Conferenza Onu sul clima. Wwf denuncia: pochi fatti per ridurre i gas serra
Da lunedì al 22 novembre, convocati a Varsavia, in Polonia, i delegati di 195 Paesi
per partecipare alla 19.ma Conferenza dell’Onu sul clima. Tanti ancora gli ostacoli
da superare in questo annoso negoziato, avviato nel 1995, per arrivare ad un nuovo
accordo globale, previsto a Parigi nel 2015. Roberta Gisotti ha intervistato
Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, presente con una propria
delegazione nella capitale polacca:
D. - Delusione,
stanchezza e tanti interessi economici e politici, in questa trattativa estenuante
per tutelare la salute dell’intero Pianeta. Dott. Bologna a che punto siamo del negoziato?
R.
- Lei ha detto bene con questa sensazione complessiva di stanchezza e di delusione
e di rimando, nel senso di rinviare delle decisioni che non riguardano soltanto la
salute - come noi amiamo definire - del pianeta, ma anche la salute soprattutto degli
esseri umani. Credo che l’evento del tifone nelle Filippine di questi giorni si aggiunga
però ad una situazione ben nota a livello scientifico, perché noi sappiamo che purtroppo
la dimensione di questi cicloni e di questi uragani - per quanto riguarda la potenza
energica che stanno sprigionando - è andata aumentando. A fronte di questa conoscenza
scientifica sempre più avanzata, c’è una inazione politica imbarazzante. Noi dobbiamo
sostenere un negoziato che di fatto entro il 2050 deve arrivare almeno all’80% delle
riduzioni delle emissioni. E questo significa che, globalmente, la popolazione umana
che in quell’epoca sarà presente sulla Terra dovrà permettersi una massimo due tonnellate
pro-capite annue di anidride carbonica e non oltre. E noi oggi siamo in una dimensione
assolutamente fuori registro, perché gli Stati Uniti sono oltre 17 tonnellate pro-capite,
il Regno Unito oltre 10, la Germania sopra le 9, in Italia siamo intorno alle 7. La
Cina, che è diventato un grande emettitore di anidrite carbonica, ma che ovviamente
spalma questa su oltre un miliardo e 300 milioni di persone, sta intorno alle 7 tonnellate
pro-capite annue. La sfida che abbiamo di fronte è una sfida epocale: non si può rispondere
a questa sfida epocale con l’attesa, il rimando e l’inazione politica.
D. -
Quante volte abbiamo sentito invocare un cambiamento nelle politiche industriali,
nei consumi di massa, negli stili di vita…
R. - Io credo che, da questo punto
di vista, il negoziato sul clima sia un po’ emblematico, perché noi non possiamo permetterci
di continuare ad avere una crescita materiale e quantitativa quando sappiamo chiaramente
- e vi prego di credermi - che non c’è alcuno scienziato al mondo che ci dice che
si possa continuare a utilizzare, trasformare e distruggere i sistemi naturali come
stiamo facendo adesso. Stiamo eliminando la base stessa del nostro benessere e delle
nostre economie: non esiste alcuna economia se non c’è uso di risorse naturali. E'
necessario cambiare veramente, perché questo è il meccanismo che si vuole avviare
col negoziato, com’era già il Protocollo di Kyoto, è la riduzione delle emissioni.
D.
- Vogliamo ricordare a che cosa si devono queste emissioni, chi sono i principali
imputati?
R. - I responsabili principali sono le industrie carbonifera e petrolifera:
tutto quello che le industrie carbonifera e petrolifera trasforma in termini energetici
per il comparto elettrico e per quello che riguarda il sistema dei trasporti. A questo,
ovviamente, si aggiunge il cambiamento dell’uso del suolo, come noi abbiamo trasformato
i sistemi naturali rendendoli sistemi agricoli da una parte o addirittura peggio ancora
distruggendo il manto forestale, come avviene nelle foreste tropicali, bruciandole
e che addirittura emettono anidride carbonica.
D. - Ci sono Paesi virtuosi
e Paesi assolutamente inattivi su questo fronte?
R. - Diciamo che l’Europa
sta rispettando abbastanza quelle che erano le indicazioni del Protocollo di Kyoto.
Però, su un punto vorrei essere molto chiaro: in questo ambito non basta essere virtuoso
dal punto di vista della sola efficienza energetica. L’efficienza energetica - come
l’efficienza in tutti i campi per ottenere un input minore di energia e materie
prime per produrre bene e servizi - è fondamentale. Ma se non la accoppiamo ad una
dimensione di sufficienza - e a questo come sappiamo ci richiama moltissimo anche
Papa Francesco - laddove sufficienza vuol dire vivere nei limiti di questo Pianeta,
rispettando queste risorse anche nel principio di equità, perché non è possibile che
qualcuno può inquinare di più, può consumare di più, mentre altri non sono neanche
in grado di avere le basi essenziali della propria esistenza e quindi poter avere
anche prospettiva di vita.