Il Papa: la speranza cristiana è dinamica e dona vita, liberiamoci da comodi clericalismi
La speranza non è ottimismo, ma “un’ardente aspettativa” verso la rivelazione del
Figlio di Dio. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di martedì mattina
alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che i cristiani devono guardarsi da clericalismi
e atteggiamenti comodi, perché la speranza cristiana è dinamica e dona vita. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
Cos’è la speranza
per un cristiano? Papa Francesco ha preso spunto dalle parole di San Paolo, nella
Prima Lettura, per sottolineare la dimensione unica della speranza cristiana. Non
si tratta di ottimismo, ha avvertito, ma di “un’ardente aspettativa” protesa verso
la rivelazione del Figlio di Dio. La creazione, ha detto, è “stata sottoposta alla
caducità” e il cristiano vive dunque la tensione tra la speranza e la schiavitù. “La
speranza – ha detto riecheggiando San Paolo – non delude, è sicura”. Tuttavia, ha
riconosciuto, “non è facile capire la speranza”. Alcune volte, ha affermato, “pensiamo
che essere persone di speranza sia come essere persone ottimiste”. Ma non è così:
“La
speranza non è un ottimismo, non è quella capacità di guardare le cose con buon animo
e andare avanti. No, quello è ottimismo, non è speranza. Né la speranza è un atteggiamento
positivo davanti alle cose. Quelle persone luminose, positive... Ma questo è buono,
eh! Ma non è la speranza. Non è facile capire cosa sia la speranza. Si dice che è
la più umile delle tre virtù, perché si nasconde nella vita. La fede si vede, si sente,
si sa cosa è. La carità si fa, si sa cosa è. Ma cosa è la speranza? Cosa è questo
atteggiamento di speranza? Per avvicinarci un po’, possiamo dire in primo che la speranza
è un rischio, è una virtù rischiosa, è una virtù, come dice San Paolo ‘di un’ardente
aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio’. Non è un’illusione”.
Avere
speranza, ha soggiunto, è proprio questo: “essere in tensione verso questa rivelazione,
verso questa gioia che riempirà la nostra bocca di sorrisi”. San Paolo, ha detto ancora,
tiene a sottolineare che la speranza non è ottimismo, “è di più”. E’ “un’altra cosa
differente”. I primi cristiani, ha rammentato il Papa, la “dipingevano come un’ancora:
la speranza era un’ancora, un’ancora fissa nella riva” dell’Aldilà. E la nostra vita
è proprio camminare verso quest’ancora:
“Mi viene a me la domanda: dove
siamo ancorati noi, ognuno di noi? Siamo ancorati proprio là nella riva di quell’oceano
tanto lontano o siamo ancorati in una laguna artificiale che abbiamo fatto noi, con
le nostre regole, i nostri comportamenti, i nostri orari, i nostri clericalismi, i
nostri atteggiamenti ecclesiastici, non ecclesiali, eh? Siamo ancorati lì? Tutto comodo,
tutto sicuro, eh? Quella non è speranza. Dove è ancorato il mio cuore, là in questa
laguna artificiale, con comportamento ineccepibile davvero…”
San Paolo,
ha aggiunto, indica poi un’altra icona della speranza, quella del parto. “Siamo in
attesa – ha osservato – questo è un parto. E la speranza è in questa dinamica”, di
“dare vita”. Ma, ha aggiunto, “la primizia dello Spirito non si vede”. Eppure so che
“lo Spirito lavora”. Lavora in noi “come se fosse un granello di senape piccolino,
ma dentro è pieno di vita, di forza, che va avanti” fino a diventare albero. Lo Spirito
lavora come il lievito. Così, ha aggiunto, “lavora lo Spirito: non si vede, ma c’è.
E’ una grazia da chiedere”:
“Una cosa è vivere nella speranza, perché nella
speranza siamo salvati e un’altra cosa è vivere come buoni cristiani, non di più.
Vivere in attesa della rivelazione o vivere bene con i comandamenti, essere ancorati
nella riva di là o parcheggiati nella laguna artificiale. Penso a Maria, una ragazza
giovane, quando, dopo che lei ha sentito che era mamma è cambiato il suo atteggiamento
e va, aiuta e canta quel cantico di lode. Quando una donna rimane incinta è donna,
ma non è mai (solo) donna: è mamma. E la speranza ha qualcosa di questo. Ci cambia
l’atteggiamento: siamo noi, ma non siamo noi; siamo noi, cercando là, ancorati là”.
Il
Papa ha, quindi, concluso l’omelia rivolgendosi ad un gruppo di sacerdoti messicanipresenti alla Messa, in occasione del 25.mo di ordinazione. Chiedete alla Madonna,
Madre della speranza, ha detto, che i vostri anni “siano anni di speranza, di vivere
come preti di speranza”, “donando speranza”.