2013-11-09 17:17:42

La crisi impone di eliminare le barriere dell'ingiustizia: così il Papa nella prefazione a libro del card. Bertone


La vera sfida per il futuro dell’umanità è quella di costruire una pace e uno sviluppo che non escludano nessuno: è quanto afferma Papa Francesco nella sua prefazione al libro del card. Tarcisio Bertone intitolato “La diplomazia pontificia in un mondo globalizzato” (edito dalla Libreria Editrice Vaticana), che sarà presentato martedì 12 novembre alle ore 17.00, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. Il servizio di Sergio Centofanti:RealAudioMP3

La crisi globale che stiamo vivendo – scrive Papa Francesco – ci impone di “eliminare le tante barriere che hanno sostituito i confini: disuguaglianze, corsa agli armamenti, sottosviluppo, violazione dei diritti fondamentali, discriminazioni, impedimenti alla vita sociale, culturale, religiosa”. Il nostro futuro, infatti, non dovrà parlare solo “il linguaggio della pace e dello sviluppo” ma essere capace “nei fatti di includere tutti, evitando che qualcuno resti ai margini”.

In questo contesto – afferma il Papa - la diplomazia è “un servizio, non un'attività ostaggio di interessi particolari dei quali guerre, conflitti interni e forme diverse di violenza sono la logica, ma amara, conseguenza; né strumento delle esigenze di pochi che escludono le maggioranze, generano povertà ed emarginazione, tollerano ogni genere di corruzione, producono privilegi e ingiustizie”.

“La crisi profonda di convinzioni, di valori, di idee – osserva ancora il Pontefice - offre all'attività diplomatica una nuova opportunità, che è allo stesso tempo una sfida. La sfida di concorrere a realizzare tra i diversi popoli delle nuove relazioni veramente giuste e solidali per cui ogni Nazione e tutte le persone siano rispettate nella loro identità e dignità, e promosse nella loro libertà”.

“Di fronte a questa globalizzazione negativa che è paralizzante – sottolinea - la diplomazia è chiamata a intraprendere un compito di ricostruzione riscoprendo la sua dimensione profetica, determinando quella che potremo chiamare utopia del bene, e se necessario rivendicandola”. “La vera utopia del bene, che non è un'ideologia né sola filantropia, attraverso l'azione diplomatica può esprimere e consolidare quella fraternità presente nelle radici della famiglia umana e da lì chiamata a crescere, a espandersi per dare i suoi frutti”.
Occorre rompere “la logica dell'individualismo”. In questo senso – prosegue il Papa - “la prospettiva cristiana sa valutare sia ciò che è autenticamente umano sia quanto scaturisce dalla libertà della persona, dalla sua apertura al nuovo, in definitiva dal suo spirito che unisce la dimensione umana alla dimensione trascendente. Questo è uno dei contributi che la diplomazia pontificia offre all'umanità intera, operando per far rinascere la dimensione morale nei rapporti internazionali, quella che permette alla famiglia umana di vivere e svilupparsi assieme, senza diventare nemici gli uni degli altri”. “È il rifiuto dell'indifferenza o di una cooperazione internazionale frutto dell'egoismo utilitaristico, per fare invece attraverso organi comuni qualcosa per gli altri”.

Infatti – scrive Papa Francesco – “non sarà facendo prevalere la ragion di Stato o l'individualismo che elimineremo i conflitti o daremo ai diritti della persona la giusta collocazione. Il diritto più importante di un popolo e di una persona non sta nel non essere impedito di realizzare le proprie aspirazioni, bensì nel realizzarle effettivamente e integralmente. Non basta evitare l'ingiustizia, se non si promuove la giustizia”.

Il Papa ricorda il servizio del cardinale Bertone come segretario di Stato “a sostegno generoso e fedele” del pontificato di Benedetto XVI: “la sua pacata e matura esperienza di servitore della Chiesa – scrive - ha aiutato anche me, chiamato alla sede di Pietro da un Paese lontano, nell'avvio di un insieme di relazioni istituzionali doverose per un Pontefice”.

Quindi conclude: “la storia, la cui misura è la verità della croce, renderà evidente l'intensa azione del cardinale Bertone, che ha dimostrato anche di avere la tempra piemontese del gran lavoratore che non lesina nelle fatiche nel promuovere il bene della Chiesa, preparato culturalmente e intellettualmente e animato da una serena forza interiore che ricorda la parola dell'apostolo delle genti: ‘Di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati’ (Galati, 6, 14)”.

Ultimo aggiornamento: 11 novembre







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