Nuove schiavitù: Pontificia Accademia delle Scienze e medici a convegno in Vaticano
L’attuale situazione del traffico di esseri umani e della schiavitù moderna, nonché
un piano d’azione per combatterli. Sono i due principali aspetti al centro di una
Conferenza di due giorni, il 2 e 3 novembre, organizzata in Vaticano dalla Pontificia
Accademia delle Scienze Sociali assieme alla FAIMC (Federazione Mondiale delle Associazioni
Mediche Cattoliche). L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che tra il 2002
e il 2010 sono state circa 21 milioni le vittime del lavoro forzato, inteso anche
come sfruttamento sessuale. Ogni anno circa due milioni di persone sono vittime del
traffico sessuale, il 60% delle quali sono ragazze, mentre il traffico di organi umani
raggiunge quasi l’11% del totale. A ricordare questi agghiaccianti dati è mons.
Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze
Sociali. A Francesca Sabatinelli, che lo ha intervistato, mons. Sorondo spiega
l’origine della Conferenza:
R. - All’origine
di tutto è il Santo Padre che era già a conoscenza di questi problemi. Non appena
eletto, il Papa ci ha ricevuto, noi della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
Nella lettera di ringraziamento inviatagli successivamente, i consiglieri hanno anche
chiesto se desiderasse che ci si occupasse di qualcosa in particolare, e lui, immediatamente,
con la stessa busta ha risposto: “Marcelo, voglio che si studi il problema delle nuove
forme di schiavitù e del traffico delle persone, incluso il problema della vendita
di organi”. Così l’Accademia ha cominciato a lavorare. Abbiamo visto però che era
necessario coinvolgere i medici e quindi abbiamo chiamato i medici cattolici, perché
il presidente della Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche,
José María Simón de Castelví, ha voluto collaborare; e poi anche l’Accademia delle
Scienze, perché le soluzioni possono essere anche di carattere scientifico. Così è
nata l’iniziativa.
D. – Il fenomeno della tratta, o della schiavitù moderna,
viene analizzato sotto quali aspetti?
R. – Sotto ogni aspetto. Quello che vogliamo
è capire la reale estensione del fenomeno, che un po’ già si conosce, ma vogliamo
comunque avere dati più precisi. Vogliamo anche raggiungere un’idea comune per la
Chiesa, per le Conferenze episcopali. Ci sono conferenze episcopali, come ad esempio
quella inglese, o quella del Guatemala, che hanno redatto alcuni documenti, ma credo
che la Chiesa nel suo insieme non abbia sufficiente coscienza del problema. Vogliamo
poi trovare orientamenti concreti: abbiamo chiesto a tutti gli invitati, agli
osservatoricosì come ai relatori, di inviarci proposte concrete ed ora le
stiamo valutando. C’è, ne è una molto interessante presentata da un medico, che suggerisce
di conservare il DNA di bambini scomparsi insieme a quello dei genitori che ne denunciano
la scomparsa e confrontarlo: infatti, la prima cosa che fanno i trafficanti è cancellare
le loro impronte digitali.
D. – Sappiamo che all’origine della tratta ci sono
condizioni di povertà estrema, guerre, conflitti interni... C’è una parte del mondo
che sfrutta tutto questo...
R. – E lo diremo, questo. A cominciare da quegli
stessi Paesi che hanno leggi che fanno il doppio gioco: da una parte parlano di vita
umana, dall’altra le loro stesse istituzioni non vogliono vedere questo problema,
o addirittura lo favoriscono. Per esempio, prendiamo ciò che è accaduto in Bosnia,
che ha coinvolto alcuni americani, e non solo, in un traffico di schiave, denunciato
da una donna americana successivamente licenziata per questo da una sussidiaria dell’Onu
(il caso Kathryn Bolkovac N.d.R.). Per questo motivo, ci è sembrato opportuno coinvolgere
i medici perché anche loro sono compromessi, le istituzioni che dovrebbero difendere
sono quelle più compromesse. Quindi, da una parte ci troviamo davanti ad una situazione
drammatica, non si vuole parlare di questo problema, non si vuol vedere cosa succede;
dall’altra si fa il doppio gioco. Ci sono poi quei Paesi che riconoscono la prostituzione
come un lavoro: anche loro creano il mercato della tratta. In Germania, per esempio,
questo problema è terribile. Ma non solo in Germania, anche in altri Paesi del nord.
Quindi, lo Stato da una parte dice che bisogna intervenire, mentre dall’altra ci guadagna.
Il Papa, fin da quando ancora era arcivescovo, aveva già intuito questo grave problema
sociale che tocca proprio l’anima del mondo sociale, delle scienze sociali. Noi siamo
rimasti colpiti per non averlo capito prima.
D. – A questo punto, con gli atti
di questa conferenza, la Chiesa cosa vuole fare?
R. – Noi vogliamo fare questo
primo incontro; poi ne faremo altri, ma questo è già un primo passo per andare incontro
ai desideri del Papa. Cercheremo di fare del nostro meglio, non pretendiamo di aver
trovato la soluzione al problema, ma almeno è un passo avanti. Noi abbiamo chiesto
alla Santa Sede perché non abbia ancora aderito al Protocollo di Palermo (Protocollo
delle Nazioni Unite sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di
esseri umani, in particolar modo donne e bambini N.d.R.) e ancora non abbiamo avuto
risposta, l’hanno chiesto gli stessi nostri accademici. Vuol dire che non c’è ancora
una politica comune. Sicuramente il Papa vuole mettere chiarezza su queste cose. Bisogna
fare un elogio al Papa: con la sua sensibilità ha riportato noi dell’Accademia - che
discutevamo di cose un po’ astratte - sulla strada concreta della realtà di questa
globalizzazione che porta con sé aspetti terribili tra cui – come egli stesso ha detto
a Lampedusa - l’indifferenza. La gente viene venduta ma a nessuno importa della persona
umana, l’unica cosa che importa sono i soldi, anzi: si fanno soldi con le persone
come si faceva un tempo con la schiavitù, e in un certo modo è ancora peggio! Soprattutto
se consideriamo l’aspetto sessuale, nel quale sono coinvolti e compromessi bambine
ed anche bambini. E’ una delle cose più tragiche del mondo globale, insieme all’immigrazione,
i cui effetti abbiamo visto a Lampedusa.