"Ogni anno,
solo a Milano, arrivano al nostro laboratorio fra i venti e i trenta corpi senza nome.
Settecento, negli ultimi quindici anni. E di questi il dieci per cento resta non identificato.
Dargli un nome è importante non solo ai fini giudiziari, ma soprattutto per motivi
etici e morali". La prof.ssa Cristina Cattaneo, medico legale, direttrice
del Laboratorio di antropologia e odontoiatria forense dell'Università di Milano,
apre uno squarcio su una realtà drammatica, quella dei morti di nessuno. "Purtroppo
la 'livella' di cui parlava Totò esiste a volte anche dopo la morte - spiega - e ci
sono corpi di serie B, che rischiano di restare senza esequie e senza un nome sulla
lapide". "La ricerca dei familiari o dei conoscenti di un corpo non identificato
si può effettuare attraverso la diffusione di un identikit o l'incrocio delle banche
dati con altre che riguardano le persone scomparse. Noi crediamo molto nella divulgazione
di questi dati, dopo molte pressioni il Governo ha anche creato recentemente il Risc,
un sistema informativo con questo scopo, ma deve ancora entrare a regime. E' importante,
con le relative autorizzazioni, mantenere pubbliche queste banche dati informatiche
di cadaveri senza nome, anche se possono sembrare macabre. Infatti non tutte le persone
scomparse sono denunciate come tali, per cui anche il privato - che non ha denunciato
la scomparsa di un proprio caro perché non ne aveva la convenienza o l'opportunità
- dovrebbe poter accedervi". Altra questione urgente è quella dei mancati ricongiungimenti
familiari fra i migranti in viaggio in tutta Europa. "Proprio per questo - spiega
la Cattaneo - abbiamo organizzato per il mese di novembre, con il Comitato internazionale
per la Croce rossa di Ginevra, un convegno tecnico-politico che riflette l'esigenza,
sentita da molti paesi meta di immigrazione, di identificare i corpi dei migranti.
Sono molte, infatti, le persone che tramite associazioni si rivolgono alla Croce rossa
per avere informazioni sui propri parenti o amici in viaggio che non sono mai arrivati
a destinazione, perché temono siano morti durante il tragitto. Anche loro chiedono
l'accesso alle banche dati". (A cura di Fabio Colagrande)