L’Unitalsi celebra i 110 anni dalla fondazione. Oggi l’incontro col Papa
Sono passati 110 anni da quando Giovanni Battista Tomassi affrontò il suo primo pellegrinaggio
a Lourdes, a seguito del quale, invece di togliersi la vita come aveva previsto qualora
il Signore non lo avesse guarito dalla malattia di cui soffriva, il ragazzo fondò
l’Unitalsi. I volontari dell’Associazione impegnata nel trasporto dei malati a Lourdes
e nei Santuari internazionali, conducono ancora oggi ammalati e disabili in pellegrinaggio,
ridando loro la stessa speranza che salvò il fondatore Tomassi. Cecilia Sabelli
ha chiesto al presidente nazionale Salvatore Pagliuca un bilancio di questi
110 anni dell’Associazione, che oggi incontrerà Papa Francesco per celebrare il prestigioso
traguardo:
R. – Chiaramente,
nel tempo l’Associazione ha avuto una sua evoluzione, ma il riferimento principale
resta comunque il pellegrinaggio e non solo. Nel pellegrinaggio i nostri soci, i volontari
e gli ammalati hanno una carica d’amore che poi, tornati a casa, non fa restare indifferenti
a ciò che succede. In una società come quella di oggi – ben delineata anche da Papa
Francesco con il riferimento alla cultura dello scarto – i nostri ammalati non sono
un mondo a parte o da mettere da parte: i nostri amici disabili e ammalati sono parte
di questo mondo. E in questo senso l’Unitalsi ha sviluppato una serie di attività,
suggerite dalla fantasia della carità, per rendere questo mondo più a misura d’uomo.
Sappiamo che la nostra società cerca di puntare sul bello, sul perfetto, sul vincente,
ma il nostro mondo non è certamente perfetto: è un mosaico, dove ogni casella deve
trovare il suo posto. E l’Unitalsi in questo si è adoperata diventando in questi anni
un’Associazione presente capillarmente sul territorio, per fare quello che oggi definiamo
“il pellegrinaggio verso l’uomo, vero santuario di Dio”.
D. – Come si sta
preparando l’Associazione all’appuntamento di domani con Papa Francesco?
R.
– Sicuramente, è un momento importante che ci rende felici, anche perché nel programma
iniziale aveva previsto di incontrarci a mezzogiorno. Invece, proprio ieri, ci hanno
comunicato che ha deciso di scendere alle 10.30 e di restare con noi fino alla fine
della giornata. Il che ci rende felici ancor di più, perché vorrà dire che potrà salutare
i circa 1.200 malati che porteremo all’incontro quasi uno ad uno e questo è motivo
di festa e di gioia.
D. – Rita Coruzzi, una delle vostre socie in difficoltà,
ha scritto, per i 110 anni dell’Associazione, un libro che s’intitola “L’Unitalsi
mi ha cambiato la vita”. Che esperienze vivono i malati e i volontari che compiono
questi pellegrinaggi?
R. – L’esperienza è sostanzialmente un’esperienza di
condivisione, che nasce nel pellegrinaggio, dove si condivide tutto il viaggio, le
difficoltà, la preghiera, il sudore. Quindi, c’è una vicinanza veramente stretta,
che porta ad una sorta di simbiosi.