Filippine: si contano le vittime e i danni del tifone Haiyan. Colpiti anche Vietnam
e Cina. Primi aiuti del Papa ai sopravvissuti
Dopo il disastro, il dolore e gli aiuti ai sopravvissuti. Le Filippine cercano di
far fronte alla distruzione provocata dal tifone Haiyan, che ha colpito il centro-sud
dell’arcipelago. Oltre 10 mila sinora le vittime stimate, 10 milioni i senzatetto,
tra i quali – secondo l’Unicef – almeno 4 milioni di bambini. Ai sopravvissuti manca
tutto: acqua, cibo e generi di prima necessità. Immediatamente in moto la macchina
degli aiuti internazionali, Stati Uniti in testa. Intanto il tifone, sia pure con
minore intensità, è passato su Vietnam e Cina, causando altre distruzioni e almeno
4 morti. Ci riferisce Stefano Vecchia:
Uno stillicidio
di numeri su vittime che sono ovunque: sotto le macerie, nelle cappelle ancora in
piedi, in depositi e camere mortuarie. Infine anche allineati lungo le strade per
essere recuperati e seppelliti nelle fosse comuni. Centinaia di corpi galleggiano
nel mare presso le coste di questa catena di isole. Nessuno può dire se un disperso
tra le molte migliaia è una vittima potenziale o una separazione momentanea. I sopravvissuti
cercano semplicemente di resistere; a volte cercano con la forza di recuperare il
necessario. Sono migliaia i militari e i poliziotti mobilitati per evitare saccheggi
e disordini mentre crescono frustrazione e rabbia. Il presidente Aquino, che la notte
scorsa ha dichiarato lo stato di calamità nazionale per meglio gestire i soccorsi,
starebbe pensando anche al coprifuoco o alla legge marziale in parte della regione.
Sono almeno 600mila i profughi nei campi di fortuna, ma la Caritas filippina segnala
anche le 900mila famiglie di senzatetto o sfollati. Due cifre che sommate valgono
una buona parte dei 10 milioni di filippini che si stima siano stati colpiti in qualche
modo dal disastro. Inizia intanto a prendere slancio la mobilitazione dei soccorsi
internazionali verso le aree sinistrate. Una portaerei statunitense è diretta verso
la regione, come pure un incrociatore britannico; da ieri un ponte aereo di aerei
cargo C130 mandati da Washington ha iniziato la spola tra Manila e Tacloban. A conferma
che lo sforzo dei soccorsi deve non solo essere massiccio e rapido, ma anzitutto efficace,
è però arrivato anche l'avvertimento della Croce Rossa inglese: occorrono coordinamento
e logistica per evitare il caos e gli sprechi che hanno accompagnato l'intervento
umanitario in occasione dello tsunami che il 26 dicembre 2004 devastò le regioni costiere
dell'Oceano indiano.
Per un quadro della situazione, Giada Aquilino
ha raggiunto telefonicamente a Manila Josephine Ignacio, coordinatrice programmi
d’emergenza della Caritas Filippine–National Secretariat for Social Action (Nassa): R. – What the church
is doing is: we are contacting neighbouring dioceses … Quello che la Chiesa sta
facendo è prendere contatto con le diocesi vicine per chiedere aiuto, soprattutto
per quanto riguarda il rifornimento di cibo alla gente di Tacloban. Ce ne sono alcune
che non hanno riportato gravi danni dal passaggio del tifone ed hanno riserve di riso,
l’economia locale è ancora vitale, hanno il mercato e negozi di alimentari; per questo
abbiamo dato denaro in cambio di generi di prima necessità ancora imballati, da destinare
alla gente di Tacloban. Tutto ciò è coordinato dalla Chiesa. Noi siamo la task-force
che, messa in campo per far fronte all’emergenza provocata dal tifone Yolanda, raggruppa
sei diocesi filippine; stiamo cercando di mettere insieme 15 milioni, come donazione
iniziale, per le 11 diocesi nelle quali abbiamo rilevato i danni più gravi.
D.
– Di cosa ha bisogno la popolazione oggi?
R. – They need everything. They have
lost everything. We try to supply them with … Hanno bisogno di tutto. Hanno perso
tutto. Ci stiamo impegnando intanto a fornire riso, ma ci dicono che hanno bisogno
anche di cibo pronto, perché hanno perso tutte le attrezzature per cucinare. E hanno
bisogno anche di acqua. In tutto questo, l’aeroporto è chiuso, perché l’edificio è
danneggiato e il radar non funziona, tutto è stato spazzato via. Il governo, i soldati
hanno limitato l’accesso ai soli aerei che portano beni da destinare alle aree colpite.
Per questo dobbiamo trovare altre strade per fare arrivare quello che serve. Il governo
fornisce gli aiuti che arrivano via aria e noi - come Chiesa - ci siamo mobilitati
per ottenere aiuti via terra. Facciamo il possibile, cerchiamo continuamente strategie
nuove per raggiungere le persone che sono ancora a Tacloban e nelle zone disastrate.
D.
– Qual è la speranza della Chiesa delle Filippine e anche della Caritas locale?
R.
– The generosity of all and … well, if you look at Tacloban, it’s really such a … La
generosità di tutti. Certo, se guardiamo a Tacloban, la situazione è veramente disperata;
le altre diocesi cercano di portare aiuto, come ad esempio la diocesi di Bohol che
ha subito un terremoto grave: perfino loro stanno mandando aiuti a Tacloban. Si cercano
modi per far giungere i generi di prima necessità, quello che si ha, alla gente disperata.
Nell’arco di tre settimane qui c’è stato un forte terremoto e tre tifoni, ed è in
arrivo – per questa notte o per domani – un altro tifone: è previsto che passi vicino
Cebu, Bohol e nella parte settentrionale di Mindanao. Quindi, in realtà facciamo affidamento
gli uni sugli altri, facciamo affidamento su quello che ciascun buon cristiano può
fare per aiutare il prossimo.
Il cataclisma che ha devastato le Filippine "può
anche essere il peggiore mai visto prima al mondo" ma la fede in Dio della popolazione
è "anche più forte". Sono le parole del presidente della Conferenza episcopale filippina,
mons. Jose Palma, contenute nel messaggio rivolto a una popolazione in ginocchio.
Mons. Palma sottolinea che "nessuna calamità o disastro naturale può spegnere il fuoco
della speranza” e, assicurando la presenza e la partecipazione al dolore dell'intera
Conferenza episcopale, invita i fedeli a rivolgersi a Dio "in questo momento di calamità
nazionale" come ogni filippino ha sempre fatto "negli ultimi 400 anni". Da oggi al
19 novembre in tutto il Paese si tiene una novena di preghiera. Laura Ieraci,
del programma inglese della nostra emittente, ha intervistato mons. Pedro Quitorio,
responsabile per il rapporto con i media della Conferenza episcopale filippina:
R. – There will
be a lot of dioceses where the typhoon went through, but … Sicuramente ci sono
molte diocesi colpite dal tifone, ma le più devastate sono quelle nelle isole di Samar
e Leyte, e più particolarmente la diocesi di Borongan e l’arcidiocesi di Palo. Nella
diocesi di Borongan, la prima terra toccata dal tifone, abbiamo numerose chiese devastate;
quelle che si sono trovate nell’occhio centrale del ciclone sono quelle di Guiuan,
nella parte orientale di Samar, tra le quali una chiesa antica di centinaia di anni,
dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco, ed è stata completamente rasa al suolo;
quello che rimane è solo il campanile, che era separato dall’edificio centrale; il
tetto è stato completamente smantellato… rimangono i muri portanti sui due lati della
chiesa. Tutto il resto è stato devastato. Anche le case intorno a questa parrocchia
sono distrutte per quasi il 90 per cento. L’altra chiesa distrutta si trova nell’arcidiocesi
di Palo, sull’isola di Leyte, ed è la chiesa di Santo Niño. Questa chiesa, che è anche
santuario, era simbolo della fede cattolica nell’area: nella chiesa era conservata
l’immagine del Santo Niño, patrono dell’arcidiocesi di Palo. La distruzione al di
fuori della chiesa è immensa, per quanto riguarda la popolazione: si stima, a tutt’oggi,
che le persone disperse e i senzatetto superino varie migliaia. Ieri, in un primo
momento, si pensava che potessero essere un migliaio, ma alcuni rapporti parlano di
oltre 10 mila morti. Particolarmente devastata la città di Tacloban, che fa parte
dell’arcidiocesi di Palo. Anche nella diocesi di Borongan ci sono stati morti, ma
finora non abbiamo cifre esatte, perché tutte le linee di comunicazione sono state
interrotte, non c’è corrente elettrica e non siamo riusciti a conoscere la situazione
esatta. Nemmeno le grandi organizzazioni umanitarie hanno saputo dire con precisione
quale sia la situazione in quelle zone.
Sull’entità della catastrofe, Giada
Aquilino ha intervistato Paolo Beccegato, vicedirettore e responsabile
area internazionale di Caritas italiana:
R. - Per esperienza,
vedendo le immagini e sentendo anche i contatti in loco, l’entità del disastro, la
cosiddetta magnitudo, sia in termini di popolazione colpita che di vastità del terreno
e di vulnerabilità - per esempio la qualità delle abitazioni è molto bassa - fa presumere
che l’impatto sulla popolazione e i danni saranno molto elevati: nella categoria più
alta verosimilmente.
D. - Che zone sono quelle colpite, tra l’altro già interessate
da altri disastri?
R. - Le isole più colpite sono Leyte e Samar che fanno parte
del gruppo centrale delle Visayas, che tradizionalmente è quello colpito sempre da
tempeste tropicali, che spesso evolvono in veri e propri tifoni. E Haiyan, che pare
essere stato il più grande della storia che abbia mai colpito le Filippine, preoccupa
proprio perché le zone interessate sono sostanzialmente rurali e molto popolose: nelle
Filippine vivono più di 80 milioni di persone, su una superficie pari a quella dell’Italia,
tutta densamente abitata. Le case sono fatte soprattutto di legno e di un cemento
molto povero. Quindi il tifone e le frane che ne sono conseguite possono veramente
aver provocato una catastrofe umanitaria.
D. - Qual è la prima emergenza da
affrontare ora?
R. - C’è l’emergenza acqua potabile, che è certamente quella
più grave. C’è il rischio epidemie, perché il fatto che ci siano state varie esondazioni,
varie alluvioni e varie frane fa sì che si mischino le acque bianche con le acque
nere e questo in un tessuto già fortemente debole da questo punto di vista: soprattutto
riguardo ai minori, che magari non hanno l’accortezza di distinguere la qualità delle
acque. Tutto ciò può davvero causare forti rischi di epidemie e quindi far alzare
ulteriormente il numero dei feriti, dei malati e delle vittime.
D. - Caritas
Italiana ha già stanziato 100 mila euro per questa emergenza. Dunque, qual è l’appello?
R.
- E’ un appello che riprendo dalle parole del nostro direttore, don Francesco Soddu,
che ha chiesto un intervento concreto e immediato. Quindi un appello a tutti perché,
nonostante questa crisi che colpisce l’Italia, l’Europa e anche molti Paesi occidentali,
di fronte a disastri del genere ci possa veramente essere una globalizzazione della
solidarietà. Sul nostro sito caritas.it aggiorniamo costantemente quello che facciamo
e sono indicati anche tutti i riferimenti bancari, postali, per effettuare donazioni
online, attraverso cui si possono sostenere le nostre azioni. Ringrazio anticipatamente
tutti quelli che lo faranno.