Don Benzi: consegnata al vescovo di Rimini richiesta di avvio della Causa di beatificazione
E’ stata consegnata nei giorni scorsi al vescovo di Rimini, mons. Lambiasi, la richiesta
formale di avvio della Causa di beatificazione di don Oreste Benzi, il fondatore dell’Associazione
comunità Papa Giovanni XXIII. A comunicare questo atto, a sei anni dalla morte del
sacerdote, avvenuta la notte tra il 1 e 2 novembre 2007, la stessa comunità il cui
presidente - dopo don Benzi - è ora Giovanni Ramonda. Ma che cosa rappresenta
questa richiesta subito accolta dal vescovo? Fabio Colagrande ha sentito lo
stesso Ramonda:
R. - E' intanto
una grande gioia non solo per la Comunità Papa Giovanni ma per tutta la Chiesa, per
i tanti uomini e donne di buona volontà che hanno incontrato don Oreste, soprattutto
i tanti poveri. È un dono grande che la Chiesa abbia fatto sua questa richiesta, questo
itinerario che speriamo possa portare a riconoscere le virtù eroiche di questo sacerdote
della tonaca lisa, che ha consumato la sua vita girando tutte le nostre comunità in
tutti i continenti e soprattutto incontrando, abbracciando, ascoltando i più poveri
e amandoli fino alla fine.
D. - C’è qualcosa ancora da scoprire per quanto
riguarda la figura di don Oreste Benzi?
R. - Penso che don Oreste, pur avendo
girato molto, poche persone lo abbiano conosciuto. Oggi il compito nostro è quello
di farlo conoscere, soprattutto la sua vita, i fatti. È il tesoro della sua spiritualità:
questo uomo che lavorava quasi venti ore al giorno, dormiva in macchina … Il cuore
era in intima unione con Dio, una vita di preghiera, e questo lo mandava proprio a
queste periferie esistenziali con i più poveri. Ci richiamava sempre per stare in
piedi, perché appunto con i poveri bisognava stare in ginocchio e con il Signore.
D.
- Per stare in piedi, bisogna stare in ginocchio: questo è un riconoscere la carne
di Cristo nelle persone più bisognose, un tema molto presente nel magistero di Papa
Francesco…
R. - Sì, riconoscere Cristo nei poveri, nei sofferenti e soprattutto
riconoscere che nel popolo di Dio le membra più deboli sono le più necessarie. Per
don Oreste, questa realtà era vivissima: i poveri non possono essere solo coloro che
sono più oggetto di assistenza, ma devono diventare i protagonisti della storia e
della vita della Chiesa e anche il punto di ripartenza per l’unificazione del genere
umano. Anche in questa crisi epocale - soprattutto culturale, di valori - il ripartire
dagli ultimi può essere un punto unificante che ridarà forza, speranza, anche giustizia
a un mondo che non sa più riconoscere gli altri come fratelli. Questa visione anche
teologica di Papa Francesco era molto presente in don Oreste.
D. - A sei anni
dalla scomparsa del suo fondatore, le varie comunità continuano ad avere la necessaria
vitalità? Questo ovviamente è un problema che hanno tutte le realtà, le comunità che
devono portare avanti l’eredità del loro fondatore…
R. – Paradossalmente,
ma come accade un po’ nella storia della Chiesa, con la morte del fondatore, c’è come
un’esplosione del carisma, prima di tutto perché il fondatore è presso Dio e lo stesso
don Oreste diceva: “Quando io sarò arrivato continuerò ad assistervi. Vi spronerò
sempre”. Questo carisma si sta diffondendo non solo nelle centinaia di diocesi italiane,
ma anche nei cinque continenti: siamo in Nepal, stiamo facendo i passi per aprire
la nostra casa- famiglia a Baghdad, in Grecia a Patrasso per accogliere i minori,
i profughi non accompagnati, il poliambulatorio gratuito per gli immigrati qui a Rimini,
l’albergo solidale per le famiglie che si trovano in strada… C’è una vitalità che
è nel dna del carisma.
D. - Possiamo dire che adesso che si sta aprendo la
via verso la Beatificazione di don Oreste Benzi, il suo mandato come successore si
fa ancora più "pesante"?
R. - Io colgo la distanza abissale tra la mia persona
e la sua, però ho tanta fiducia perché ho coscienza che c’è un mandato del Signore,
della comunità ed io, quando è morto don Oreste, ho detto che era il tempo della comunità,
era il tempo della responsabilità. Posso dire che dopo sei anni questo si è attuato,
ma possiamo fare ancora di più in questo donarci totalmente ai poveri come faceva
don Oreste.