Referendum non ufficiale nella regione di Abyei contesa fra Nord e Sud Sudan
“Inaccettabile e irresponsabile”: così l’Unione africana condanna il referendum organizzato
dalla società civile nella regione petrolifera di Abyei, contesa fra Sudan e Sud Sudan,
per decidere da che parte stare. Per capire il significato di questa vicenda nel processo
di normalizzazione dei rapporti tra Nord e Sud Sudan dalla separazione del 2009, Fausta
Speranza ha parlato con Aldo Pigoli, docente di storia dell’Africa contemporanea
all’Università Cattolica di Milano:
R. – Sicuramente
va interpretato sotto due profili, di cui uno più locale, nei rapporti di tipo politico-sociale
ma anche economico, che da sempre ci sono tra le varie popolazioni, che abitano l’area,
caratterizzate anche da dispute e contese di lunga data; e l’altro è un livello più
macro: quello dei rapporti tra Sudan e Sud Sudan, che proprio sulla questione su come
gestire il territorio conteso appunto, quello di Abyei, da sempre sono in disputa
e in contrapposizione. E per “da sempre” intendo da quando, nel 2005, si è iniziato
a parlare di sviluppo di due Sudan, che poi si è manifestato con l’indipendenza del
Sud Sudan e la secessione nel 2011. I livelli, quindi, a questo punto, sono duplici:
locale e internazionale di gestione di un territorio conteso da due Paesi.
D.
– Non si tratta soltanto di questo territorio, ma anche della gestione del petrolio
e di altri fattori che stanno accompagnando faticosamente questo processo di normalizzazione
tra Nord e Sud Sudan...
R. – Certamente la questione del petrolio è quella
più evidente, ma anche dal più alto impatto strategico. La regione contesa, oggetto
di questo referendum, è una regione ricca di risorse petrolifere, sfruttate da diversi
anni. Con la secessione del Sud Sudan, il Sudan, con capitale Karthoum, ha perso gran
parte delle sue ricchezze. I proventi dell’estrazione petrolifera e delle relative
esportazioni erano il fondamento dell’economia sudanese. Aver perso l’accesso diretto,
il controllo diretto, a gran parte dei giacimenti petroliferi e delle rendite collegate
ad esso è sicuramente un fattore di svantaggio, che ha caratterizzato l’evoluzione
politico-economica interna del Sudan, di Karthoum, negli ultimi anni. Ci sono poi
le questioni della definizione dei confini, con tutte le dinamiche appunto socio-politiche
locali. Il problema che da sempre si è posto dal 2011 in poi è che ogni passo può
determinare un precedente, che potrebbe venire utilizzato o meno anche per altri Stati
africani, che condividono con il Sud la storia dei rapporti tra Sud Sudan e Sudan
e tutta la serie di analogie. Ricordiamoci che molti Paesi africani devono il loro
territorio, i loro confini, alla definizione in epoca coloniale delle varie colonie
da parte delle potenze europee, che poi è rimasta quasi intonsa una volta che i Paesi
africani hanno ottenuto l’indipendenza. Con tutte le problematiche, quindi, ad esso
collegate.
D. – Dal punto di vista geopolitico, questo territorio così grande
che comprende Nord e Sud Sudan, che sfida rappresenta?
R. – Se consideriamo
il Sudan nel suo insieme, era fino al 2011 lo Stato più vasto a livello territoriale
dell’intero continente africano, e strategico, perché posto in posizione appunto centrale,
ma collegata anche a diverse aree. Quindi, sicuramente di grande impatto strategico.
Ora bisogna considerare due Paesi, con le loro problematiche differenti. Non a caso
il Sud Sudan è sempre più integrato con Paesi dell’area dell’Africa orientale, in
primis il Kenya, ma anche l’Etiopia. Strategicamente, quindi, geopoliticamente, questo
territorio andrà incontro a notevoli evoluzioni.