L'Ucsi ricorda 5 donne uccise in Somalia per l'impegno in favore della popolazione
“Le 5 donne di Somalia”: è il titolo del dibattito che, a Roma, ha ricordato la volontaria
Annalena Tonelli, suor Leonella Sgorbati, la giornalista Ilaria Alpi, la dottoressa
Graziella Fumagalli, la crocerossina Maria Cristina Luinetti, che in vicende diverse
hanno dato la vita nell'arco degli ultimi 20 anni nel Paese africano, svolgendo ognuna
la propria professione o vocazione missionaria a favore della popolazione. A promuovere
l’iniziativa è stato il gruppo Lazio dell’Unione Stampa Cattolica Italiana (Ucsi).
Il servizio di Fausta Speranza:
“Chi si impegna
per creare coscienza pubblica del fatto che può esistere una società basata su valori
diventa target di violenza, innanzitutto del terrorismo”. Così Franco Siddi, segretario
generale della Federazione nazionale stampa italiana, ha dato il via al dibattito
ospitato proprio dalla Fnsi. La sociologa Elisa Manna ha sottolineato che normalmente
i media, troppo presi a raccontare un femminile da soubrette, dimenticano donne
come queste impegnate per il bene, in questo caso in un Paese come la Somalia che,
in diversi modi, dal colpo di Stato del 1991 non trova vera pace. Suor Matildina
Galliano delle Suore della Consolata, che ha trascorso diversi anni in Somalia,
racconta il dramma dell'espandersi del fondamentalismo:
“Le difficoltà
sono arrivate quando è cominciata la politica. Poi, il fondamentalismo islamico ha
cominciato a crescere in un Paese dove sono comunque tutti musulmani. Il fondamentalismo
è stato una cosa disastrosa, che ha portato alla rovina: noi non abbiamo mai potuto
dire una parola con la popolazione per quanto riguarda Gesù Cristo. Il vescovo ci
obbligò a mettere il crocifisso sotto l’abito perché quando ci incontravano per strada
ci dicevano 'cristiani, cristiani' in modo dispregiativo.”
Suor Matildina
ha conosciuto la volontaria Annalena: ne ricorda in particolare l'impegno contro la
pratica delle mutilazioni genitali femminili e la gioia evangelica di spendersi per
il prossimo. La fede torna nell'impegno di Suor Leonella e di altre delle donne citate.
Laica invece la passione per la verità della giornalista Ilaria Alpi. A ricordarla,
la collega di Rainews Elisa Marincola che ha sottolineato la sua grande professionalità
e l'importanza della sua inchiesta contro gravi contaminazioni ambientali e alcune
deviazioni dei meccanismi della cooperazione internazionale. Per tutte, si ricorda
l'obiettivo di contribuire a una società migliore. Miela Fagiolo D’Attilio ha scritto
un libro dedicato alla volontaria Tonelli, ricordandone alcuni insegnamenti dai quali
emerge la consapevolezza del rischio della morte. Ma dopo anni di sangue versato,
in Somalia sembra aprirsi uno spiraglio di luce, come ci spiega Silvio Tessari
della Caritas italiana:
R. – Con un cauto ottimismo si può affermare che
c’è un certo miglioramento: dal settembre dell’anno scorso, quando è stato eletto
il nuovo presidente della Repubblica, che ha un vasto consenso, indubbiamente la situazione
è un po’ migliorata. C’è una piccola avvisaglia positiva: l’amministratore apostolico
di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, monsignor Giorgio Bertin, è potuto recarsi quest’anno
ben 4 volte a Mogadiscio per vedere quel po’ che la Caritas Somala, nonostante tutto,
è riuscita a fare con piccoli gruppi. Ha anche avuto contatti con alcuni ministri,
i quali non vedono l’ora che la situazione si calmi dopo 20 anni e più di confusione
e violenze. C’è una certa speranza. Penso si possa condividere questa speranza, si
possa auspicare che le cose migliorino veramente.
D. – Cosa dire del controllo
del territorio e soprattutto della lotta contro il fondamentalismo?
R. – Il
controllo del territorio è ancora incompleto, a macchia di leopardo: ci sono zone
in mano ai banditi, i famosi shaabab ma non solo loro. È chiaro che dove non
c’è una presenza istituzionale, anche dal punto di vista della sicurezza, il banditismo
ha via libera. Bisogna aiutare il governo attuale – e naturalmente la comunità internazionale
dovrebbe aiutarlo – a mantenere il controllo del territorio. È il minimo che bisogna
chiedere a un governo. In quanto al fondamentalismo, è un "buco nero": è presente
in Somalia, anche se i somali non sono di tendenza fondamentalista. Quindi, c’è una
presenza tenuta su molto probabilmente dall’estero, da forze esterne, perché il fondamentalismo
pesca nel torbido, pesca nella violenza, nelle sequele della siccità che fino all’anno
scorso hanno colpito moltissimo la Somalia. Credo, però, che se tornasse la pace,
dopo 20 anni di anarchia, anche il fondamentalismo avrebbe poca vita.