Camerun: rapito da Boko Haram il sacerdote francese Georges Vandenbeusch
Il sacerdote francese Georges Vandenbeusch è stato rapito da Boko Haram ed è stato
portato in Nigeria. Lo hanno ufficialmente annunciato le autorità camerunesi poche
ore dopo il rapimento del prete, che attualmente aveva l’incarico di parroco a Nguetchewe,
nel Nord del Paese, a soli 30 km dal confine con la Nigeria. “Abbiamo già dispiegato
tutti i mezzi umani e materiali possibili per ricercare l’ostaggio, ma finora le nostre
ricerche non hanno portato ad alcun risultato concreto” ha dichiarato Issa Tchiroma
Bakary, portavoce del governo camerunense. Padre Georges, 42 anni, originario di Nanterre
- riferisce l'agenzia Misna - aveva deciso di rimanere nell’instabile regione nonostante
il Quai d’Orsay avesse decretato da tempo la zona “formalmente sconsigliata a causa
del rischio terroristico e del pericolo di rapimento”. Dalla diocesi francese di Nanterre,
mons. Gérard Daucourt ha confermato che “padre Georges ha appena fatto in tempo ad
avvertire l’ambasciata”, ma dare l’allarme non è bastato ad evitare il peggio. Nella
povera e remota parrocchia di Nguetchewe il prete francese prestava assistenza a circa
10.000 rifugiati nigeriani scappati in Camerun. Il sacerdote francese aveva denunciato
“un potenziale di tensioni su base religiosa” nella regione ma anche il fatto che
“la maggior parte dei rifugiati nigeriani sono cristiani, nel loro Paese di origine
costretti alla conversione, alla morte o alla fuga”. Secondo alcuni testimoni locali
padre Georges è stato portato via “scalzo” e “messo in sella ad una motocicletta guidata
da un rapitore, partita in direzione del territorio nigeriano”. Intanto, a Nanterre,
si è svolta una veglia di preghiera. Ce ne parla il vicario generale della diocesi
di Nanterre, padre Hugues de Woillemont, al microfono di Xavier Sartre:
R.
– L’église était vraiment très, très, très, très pleine, avec beaucoup de jeunes.
… La chiesa era veramente stracolma, con tanti giovani … E’ stata una bella veglia
di preghiera, con un grande senso di pace. Ci siamo messi all’ascolto della Parola
di Dio. C’erano, oltre ai parrocchiani, fratelli e sorelle della comunità protestante
e anche rappresentanti della comunità ebraica dei dintorni di Sceaux; c’era il sindaco
della cittadina e anche il vice-prefetto. E’ stata veramente una bella veglia di preghiera:
dopo il tempo dell’informazione e il tempo dell’azione, c’è il tempo della preghiera,
e noi siamo stati felici di fermarci per Georges, per tutte le vittime e per coloro
che lavorano per la loro liberazione. Abbiamo pregato per Georges e per le altre vittime,
ma io ho chiesto di pregare anche per i rapitori, perché credo che questo sia il banco
di prova della nostra fede, di discepoli di Cristo: riuscire a pregare anche per coloro
che ci fanno del male, affinché il loro cuore cambi e riescano ad impegnarsi in altro
modo per le loro rivendicazioni.
D. – Qual è lo stato d’animo nella parrocchia
e nella diocesi?
R. – C’est en même temps un esprit de mobilisation et d’espérance
aussi … C’è al tempo stesso uno spirito di mobilitazione ma anche di speranza,
perché Georges conta su di noi. Penso: in questo momento, Georges non avrà un Vangelo
e nemmeno il suo breviario, ma probabilmente starà ugualmente recitando le sue “Ave
Maria”, come usavamo fare. Ecco, direi che c’è un atteggiamento di preghiera, di discrezione,
anche, di fiducia: questo forse è lo stato d’animo, insieme alla preoccupazione per
questa situazione, perché non sappiamo quanto possa durare, com’è accaduto per un’altra
famiglia francese, rapita qualche mese fa.
D. – Avevate avuto notizie di padre
Georges recentemente?
R. – Oui: d’abord, on avait des nouvelles régulières,
… Sì: all’inizio, avevamo sue notizie regolarmente quando la posta elettronica
o il cellulare riuscivano a passare, perché ovviamente lì non ci sono le stesse condizioni
che conosciamo in Europa, per quanto riguarda i collegamenti telefonici e internet.
Ma comunque avevamo regolarmente sue notizie per posta, come anche regolarmente avevamo
sue notizie dal vescovo di Maroua, mons. Stevens. Ci ha detto che ancora recentemente
aveva incontrato padre Georges, e di come egli fosse cosciente del pericolo; nessuno
lo aveva costretto a partire ed egli era molto contento di essere là. Possiamo ricordare
che padre Georges aveva ricevuto tre anni fa l’incarico in una situazione diversa
da quella odierna e come egli stesso avesse scelto di rimanere nonostante la situazione
fosse diventata precaria. E’ l’immagine del pastore che rimane con il suo popolo,
il suo gregge quando questo si trova in pericolo. Padre Georges non era andato in
vacanza quando la situazione era diventata pericolosa; era stato nominato ed inviato
ad una comunità che lo aveva ricevuto e con la quale era alla ricerca di Cristo per
il servizio ai più poveri, ai cristiani, dei più fragili. Penso che lui abbia inteso
dire: sì, certo, la situazione è cambiata, diventa più complessa. Non sono un incosciente
e non corro rischi inutili perché, ad esempio, non giro di notte; ma resto con questo
popolo che in questi giorni sta vivendo una prova difficile.