Mons. Bregantini media contro i licenziamenti alla Fondazione Giovanni Paolo II: soddisfazione
per accordo raggiunto
“La Chiesa è vicina. La Chiesa è presente”. Il commento dell’arcivescovo di Campobasso,
Giancarlo Bregantini, alla notizia dell’accordo raggiunto per evitare il licenziamento
di 45 infermieri della Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II, struttura sanitaria
inaugurata nel 2002, già appartenuta all’Università Cattolica, specializzata nella
cardiochirurgia e l’oncologia. Il servizio di Roberta Gisotti:
Una vicenda
umana e professionale che ha coinvolto l’intera comunità ecclesiale e civile molisana,
iniziata già nel 2010 a motivo della crisi economica che ha colpito il settore sanitario
in massima parte dell’Italia. Soddisfazione per l’intesa tra l’amministrazione e tutto
il personale medico e infermieristico che il prossimo anno avrà una ritenuta sullo
stipendio, che verrà poi restituita nel 2016. Tra i fautori di una mediazione solidale
è stato l’arcivescovoGiancarlo Bregantini:
R. - Abbiamo trepidato
molto. Abbiamo creato un coinvolgimento della città in maniera massiccia e inaspettata,
segno di una radicata attenzione e di gratitudine che ormai il territorio ha per questa
struttura voluta anche da Papa Giovanni Paolo II. C’è stato questo momento di crisi
e la manifestazione che abbiamo fatto – anche io sono sceso con loro – non era contro
la struttura, ma per la crescita della struttura e la difesa dei posti di lavoro.
Questo ha favorito un atteggiamento di simpatia da parte di tutte le forze. È stato
un gesto che io temevo non fosse compreso; invece è stato ben capito e appoggiato
ed ha permesso un atteggiamento di grande capacità di armonizzazione attraverso tutte
le vicende umane.
D. - Ma qual è stato l’elemento che ha fatto sì che l’accordo
andasse in porto? Vediamo quante altre mediazioni finiscono invece male …
R.
- Innanzitutto la volontà della Fondazione di non voler licenziare. È stata una minaccia
più di natura finanziaria, quindi di consapevolezza, di maturità in chi ha diretto.
Secondo, la Regione si è coinvolta in pieno fornendo una serie di strumenti che sono
stati perfezionati lungo il tempo e migliorati nella loro capacità attuativa. Terzo,
la disponibilità del mondo del lavoro, specie degli infermieri ma anche di tutti i
medici, a rinunciare a qualcosa con un contratto ben articolato che ha permesso di
dire: “risparmiamo su a,b,c ed investiamo sulla qualità, per poter dare un futuro
alla struttura”. In questo senso la cittadinanza ci è stata vicina, la Chiesa ha organizzato
dei momenti di preghiera, abbiamo dato il nostro appoggio, e va detta anche la verità
delle trattative: io sono stato coinvolto dalla direzione, dalla Regione, e l’essermi
fatto da ponte anche se talvolta con stupore perché le trattative sindacali sono sempre
accese, però alla fine la mediazione del vescovo ha potuto avvicinare di più quasi
tutte le sigle sindacali con un’inaspettata capacità collaborativa, che è stata la
premessa dell’accordo.
D. - Un modello di trattativa che può essere di esempio
ed incoraggiamento in tanti casi analoghi in tempi di crisi economica e ancor più
lavorativa per l’Italia?
R. - Io credo di sì. Il grande segreto che mi ha sempre
aiutato – io vengo dal mondo del lavoro, dalla realtà sindacale, quindi ho acquisito
una lunga esperienza in questo settore – è stata l’intuizione di Papa Giovanni Paolo
II, che nella Laborem Exercens dice: ‘Lottare sempre, però mai lottare contro’.
Noi non abbiamo davanti dei nemici; abbiamo della realtà di dialettica, cioè di posizioni
diverse, ma l’unico cuore che ci unisce è la salvezza del mondo del lavoro. Quando
si lotta in genere si trova una soluzione! L’altro elemento è quello di non voler
tutto subito, ma di rinunciare a qualcosa oggi per averlo domani o comunque per non
perdere tutto. Terzo elemento, la stima reciproca, in modo tale che io non tratto
con persone avversarie, ma sedendomi ad un tavolo, anche se le scintille non mancano,
ci si accorge che il bene che ci unisce - lo diceva Papa Giovanni - è molto di più
delle cose che dividono. In questi momenti faticosi ci sono stati nel mio cuore dei
pomeriggi di grande paura, specialmente quando sono sceso in corteo con loro: temevo
che la gente non mi capisse, mi prendesse come un avversario. Invece, è stata una
forma - potremmo dire - faticosa, ma alla fine positiva, di comprensione di una Chiesa
che non si tira indietro, che non sta alla finestra, ma che davanti a certe situazioni,
deve per forza prendere delle posizioni, quelle dei più deboli, che sono i lavoratori.
Da lì si può ricostruire anche il resto e ripartire per una strada futura.