Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La pagina del Vangelo di Luca di questa domenica
ci mostra Gesù che, nel suo cammino verso Gerusalemme, entra nella città di Gerico.
Questa è l’ultima tappa di un viaggio che riassume in sé il senso di tutta la vita
di Gesù, dedicata a cercare e salvare le pecore perdute della casa d’Israele. Ma quanto
più il cammino si avvicina alla meta, tanto più attorno a Gesù si va stringendo un
cerchio di ostilità.
Eppure a Gerico accade uno degli eventi più gioiosi narrati
da san Luca: la conversione di Zaccheo. Quest’uomo è una pecora perduta, è disprezzato,
e è uno “scomunicato”, perché è un pubblicano, anzi, è il capo dei
pubblicani della città, amico degli odiati occupanti romani, è un ladro e uno sfruttatore.
Bella figura, eh? E’ così.
Impedito dall’avvicinarsi a Gesù, probabilmente
a motivo della sua cattiva fama, ed essendo piccolo di statura, Zaccheo si arrampica
su un albero, per poter vedere il Maestro che passa. Questo gesto esteriore, un po’
ridicolo, esprime però l’atto interiore dell’uomo che cerca di portarsi sopra la folla
per avere un contatto con Gesù. Zaccheo stesso non sa il senso profondo del suo gesto;
non sa perché fa questo, ma lo fa; nemmeno osa sperare che possa essere superata la
distanza che lo separa dal Signore; si rassegna a vederlo solo di passaggio. Ma Gesù,
quando arriva vicino a quell’albero, lo chiama per nome: «Zaccheo, scendi subito,
perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5). Quell’uomo piccolo di statura,
respinto da tutti e distante da Gesù, è come perduto nell’anonimato; ma Gesù lo chiama,
e quel nome, Zaccheo, in quelle lingue di quel tempo, ha un bel significato pieno
di allusioni: “Zaccheo” infatti vuol dire “Dio ricorda”. E’ bello: “Dio ricorda”.
E
Gesù va nella casa di Zaccheo, suscitando le critiche di tutta la gente di Gerico.
Perché anche in quel tempo si chiacchierava tanto, eh? E la gente diceva: “Ma come?
Con tutte le brave persone che ci sono in città, va a stare proprio da quel pubblicano?”
Sì, perché lui era perduto; e Gesù dice: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza,
perché anch’egli è figlio di Abramo» (Lc 19,9). In casa di Zaccheo, da quel
giorno, entrò la gioia, entrò la pace, entrò la salvezza, entrò Gesù.
Non c’è
professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa
cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli. “Dio ricorda”,
sempre, non dimentica nessuno di quelli che ha creato; Lui è Padre, sempre in attesa
vigile e amorevole di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno
a casa. E quando riconosce quel desiderio, anche semplicemente accennato, e tante
volte quasi incosciente, subito gli è accanto, e con il suo perdono gli rende più
lieve il cammino della conversione e del ritorno. Ma guardiamo Zaccheo oggi sull’albero:
è ridicolo, ma è un gesto di salvezza. Ed io dico a te: se tu hai un peso sulla tua
coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non
spaventarti, pensa che Uno ti aspetta, perché mai ha smesso di ricordarti, di pensarti.
E questo è il tuo Padre, è Dio, è Gesù che ti aspetta. Arrampicati, come aveva fatto
Zaccheo; sali sull’albero della voglia di essere perdonato. Io ti assicuro che non
sarai deluso. Gesù è misericordioso e mai si stanca di perdonare. Ricordartelo bene,
eh? Così è Gesù.
Fratelli e sorelle, lasciamoci anche noi chiamare per nome
da Gesù! Nel profondo del cuore, ascoltiamo la sua voce che ci dice: “Oggi devo fermarmi
a casa tua; io voglio fermarmi a casa tua e nel tuo cuore”, cioè nella tua vita. E
accogliamolo con gioia: Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra
in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare della nostra vita un dono d’amore.
Gesù può farlo. Lasciati guardare da Gesù.