Beatificazione a Paderborn di Madre Maria Teresa Bonzel, una vita spesa per i più
deboli
In Germania, la diocesi di Paderborn è stata in festa ieri, per la beatificazione
di Madre Maria Teresa Bonzel, fondatrice delle Povere Suore Francescane dell’Adorazione
Perpetua. Una vita, la sua, spesa a servizio dei più deboli: dei poveri, degli ammalati
e soprattutto degli orfani. A rappresentare il Santo Padre a Padeborn, il card. Angelo
Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Roberta
Barbi:
Al secolo si
chiamava Regina Cristina Guglielmina, ma per tutti, affettuosamente, era “Aline”.
Il suo nome cambiò di nuovo in Maria Teresa quando a 20 anni e con il parere contrario
dei genitori decise di entrare nel Terz’Ordine francescano: come il Poverello d’Assisi,
anche lei veniva da una famiglia ricca, ma era attraverso l’assistenza ai poveri che
il Signore la chiamava a sé. Una vocazione, la sua, nata presto, ma che poté realizzarsi
solo in età adulta e per questo, a Paderborn, la sua Beatificazione è ancora più festeggiata,
come sottolinea il card. Angelo Amato:
“La beatificazione di Madre
Maria Teresa Bonzel è un dono della Divina Provvidenza alla diocesi, ma anche alle
Suore e alla stessa città di Paderborn. La nuova Beata mostra che la parola di Gesù
ha trovato in lei un cuore atto a far fruttificare l'eroismo della carità e della
santità”.
A 33 anni il vescovo della città le consentì di dar vita a un
Istituto religioso che adottasse la Regola francescana e così nacquero le Povere Suore
francescane dell’Adorazione, congregazione della quale Madre Maria Teresa fu superiora
generale fino alla morte, avvenuta nel 1905. Il primo “monastero” delle religiose
era una camera in affitto, poi, grazie al coraggio e al carisma della nuova Beata,
si unirono molte altre donne che iniziarono a ospitare orfani, nel segno della carità,
come ricorda ancora il cardinale Amato:
“Lo spirito di preghiera era proprio
caratteristico della nostra Beata, così come, ovviamente, la sua carità. In modo particolare
la sua spiritualità era caratterizzata dall'abbandono alla Divina Provvidenza, soprattutto
nelle prove e nelle malattie. La sua devozione eucaristica era esemplare e spesso
la si vedeva in ginocchio nel coretto della cappella in adorazione. La sua carità
materna si estendeva ai bambini in collegio e anche fuori; inoltre, si preoccupava
che dopo il collegio ciascuno dei ragazzi trovasse un buon posto e fosse alloggiato
presso una buona famiglia”.
Madre Maria Teresa era una luce di speranza
per gli orfani e i malati di cui si occupava; giorno dopo giorno accoglieva in modo
così naturale la Grazia Divina che come una manna benefica sostenta i nostri propositi
di bene, mostrando che la santità può essere di tutti, come spiega il cardinale Amato:
“La
Beata Maria Teresa Bonzel ci ricorda che la santità non è un privilegio per pochi,
ma il traguardo di tutti i battezzati, dal momento che il Battesimo infonde in tutti
le virtù soprannaturali della fede, della speranza e della carità, che consentono
di crescere e maturare nella perfezione cristiana”.
Al momento della sua
morte in Germania erano attive 870 suore in 71 case, ma la congregazione si era già
spinta oltreoceano: in America lavoravano 700 religiose in 42 strutture. Oggi, nel
mondo, le Povere Suore Francescane dell’Adorazione Perpetua sono presenti anche in
Brasile e nelle Filippine. Su di loro veglia la nuova Beata, sepolta nell’antico mausoleo
di Olpe e a loro, ma anche a tutti noi, va il suo insegnamento speciale di donazione
totale di sé e di risposta all’odio con l’amore e con il bene che diffonde gioia e
pace, come ci illustra il cardinale Amato:
“Alle Suore ella ricorda che
il fine della consacrazione religiosa è la santificazione attraverso i consigli evangelici.
Anche a noi rivolge un invito alla santità. Papa Francesco, nella scorsa solennità
di Tutti i Santi, ci ha detto: «I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti.
Sono come noi. E allora che cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto
l'amore di Dio, i Santi lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e senza
ipocrisia»”.