Bambini soldato, il dramma si allarga alla Repubblica Centrafricana
Dopo il golpe della Seleka - i ribelli che a marzo hanno rovesciato il presidente
François Bozizé in Repubblica Centrafricana - per i bambini soldato tenuti in ostaggio,
molti dei quali ugandesi, “è divenuto ancora più difficile tornare a casa”. È la denuncia
di padre Cosmas Alule, rettore del seminario maggiore ‘Uganda Martyrs’ di Alokolum,
alla periferia di Gulu, nel Nord dell’Uganda, raccolta nei giorni scorsi da Aiuto
alla Chiesa che Soffre, la fondazione pontificia da tempo impegnata nella zona. A
rapire negli anni i ragazzi e a condurli forzatamente in Centrafrica, i ribelli ugandesi
del Lord's Resistance Army (Lra, Esercito di Resistenza del Signore capeggiato da
Joseph Kony). Ce ne parla padre Alule, raggiunto telefonicamente a Gulu da Giada
Aquilino:
R. – The Lra
rebels take mostly children and take them to the Central African Republic … I ribelli
del Lord’s Resistance Army prendono soprattutto bambini e li portano nella Repubblica
Centrafricana, perché è più facile indottrinare questi piccoli, manipolare la loro
mente e introdurli nella ribellione. Trovano che sia più facile trattare con i bambini:
questo è il motivo per cui la maggior parte dei rapimenti riguarda i minori. Possono
“giocare” con la mente dei bambini, piegarla secondo il loro volere. I ribelli iniziano
ad insegnare loro come combattere, come uccidere senza pietà; lo scopo è quello di
portare i bambini ad essere a loro volta ribelli. La seconda ragione è che si servono
dei più piccoli per proteggere i Signori della guerra quando ci sono azioni e saccheggi:
li usano come scudi. La terza ragione, veramente terribile, è che usano i bambini
anche come schiavi del sesso, soprattutto le bambine. Molte di loro sono “date in
moglie” agli alti ufficiali dell’esercito ribelle o anche ai ribelli stessi, poi le
scambiano tra loro, a loro piacimento. È un aspetto molto triste.
D. – Qual
è la situazione ora, con le nuove tensioni nella Repubblica Centrafricana?
R.
– The Lord’s Resistance Army, since the year 2006-2007, when the government … Dal
2006-2007, quando il governo ugandese lo espulse dall’Uganda del Nord e quando si
svolsero poi i colloqui di pace, l’Esercito di Resistenza del Signore ha lasciato
il Paese, ritirandosi in Sudan e nella Repubblica Centrafricana e in quella parte
del Congo vicina alla Repubblica Centrafricana. In Centrafrica, questi ribelli continuano
ad esercitare lo stesso orrore, a rapire bambini, a distruggere villaggi, a saccheggiare
le proprietà: tutto quello che facevano nell’Uganda del Nord ora lo fanno nella Repubblica
Centrafricana e in quelle aree del Sudan e del Congo adiacenti. Ciò è quello che,
purtroppo, sta accadendo ed è il motivo per cui il governo dell’Uganda, di concerto
con l’Unione Africana, ha inviato dei soldati nel tentativo di catturare i ribelli,
per vedere se, con l’aiuto dell’esercito, sia possibile catturare Joseph Kony ed i
suoi ribelli, in qualche modo fermarli. Ma finora non sono riusciti in questo compito.
D.
– Negli anni, qual è stato il ruolo della Chiesa e com’è impegnata oggi?
R.
– The Church, for long, throughout the period of the rebellion, has been a … La
Chiesa è stata per lungo tempo, per tutto il periodo della ribellione, una luce speciale
in Uganda; ha sempre rappresentato un rifugio per la gente. Molte persone hanno trovato
rifugio nelle missioni, nelle chiese, nelle parrocchie dove ci sono i sacerdoti, nelle
istituzioni della Chiesa, fino nel seminario dove mi trovo io: anche qui le persone
si sono rifugiate. Questo è uno dei modi in cui la Chiesa ha aiutato la popolazione
nel periodo della ribellione. Poi, si è anche impegnata a trovare una soluzione pacifica
a questi conflitti: l’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama, è spesso chiamato
in causa, insieme con i leader dell’iniziativa religiosa per la pace di Acholi, per
il raggiungimento di una soluzione pacifica di questo conflitto mediante colloqui
di pace. Questo è il motivo per cui le trattative di pacificazione, iniziate nel 2006-2007,
proseguono, pure se non si sono concluse ancora con successo. Ecco, questo è il modo
in cui la Chiesa cerca di portare il suo aiuto.
D. – Come appare ora il futuro
dell’Uganda agli occhi della Chiesa locale?
R. – The future of the hope in
Uganda, I think can be summarized … Penso che la speranza per il futuro in Uganda
possa essere riassunta alla luce del recente Sinodo dei Vescovi per l’Africa, che
si è svolto a Roma, da cui è uscita l’Esortazione Apostolica “Africae Munus”. Con
tale documento, la Chiesa in Africa è incoraggiata ad impegnarsi per la giustizia,
la pace e la riconciliazione. Solo attraverso la giustizia, la pace e la riconciliazione
la Chiesa può avere un futuro: infatti, in ogni parte dell’Africa ci sono conflitti
e questo è il contributo che la Chiesa può dare affinché ci sia un domani certo. Se
la Chiesa può essere testimone di riconciliazione in questa epoca di conflitti, in
particolare in quello portato avanti dall’Esercito di Resistenza del Signore, potrà
testimoniare pace in tutto il Continente, partendo proprio dall’esempio ugandese.
E questo aiuterà più persone a credere nella Chiesa e ad avere fiducia in essa. E’
già accaduto in Uganda: molte persone sono convinte che la pace tornata nel Paese
negli anni passati sia stata raggiunta grazie al grande contributo della Chiesa nel
campo dei negoziati di pace e di riconciliazione. E questa è la via per il futuro
della Chiesa in Uganda.