Germania sotto indagine Ue: il surplus nell'export di Berlino danneggia gli altri
Paesi europei
La Commissione europea apre un’indagine sulla Germania: lo annuncia pubblicando il
rapporto sugli squilibri macroeconomici. L’esecutivo europeo spiega che il surplus
nelle esportazioni di Berlino "può mettere pressione sull'apprezzamento dell'euro
e rendere difficile il recupero della competitività dei Paesi periferici dell'Eurozona".
L'indagine dunque – afferma il presidente Barroso – è finalizzata a capire se Berlino
"può fare di più per contribuire al riequilibrio dell'economia europea". Fausta
Speranza ha intervistato Carlo Altomonte, docente di politica economica
europea all’Università Bocconi:
R. – Come durante
la crisi, e per prevenire le crisi future, i Paesi europei si sono messi d’accordo
che un Paese non deve avere un deficit eccessivo di partite correnti, ossia non deve
importare molto di più di quello che esporta, quindi indebitandosi con l’estero, analogamente
si è previsto che quest’obbligo sia simmetrico, cioè che un Paese non debba esportare
troppo rispetto a quello che importa, ossia andando a credito eccessivo nei confronti
dell’estero.
D. – Adesso la Commissione Europea ha aperto un’indagine. Se si
dovesse davvero verificare che accade questo, quali provvedimenti sono ipotizzabili?
R.
– L’indagine si attiva perché c’è un indicatore che è quello del surplus rispetto
al pil, che è stato superato - il surplus è oltre il 6 per cento, rispetto al pil
– e quella è una rilevazione automatica. Quest’indagine poi deve andare a guardare
in dettaglio alle ragioni per le quali l’indicatore è stato superato e proporre eventuali
correttivi che devono entrare nella legge di stabilità tedesca. Come sappiamo, come
in tutti i Paesi, le leggi di stabilità devono essere in qualche modo coordinate tra
Paesi europei e, quindi, in questo caso la Commissione Europea proporrà dei correttivi
alla politica economica tedesca. In particolare, tra i correttivi che si propone ci
sono quelli di stimolare di più la domanda interna, quindi i consumi. In particolare,
nel settore dei servizi prendono maggiormente la concorrenza straniera, probabilmente.
Queste sono le indiscrezioni che abbiamo.
D. – Queste norme fanno parte del
pacchetto voluto dalla Germania stessa. E’ così?
R. – Sì, questa procedura
per squilibri eccessivi fa parte di un pacchetto di sei misure, voluto dalla Germania
e da altri Paesi, ma principalmente dalla Germania, per mettere sotto controllo il
rischio di nuove crisi finanziarie, approvato a cavallo tra il 2012 e il 2013. Quindi,
paradossalmente, come gli altri Paesi devono rispettare i nuovi e più stringenti obblighi
di finanza pubblica, sempre voluti dalla Germania, anche la Germania è vittima delle
regole europee e, quando gli si dice che sta violando le regole, recalcitra, protesta,
dice che non è vero e così via. Ma, insomma, fa parte del gioco, no?
D. – Da
economista che cosa risponderebbe all’impressione che l’Europa si fa le pulci da sola,
mentre l’America si fa molti meno problemi e decolla di nuovo...
R. – Io sono
abbastanza d’accordo con questa sua interpretazione, nel senso che questa procedura
che abbiamo messo in piedi è un po’ troppo macchinosa. Personalmente, ritengo che
se un Paese fa molto bene da un punto di vista delle esportazioni, come la Germania,
non ha senso dirgli di fare peggio. E’ come se il mio professore mi dicesse: “Tu vai
troppo bene a scuola, cerca di andare peggio, perché altrimenti gli altri restano
troppo indietro”. Non ha senso. Il punto delicato è trovare dei modi, per cui questi
squilibri, che è naturale nascano dal mercato, possano in qualche modo compensarsi
all’interno dell’area euro. Come gli Stati Uniti hanno un mercato unico bancario e
dei meccanismi di solidarietà fiscale tra Stati, che compensano eventuali squilibri,
l’Europa dovrebbe andare nella stessa direzione. Se ci fosse – lo avremo sicuramente
nel prossimo anno – maggiore unione dal punto di vista dei mercati finanziari, quindi
un’unione bancaria, e anche strumenti di perequazione fiscale tra Stati – il famoso
discorso eurobond – queste cose consentirebbero in maniera abbastanza naturale di
fare emergere degli squilibri come questo, senza che ciò creasse problemi all’area
euro. In realtà, quindi, la risposta, vista la frase di paragone con gli Stati Uniti,
è proprio quella di andare in questa direzione: di una maggiore integrazione a livello
europeo.