È il democratico De Blasio il nuovo sindaco di New York. Netta la vittoria sul conservatore
Lotha
"E’ ora di metterci subito al lavoro per attuare il nostro programma. La nostra missione
è quella di dare a tutti le stesse opportunità e di combattere le ineguaglianze
in ogni angolo della citta'". Sono le prime parole del neo sindaco di New York, Bill
De Blasio, il primo democratico da 20 anni. E’ italo americano e si è imposto con
il 73% dei consensi, contro il 25% del rivale repubblicano. A De Blasio sono giunte
le congratulazioni del presidente, Obama. Da New York, Elena Molinari:
Inizia a New
York l’era De Blasio. Il democratico italoamericano ha conquistato la poltrona di
primo cittadino con il previsto plebiscito, proponendosi come l’uomo del cambiamento.
Se Bloomberg era infatti un miliardario dal guardaroba e i modi impeccabili, bassino
e minuto, De Blasio è un ex funzionario del Comune che manda i figli alla scuola pubblica,
un gigante di due metri che si fa fotografare in tuta mentre porta la biancheria in
lavanderia. De Blasio ha cavalcato un messaggio populista di ridistribuzione del reddito,
dipingendo l’indipendente Bloomberg come ben più conservatore di quello che è stato.
Originario del materatese, il nuovo sindaco della Grande Mela ha promesso di battersi
per una metropoli dove i ricchi paghino piu’ tasse per migliorare i servizi pubblici
ovunque, da Brooklyn al Queens, dal Bronx a Staten Island, e non solo nella Manhattan
delle banche. Nel vicino New Jersey invece ha vinto in controtendenza nazionale un
repubblicano, Chris Christie, aggiudicandosi un secondo mandato grazie al voto di
neri, donne e ispanici. In Virginia, affermazione di Terry McAuliffe sull'esponente
del TeaParty Ken Cucinelli.
Per un commento sulla vittoria di Bill De Blasio,
Giada Aquilino ha intervistato Paolo Mastrolilli, inviato del quotidiano
La Stampa a New York:
R. - Considerando
l’affermazione del nuovo sindaco, evidentemente molti degli elettori che avevano sostenuto
in passato Bloomberg e forse anche Giuliani o non sono andati alle urne o hanno scelto
lui. Questo significa naturalmente che la città era pronta ad un cambiamento. De Blasio
ha fatto una campagna elettorale impostata sul fatto che ci sono due città a New York:
quella che è prospera, ricca e vive bene e la New York povera, che fatica ad arrivare
alla fine del mese. Ha basato tutta quanta la sua campagna sulla promessa di cercare
di riequilibrare la città, di superare queste disuguaglianze. Evidentemente è un messaggio
che in questo momento di crisi economica ha colpito gli elettori, che hanno scelto
in massa di sostenerlo e di scommettere sul suo programma.
D. - Questi, però,
sono obiettivi non facili da raggiungere…
R. - Lo ha detto lui stesso, commentando
la propria vittoria: ha detto che il suo successo è semplicemente il primo passo.
E’ una situazione molto difficile, perché la città sta uscendo da una crisi che è
stata assai grave. De Blasio ha proposto, fra le altre cose, di aumentare la tasse
alle persone che guadagnano più di mezzo milione di dollari all’anno, per usare poi
questi soldi soprattutto per finanziare l’istruzione dal momento iniziale - quindi
sin dall’asilo - e per cercare di dare a tutti quanti la possibilità di affermarsi
nella vita. Naturalmente sono diversi i fronti sui quali bisogna intervenire e non
sarà facile per il nuovo sindaco, che oltretutto dovrà anche garantire che la timida
ripresa che è in corso nella città continui e che non ci siano problemi di sicurezza.
In passato questa era stata un’altra cosa che aveva frenato molto New York: la criminalità.
Negli anni delle due amministrazioni repubblicane di Giuliani e Bloomberg si è effettivamente
ridotta.
D. - Come ne escono i conservatori dal voto?
R. - I conservatori
escono molto malconci dal voto e non tanto per quello che è successo a New York, perché
in realtà i sindaci che avevano governato New York di parte repubblica, Giuliani e
in particolare Bloomberg, erano dei repubblicani un po’ atipici. Bloomberg soprattutto
era un ex membro del partito democratico e quindi un repubblicano liberal. Il risultato
forse più significativo per i conservatori è, invece, quello che è avvenuto in New
Jersey, dove il governatore Christie è stato rieletto - e anche lì a valanga - nonostante,
secondo i sondaggi, la maggior parte degli abitanti del New Jersey non abbia una visione
positiva del partito repubblicano. Questo significa in sostanza che gli elettori sono
scontenti di come il partito repubblicano si stia comportando a Washington, di quello
che ha fatto, per esempio, provocando lo shutdown del governo e quasi una crisi
internazionale sulla questione del debito, spinto dalla parte estrema del partito,
cioè il Tea Party. E lo stesso Christie ha detto ai suoi colleghi del partito repubblicano
che, se è riuscito a vincere in uno Stato democratico come il New Jersey, qualcuno
a Washington deve accendere la televisione, sintonizzarsi su quello che sta accadendo
nel suo Stato, per prendere esempio e cambiare la linea del Gop (Grand Old Party)
anche a livello nazionale.