capire che quest’incontro con i poveri è il cardine di quella più ampia cultura dell’incontro, di cui ha pure fatto espressione il presidente Napolitano, che è anch’essa molto tipica di Papa Francesco: la cultura dell’incontro di una Chiesa che muove incontro agli uomini e le donne del nostro tempo a partire proprio dai più deboli, a partire proprio dai più poveri.







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