2013-11-06 14:27:56

Il rev. Tveit, segretario generale del Cec: costruire ponti in un mondo diviso


Si avvia verso la conclusione la 10.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), che si sta svolgendo a Busan, nella Corea del Sud, sul tema: ‘Dio della Vita, portaci alla giustizia e alla pace’. L'evento che riunisce oltre 330 Chiese cristiane, con la Chiesa cattolica con il ruolo di osservatore, terminerà domani. Sulle prospettive di questo incontro, Philippa Hitchen ha intervistato il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Cec:

R. – I hope and pray that this will really be a gathering where we got a new …
Spero e prego che questo possa essere un incontro nel quale abbiamo trovato un nuovo impegno da parte delle Chiese e dei nostri partner ecumenici nella collaborazione all’interno del Consiglio Ecumenico delle Chiese, nel rinnovato impegno di lavorare in vista dell’unità tra di noi, per l’unità, quindi, e per la giustizia e la pace nel mondo. Ho la sensazione - ma queste sono mie riflessioni – che le mie aspettative sono sempre maggiori e ho sempre maggiore speranza che questo, ora, possa realizzarsi.

D. – In un certo senso, questo sottolinea il ruolo multiforme del Cec e conseguentemente anche il suo stesso ruolo. Lei come si considera? Un leader politico, diplomatico, spirituale … Qual è il nucleo del Cec, oggi?

R. – I’m a pastor, and I am called to be in this role as a pastor. …
Io sono un pastore, e in questo ruolo rimango un pastore. Questo significa che noi lavoriamo insieme in quanto Chiese sulla base della nostra fede, sulla base della nostra chiamata a portare una testimonianza al mondo dell’amore di Dio e del desiderio di unità, di pace e di giustizia di Dio per tutti. Questo significa che dobbiamo rivolgerci anche a quelle situazioni in cui c’è divisione non soltanto tra le Chiese, ma dove le persone stesse sono divise per ragioni politiche o per ragioni diverse, come conflitti, ingiustizie, ingiustizie economiche, anche, tra ricchi e poveri … Se noi riusciamo a svolgere il nostro ruolo come costruttori di ponti tra persone divise, allora abbiamo risposto in parte alla nostra vocazione cristiana e alla chiamata a dare testimonianza. Non si tratta quindi di un ruolo politico in senso stretto, ma fa parte della nostra testimonianza al mondo.

D. – La Chiesa è presente qui con una delegazione di osservatori: essa collabora strettamente attraverso i gruppi di lavoro congiunti, ed è membro a pieno titolo di “Faith and Order”. Le piacerebbe che la Chiesa cattolica avesse, in questo ambito, un maggiore supporto ed un più ampio ruolo?

R. – Yes. Even if I am quiet happy with how strong the participation already is, …
Sì. Anche se sono già pienamente soddisfatto dell’importante partecipazione che già esiste. I partecipanti cattolici contribuiscono in molti modi, anche in ambiti diversi da quelli che lei ha menzionato. Ci sono anche membri dello staff che appartengono alla Chiesa cattolica, inviati dal Vaticano. Dal mio punto di vista, ci troviamo in una situazione particolare, anche per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa cattolica. Credo che molti abbiano la percezione che il messaggio che viene da questa Assemblea è lo stesso messaggio di Papa Francesco, il messaggio che egli vuole portare come impegno della Chiesa sia a livello internazionale, sia a livello delle Chiese locali. E io credo che questo dia anche a noi una maggiore ispirazione a riconoscere possibili campi per una maggiore collaborazione, sia a livello del nostro Consiglio, sia a livello nazionale.

D. – Di questo avete parlato?

R. – Yes, we have a very good conversation with the Pontifical Council for promoting …
Sì: noi abbiamo buone relazioni con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani; dopo questa assemblea ci incontreremo e parleremo dei programmi del nostro gruppo di lavoro congiunto. Sono sicuro – per quello che vedo a tutt’oggi – che vorremo rafforzare questo strumento e farne maggiore uso.


All’Assemblea del Cec partecipa anche il delegato della Comunità di Sant'Egidio Leonardo Emberti Gialloreti. Philippa Hitchen lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. - L’Assemblea si svolge una volta ogni sette anni. La prima assemblea cui ho partecipato era quella di 28 anni fa. Lo scenario del mondo era completamente diverso: c’era un mondo europeo ancora diviso dalla Cortina di ferro, quindi Chiese dell’Est e Chiese dell’Ovest. Oggi la realtà è radicalmente cambiata: oggi ci confrontiamo in un mondo globalizzato fra Nord e Sud. Questo ha portato il Consiglio Ecumenico delle Chiese a dover rispondere a domande radicalmente diverse: se prima doveva, in qualche modo, aiutare cristiani in difficoltà nell’Europa comunista ad avere un contatto e uno sguardo col mondo, oggi il Consiglio Ecumenico delle Chiese deve affrontare delle sfide molto diverse, per esempio i cristiani in difficoltà nei Paesi del Medio Oriente, che sono le difficoltà che nascono da un mondo globalizzato.

D. - Da qui il tema di questa decima Assemblea, concentrata sulla giustizia e la pace…

R. - Sì. Queste assemblee, in questi ultimi anni, si sono in particolare concentrate sull’aspetto della pace. E’ stata vista la pace come una grande domanda, ma allo stesso tempo anche come qualcosa che può unire i cristiani in un impegno comune per il bene del mondo.

D. – E qui in Asia dove ci troviamo, in un Paese diviso, c’è un grande bisogno di riconciliazione e di pace…

R. - Infatti, forse, la caratteristica principale di quest’Assemblea, che la differenzia dalle altre, è proprio il fatto di trovarsi qui in Asia, in un mondo in cui i cristiani non sono maggioranza, ma in alcuni casi e in alcuni Paesi addirittura una piccola minoranza. E qui allora nasce la grande domanda di come i cristiani uniti possano dare una testimonianza molto più forte ad un mondo che aspetta la Parola di Dio.

D. - Da moltissimo tempo, per la Comunità di Sant’Egidio ti occupi dei rapporti con il mondo protestante. Vedi un’apertura crescente verso la riconciliazione?

R. - Naturalmente le divisioni ci sono e la storia non si può cancellare in un momento, ma vedo come - anno dopo anno - attraverso l’incontro personale, attraverso la conoscenza più approfondita sia delle persone, sia anche delle dottrine, delle teologie, questo sta aiutando a superare tante idee che forse erano più pregiudizi che veramente giudizi.

D. - Qui sembra esserci una grande attesa verso Papa Francesco e verso dei possibili progressi nel cammino ecumenico…

R. - Non c’è dubbio che l’elezione di Papa Francesco abbia suscitato grande simpatia sia nel mondo protestante, sia nel mondo ortodosso. Ma va anche detto che questa simpatia è andata crescendo anche nei Pontificati precedenti. Forse vediamo oggi con ancora più chiarezza come il Papa di Roma possa in qualche modo rappresentare cristiani anche di confessioni diverse. Molti qui, in questi giorni, mi dicono di sentirsi rappresentati in qualche modo dal Papa. Questo è un grande segno di unità.

Ultimo aggiornamento: 7 novembre







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