Rischio anarchia per la Libia: scontri a Tripoli tra milizie rivali
Nuove tensioni in Libia. E' di almeno due morti e 29 feriti il bilancio delle intense
sparatorie ieri a Tripoli tra gruppi miliziani rivali. Già nei giorni scorsi gruppi
di combattenti si erano scontrati per ore nel centro della città. Tali formazioni
sono composte da ex ribelli che, considerati come eroi al momento della caduta di
Gheddafi, in seguito non hanno voluto abbandonare le armi e sono diventati incontrollabili
per il governo centrale, dal quale vengono però pagati per creare forze di sicurezza
semi-ufficiali. Ma le autorità libiche hanno annunciato che da gennaio 2014 tali milizie
non saranno più pagate. Sulle ragioni delle ultime violenze, Giada Aquilino
ha raccolto il commento di Marcella Emiliani, studiosa di Medio Oriente e Nord
Africa:
R. - Il governo
del premier Ali Zeidan non ha assolutamente il controllo del territorio. Quindi è
costretto ad assoldare milizie per garantire la sicurezza. Si è così creata una gerarchia
tra tali milizie: quelle che agiscono ai limiti del gangsterismo e quelle che invece
operano in nome e per conto dello stesso governo e del Ministero dell’Interno e della
Difesa. È evidente che chi ha il monopolio della forza, in questo momento, cerca di
avere il sopravvento su tutti gli altri.
D. – Nelle ultime ore il governo libico
ha annunciato che dal prossimo anno non pagherà più gli stipendi a questi miliziani.
Cosa succederà?
R. - A me risulta che il governo abbia stretto dei patti innanzitutto
con la Gran Bretagna, poi dovrebbero seguire patti con gli altri Paesi europei, per
addestrare sia la polizia, sia il nuovo esercito. Il problema è che, come ci hanno
ben mostrato Iraq e Afghanistan, per formare eserciti e polizia ci vuole un tempo
lunghissimo e la Libia di tempo non ne ha, perché è oggetto di tensioni fortissime.
Tripoli ha il problema degli scontri tra militari, senza parlare delle secessioni
annunciate fin dall’anno scorso della Cirenaica e del Fezzan. Questo è un Paese che
rischia di “saltare”. Consideriamo anche un altro aspetto: il governo non ha la capacità
di controllare non solo il territorio, ma neanche le coste e l’entroterra; questo
significa che i flussi migratori, quelli che transitano per il Sahara, non sono controllati
da nessuno o, peggio, vengono tiranneggiati e organizzati dalle stesse milizie libiche.
Il rischio è che questo Paese si spezzi in tre: la Cirenaica con il petrolio, il Fezzan
con il suo deserto - perché risorse non ne ha, però è legato a tutti i transiti transahariani
verso il Ciad e altri Stati limitrofi - e la Tripolitania, dove è presente un maggiore
contesto urbano rispetto alle altre due regioni, ma dove non ci sono risorse autonome,
in quanto la zona dipende dal petrolio che arriva dalla Cirenaica. La Libia, dunque,
rischia di trasformarsi nella Somalia del Mediterraneo.