2013-10-29 14:17:40

Il card. Braz de Aviz: cultura del provvisorio sollecita formazione cristiana continua


“Fedeltà e perseveranza vocazionale in una cultura del provvisorio”, questo il titolo della Giornata di studio che si è tenuta ieri presso la Pontificia Università Antonianum a Roma. Ad aprire i lavori, ieri mattina, l’intervento del cardinale Joao Braz de Aviz, che ha sottolineato quanto sia importante il ruolo della formazione, che dura dalla nascita alla morte, per superare le crisi vocazionali. Elvira Ragosta lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. - Io penso alla Chiesa e anche alle istituzioni dentro la Chiesa, in questo periodo così importante che è quello della formazione basica delle varie vocazioni: non solo nel senso delle vocazioni - diciamo - di vita consacrata, ma le vocazioni intese in modo molto più ampio. C’è nella base una chiamata di Dio, c’è un’attrazione che Dio esercita col suo amore su una persona e c’è dopo la risposta di questa persona sia individuale, sia anche attraverso i mezzi che Dio fornisce, che la Chiesa fornisce e che le istituzioni nella storia della Chiesa forniscono. E lì, in questo adeguamento di queste cose, bisogna stare attenti perché il provvisorio è un po’ la caratteristica del nostro tempo, dove niente è definitivo e tutto è per un tempo: “Finché questo mi piace, finché questo mi dà felicità…”. E questo in sé non è negativo: io cerco nel momento presente una realizzazione totale. Però, noi sentiamo che c’è qualcosa che si rompe in questa posizione, in quanto non si trova più questa fedeltà che è capace di dare di ritorno a una fedeltà di Dio, perché la fedeltà è soprattutto quella di Dio, dare una risposta di fedeltà anche dell’uomo. Questo è qualcosa che noi dobbiamo approfondire: dobbiamo vedere come ritornare, stando attenti ad una fedeltà che possa continuare nel tempo in modo positivo, ma anche con la felicità del cuore. In questo senso, quindi, l’esperienza di Dio, l’esperienza di Dio amore, ma anche l’esperienza del cambiamento dei rapporti tra di noi.

D. - Lei faceva riferimento a due fondamenti: al fascino di Dio che chiama Francesco e Chiara di Assisi…

R. - Sono giovani che hanno messo la centro del loro cuore questa risposta alla propria vocazione. Su di loro sicuramente Dio ha esercitato un’attrazione fortissima, come fa su coloro che sono chiamati. Lì pensiamo sempre, di nuovo, che al centro della nostra formazione, in tutti i momenti della nostra vita - ma in modo speciale nella formazione di base, che deve poi continuare - c’è la Parola di Dio. La Parola di Dio è amica dell’uomo, la Parola di Dio è vicina, non è lontana, la Parola di Dio non ci impone pesi ma ci dà condizioni di felicità. Però, se non è vissuta totalmente, se non è vissuta con impegno costante, può darsi che parte della nostra vita aspiri a un’altra condizione che non è quella della Parola di Dio. E questo crea difficoltà. Anche il magistero della Chiesa: il magistero della Chiesa esprime un dialogo costante con la storia, con le persone, che porta anche una luce sulle cose, la luce di Dio sulle cose. C’è questo magistero che va sempre crescendo e che è per noi fonte di sapienza. Queste sono due colonne che noi non possiamo perdere. Oggi, vediamo anche che bisogna come ricostituire certe cose fondamentali nel cammino. Non possiamo più perdere tutta la nostra vita - diciamo - amministrando opere delle quali non diamo più conto, non siamo più capaci… Abbiamo bisogno di stare proprio all’essenziale, che è questo rapporto con Dio, questo dialogo costante con Dio, questo essere nel Signore risposta, a quello che Lui ci chiama, con gli altri però vivendo questo in maniera adeguata anche alla felicità che Dio dà: ricomponendo cioè anche i nostri rapporti.

Ultimo aggiornamento: 30 ottobre







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