Cina: proprietà terriera e figlio unico al centro delle prossime riforme
"Approfondire in modo completo le riforme": con questo obiettivo si è conclusa martedì
la riunione del Comitato centrale del Partito comunista cinese. Ne è emerso un documento
che indica la via da percorrere nei prossimi anni, toccando questioni importanti come
quella del ruolo politico del presidente del partito, dell’economia e delle norme
sul figlio unico. Fausta Speranza ne ha parlato con Francesco Sisci,
corrispondente del Sole 24 Ore da Pechino:
R. – La questione
del figlio unico è una questione dibattuta da anni. La politica del figlio unico è
già di fatto abolita: c’è ancora un controllo delle nascite, cioè ci sono ancora dei
controlli delle nascite soprattutto in città, per chi non è figlio unico, ma è una
politica che si sta diluendo nel corso degli anni e, come dire, è destinata a finire.
Certo, però, non è finita oggi, né finirà domani.
D. – Quali altri punti salienti
di questa riunione del Partito comunista cinese?
R. – I punti salienti veri,
fondamentali, sono una concentrazione del potere nelle mani del presidente. Questo
avverrà, sta avvenendo, attraverso la costituzione di due nuovi organismi, che prima
non esistevano in Cina. Uno è un gruppo di lavoro per la pianificazione e l’applicazione
delle riforme. E’ finito, quindi, il periodo di Deng Xiaoping in cui le riforme si
facevano tradizionalmente sentendo la pietra sotto i piedi, attraversando il fiume
e sentendo le pietre sotto i piedi. Le riforme si faranno pianificandole, pensandole
e in qualche modo – qualcuno ha detto – fabbricando una barca, perché ci sono riforme
molto profonde, molto grandi, che hanno bisogno di grande pianificazione e non possono
essere fatte così, improvvisando. La seconda istituzione molto importante è l’istituzione
di un Comitato di sicurezza nazionale. Questo Comitato dovrà, innanzitutto, coordinare
la politica estera, attraverso i vari dipartimenti, che sono interessati a questioni
di politica estera e che sono i militari, gli apparati di sicurezza, il Ministero
degli esteri, ma anche il Ministero del commercio, gli economisti, la Finanza. E questi
due apparati sono nelle mani del presidente. Accanto a questa concentrazione del potere,
poi, d’altra parte c’è un rilassamento del potere nel campo dell’economia: il presidente
prende potere politico, lascia potere economico. L’economia avrà una maggiore libertà,
le imprese private avranno più spazio, le imprese statali saranno riformate. Un ultimo
elemento, la questione della giustizia. Il comunicato ufficiale ha parlato di una
maggiore autorevolezza per l’apparato giudiziario. Probabilmente significa, in pratica,
che la questione giudiziaria rimarrà nelle mani di Pechino. Prima cosa succedeva?
A livello locale il capo della Provincia, il capo del Distretto era anche il capo
del Tribunale o nominava il capo del Tribunale. Quindi, naturalmente, c’era una complicità
nell’applicazione della giustizia. Oggi, in qualche modo, ci sarà una separazione
di poteri a livello locale: cioè ci sarà un capo dei Tribunali, della Giustizia, un
procuratore generale nominato da Pechino, che potrebbe essere in contraddizione e
quindi comunque non essere sotto il controllo del potere locale. Questo, per evitare
una concentrazione di poteri a livello locale e far funzionare meglio la lotta contro
la corruzione.
D. – Una valutazione: in definitiva, è stato fatto un passo
avanti significativo?
R. – Secondo me sì, perché sono stati organizzati, messi
in piedi degli strumenti molto importanti, per cui le riforme dovranno e potranno
procedere nei prossimi dieci anni. Non ci sono state riforme gigantesche, però sono
stati istituiti degli strumenti che consentiranno delle riforme gigantesche nei prossimi
anni.