Il rev. Tveit, segretario generale del Cec: costruire ponti in un mondo diviso
Si avvia verso la conclusione la 10.ma Assemblea generale del Consiglio Ecumenico
delle Chiese (Cec), che si sta svolgendo a Busan, nella Corea del Sud, sul tema: ‘Dio
della Vita, portaci alla giustizia e alla pace’. L'evento che riunisce oltre 330 Chiese
cristiane, con la Chiesa cattolica con il ruolo di osservatore, terminerà domani.
Sulle prospettive di questo incontro, Philippa Hitchen ha intervistato il pastore
Olav Fykse Tveit, segretario generale del Cec:
R. – I hope and pray that
this will really be a gathering where we got a new … Spero e prego che questo possa
essere un incontro nel quale abbiamo trovato un nuovo impegno da parte delle Chiese
e dei nostri partner ecumenici nella collaborazione all’interno del Consiglio Ecumenico
delle Chiese, nel rinnovato impegno di lavorare in vista dell’unità tra di noi, per
l’unità, quindi, e per la giustizia e la pace nel mondo. Ho la sensazione - ma queste
sono mie riflessioni – che le mie aspettative sono sempre maggiori e ho sempre maggiore
speranza che questo, ora, possa realizzarsi.
D. – In un certo senso, questo
sottolinea il ruolo multiforme del Cec e conseguentemente anche il suo stesso ruolo.
Lei come si considera? Un leader politico, diplomatico, spirituale … Qual è il nucleo
del Cec, oggi?
R. – I’m a pastor, and I am called to be in this role as a pastor.
… Io sono un pastore, e in questo ruolo rimango un pastore. Questo significa che
noi lavoriamo insieme in quanto Chiese sulla base della nostra fede, sulla base della
nostra chiamata a portare una testimonianza al mondo dell’amore di Dio e del desiderio
di unità, di pace e di giustizia di Dio per tutti. Questo significa che dobbiamo rivolgerci
anche a quelle situazioni in cui c’è divisione non soltanto tra le Chiese, ma dove
le persone stesse sono divise per ragioni politiche o per ragioni diverse, come conflitti,
ingiustizie, ingiustizie economiche, anche, tra ricchi e poveri … Se noi riusciamo
a svolgere il nostro ruolo come costruttori di ponti tra persone divise, allora abbiamo
risposto in parte alla nostra vocazione cristiana e alla chiamata a dare testimonianza.
Non si tratta quindi di un ruolo politico in senso stretto, ma fa parte della nostra
testimonianza al mondo.
D. – La Chiesa è presente qui con una delegazione di
osservatori: essa collabora strettamente attraverso i gruppi di lavoro congiunti,
ed è membro a pieno titolo di “Faith and Order”. Le piacerebbe che la Chiesa cattolica
avesse, in questo ambito, un maggiore supporto ed un più ampio ruolo?
R. –
Yes. Even if I am quiet happy with how strong the participation already is, … Sì.
Anche se sono già pienamente soddisfatto dell’importante partecipazione che già esiste.
I partecipanti cattolici contribuiscono in molti modi, anche in ambiti diversi da
quelli che lei ha menzionato. Ci sono anche membri dello staff che appartengono alla
Chiesa cattolica, inviati dal Vaticano. Dal mio punto di vista, ci troviamo in una
situazione particolare, anche per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa cattolica.
Credo che molti abbiano la percezione che il messaggio che viene da questa Assemblea
è lo stesso messaggio di Papa Francesco, il messaggio che egli vuole portare come
impegno della Chiesa sia a livello internazionale, sia a livello delle Chiese locali.
E io credo che questo dia anche a noi una maggiore ispirazione a riconoscere possibili
campi per una maggiore collaborazione, sia a livello del nostro Consiglio, sia a livello
nazionale.
D. – Di questo avete parlato?
R. – Yes, we have a very good
conversation with the Pontifical Council for promoting … Sì: noi abbiamo buone
relazioni con il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani;
dopo questa assemblea ci incontreremo e parleremo dei programmi del nostro gruppo
di lavoro congiunto. Sono sicuro – per quello che vedo a tutt’oggi – che vorremo rafforzare
questo strumento e farne maggiore uso.
All’Assemblea del Cec partecipa
anche il delegato della Comunità di Sant'Egidio Leonardo Emberti Gialloreti.
Philippa Hitchen lo ha intervistato:
R. - L’Assemblea
si svolge una volta ogni sette anni. La prima assemblea cui ho partecipato era quella
di 28 anni fa. Lo scenario del mondo era completamente diverso: c’era un mondo europeo
ancora diviso dalla Cortina di ferro, quindi Chiese dell’Est e Chiese dell’Ovest.
Oggi la realtà è radicalmente cambiata: oggi ci confrontiamo in un mondo globalizzato
fra Nord e Sud. Questo ha portato il Consiglio Ecumenico delle Chiese a dover rispondere
a domande radicalmente diverse: se prima doveva, in qualche modo, aiutare cristiani
in difficoltà nell’Europa comunista ad avere un contatto e uno sguardo col mondo,
oggi il Consiglio Ecumenico delle Chiese deve affrontare delle sfide molto diverse,
per esempio i cristiani in difficoltà nei Paesi del Medio Oriente, che sono le difficoltà
che nascono da un mondo globalizzato.
D. - Da qui il tema di questa decima
Assemblea, concentrata sulla giustizia e la pace…
R. - Sì. Queste assemblee,
in questi ultimi anni, si sono in particolare concentrate sull’aspetto della pace.
E’ stata vista la pace come una grande domanda, ma allo stesso tempo anche come qualcosa
che può unire i cristiani in un impegno comune per il bene del mondo.
D. –
E qui in Asia dove ci troviamo, in un Paese diviso, c’è un grande bisogno di riconciliazione
e di pace…
R. - Infatti, forse, la caratteristica principale di quest’Assemblea,
che la differenzia dalle altre, è proprio il fatto di trovarsi qui in Asia, in un
mondo in cui i cristiani non sono maggioranza, ma in alcuni casi e in alcuni Paesi
addirittura una piccola minoranza. E qui allora nasce la grande domanda di come i
cristiani uniti possano dare una testimonianza molto più forte ad un mondo che aspetta
la Parola di Dio.
D. - Da moltissimo tempo, per la Comunità di Sant’Egidio
ti occupi dei rapporti con il mondo protestante. Vedi un’apertura crescente verso
la riconciliazione?
R. - Naturalmente le divisioni ci sono e la storia non
si può cancellare in un momento, ma vedo come - anno dopo anno - attraverso l’incontro
personale, attraverso la conoscenza più approfondita sia delle persone, sia anche
delle dottrine, delle teologie, questo sta aiutando a superare tante idee che forse
erano più pregiudizi che veramente giudizi.
D. - Qui sembra esserci una grande
attesa verso Papa Francesco e verso dei possibili progressi nel cammino ecumenico…
R.
- Non c’è dubbio che l’elezione di Papa Francesco abbia suscitato grande simpatia
sia nel mondo protestante, sia nel mondo ortodosso. Ma va anche detto che questa simpatia
è andata crescendo anche nei Pontificati precedenti. Forse vediamo oggi con ancora
più chiarezza come il Papa di Roma possa in qualche modo rappresentare cristiani anche
di confessioni diverse. Molti qui, in questi giorni, mi dicono di sentirsi rappresentati
in qualche modo dal Papa. Questo è un grande segno di unità.