Appello del Papa per la pace in Iraq. Il card. Tauran annuncia la nascita di un comitato
interreligioso
Invito del Papa alla preghiera per l’Iraq, teatro di quotidiane azioni violente, cosi
come ha sottolineato Francesco al termine dell’udienza generale di ieri, prima di
salutare una delegazione di rappresentanti di diversi gruppi religiosi iracheni, presenti
alla riunione organizzata a Roma dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso
con le sovrintendenze sciita, sunnita, cristiana, yazida e sabea del Ministero iracheno
per gli Affari religiosi. Il servizio di Roberta Gisotti:
Siete “la ricchezza
del Paese” ha detto Papa Francesco ai rappresentanti religiosi iracheni, accompagnati
dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Dicastero vaticano per il dialogo
interreligioso, che ha promosso questo primo incontro tra diversi credi in un Paese
non ancora rappacificato ad oltre 10 anni dall’inizio della cosiddetta ‘seconda guerra
del Golfo’, che ha causato tra i 100 e i 150 mila morti, un milione mezzo di rifugiati,
la fuga di circa la metà dei cristiani, intorno ai 500 mila. Questo l'appello del
Papa:
“Vi invito a pregare per la cara nazione irachena purtroppo colpita
quotidianamente da tragici episodi di violenza, perché trovi la strada della riconciliazione,
della pace, dell’unità e della stabilità”.
E, un saluto particolare il
Papa ha voluto rivolgere anche ai pellegrini iracheni presenti in Piazza San Pietro:
“Quando
sperimentate insicurezze, smarrimenti e perfino dubbi nel cammino della fede cercate
di confidare nell’aiuto di Dio, mediante la preghiera filiale, e, al tempo stesso,
di trovare il coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri. Quanto è bello sostenerci
gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della fede! Il Signore vi benedica”.
Ma
quali sono stati gli obiettivi e gli esiti della riunione di rappresentanti religiosi
iracheni, che si è conclusa stamane con una dichiarazione comune? Lo abbiamo chiesto
al cardinale Jean-Louis Tauran:
R. - La riunione aveva come scopo principale
la creazione di un ‘Comitato’ - il nome non è ancora deciso - per il dialogo interreligioso,
una struttura che abbia degli appuntamenti regolari in modo da favorire questa armonia
di cui il Paese ha tanto bisogno. Quindi è una cosa molto importante e pubblicheremo
anche un comunicato, dove si parla della nascita di questa nuova struttura di dialogo,
perché speriamo che così si capisca che il dialogo interreligioso è anche un bene
per l’intera società, perché mettiamo insieme tutto ciò che abbiamo in comune, musulmani
e cristiani, a disposizione della società. La religione non è da temere, la religione
è una ricchezza!
D. - Quindi una sorta di ‘comitato di saggi’: qual è stato
il clima di questa riunione?
R. - Un clima di grande cordialità e di amicizia.
Infatti non abbiamo avuto alcun problema per la redazione del comunicato finale. Direi
che ciò lascia sperare bene.
D. - I punti salienti di questo comunicato?
R.
- Sarà, prima di tutto, l’insistenza sui valori comuni che abbiamo - quindi la famiglia,
la scuola, la giustizia, la pace - e poi anche la creazione di questa struttura di
dialogo, che si incontrerà alternativamente un anno a Roma e un anno in Iraq.
D. - Questo comitato avrà la possibilità anche poi di interfacciarsi e di
dialogare con le autorità politiche e istituzionali?
R. - No, questa è un’altra
cosa: rimane una struttura di dialogo interreligioso e non politico.
D. -
Sappiamo che la comunità cristiana ha sofferto fortemente e che si è dimezzata in
questi dieci anni. Si è parlato anche di questo?
R. - Sì, abbiamo parlato di
questo. Ma loro dicono che - e me lo ripeteva anche il capo della delegazione – che
tutti questi attentati non sono fatti da iracheni, ma sono fatti da mercenari. Loro
dicono: “Noi con i cristiani non abbiamo alcun problema; siamo sempre vissuti assieme”.
Insistono molto sul fatto che la violenza non è fatta dagli iracheni, ma viene importata.
D. - Quindi bisognerà lavorare proprio per la riconciliazione umana di questa
popolazione…
R. - Certo, certo! Se non c’è l’amicizia e il rispetto, cosa possiamo
fare?