Centrafrica: a Bouar scontri tra milizie locali e soldati ex-ribelli
Si è conclusa con almeno 12 morti e un numero imprecisato di feriti l’ultima ondata
di violenza nella città occidentale di Bouar. Fonti di stampa locale hanno riferito
che alle prime ore del giorno di sabato, uomini delle milizie chiamate anti-balakas
(anti-machete) pesantemente armati hanno accerchiato la località di 40.000 abitanti,
vitale per il commercio con il vicino Camerun. Bouar, 400 km da Bangui, viene considerata
vicina all’ex presidente François Bozizé, destituito con un colpo di Stato della coalizione
ribelle Seleka lo scorso 24 marzo, e sostituito da Michel Djotodia. Le componenti
di queste milizie di autodifesa, create da contadini e giovani per proteggersi dai
ribelli, si sono scontrati alle porte di Bouar, in particolare nella zona dell’aerodromo.
In tutto tra 300 e 500 uomini delle milizie hanno combattuto contro soldati dell’esercito,
costituito in parte da ex-combattenti Seleka integrati nelle forze armate regolari,
causando la fuga di più di 6000 civili rifugiati in una chiesa locale. Nelle ultime
settimane - riferisce l'agenzia Misna - la situazione sul piano della sicurezza si
è gravemente deteriorata anche a Bouar dove gruppi di ribelli che si rifiutano di
disarmare continuano a uccidere, rubare e saccheggiare, spingendo la popolazione ad
organizzarsi in milizie. Fonti locali hanno confermato che gli anti-balakas hanno
soprattutto colpito esponenti della comunità musulmana, alla quale appartiene la maggioranza
dei membri della Seleka e il presidente Djotodia, in un Paese a maggioranza cristiana.
A sette mesi dal colpo di Stato, le nuove autorità di transizione non riescono a ristabilire
l’ordine nell’ex colonia francese. Se la situazione è in via di miglioramento a Bangui,
la capitale, soprattutto grazie al dispiegamento di soldati di altri Paesi africani,
si è invece deteriorata nelle regioni occidentali e settentrionali, aggravando ulteriormente
la crisi umanitaria. Dicendosi “preoccupati” per il numero crescente di violenze intercomunitarie
e interreligiose, i capi di Stato e di governo dei dieci Paesi membri della Comunità
economica dell’Africa centrale (Ceeac) hanno ordinato il disarmo forzato dei ribelli,
e se necessario con la forza, oltre ad aver chiesto un potenziamento dei mezzi finanziari
e logistici per dispiegare altri soldati in tutte le regioni. Sulla carta nelle prossime
settimane il Consiglio di sicurezza potrebbe decidere di far passare la missione africana
(Misca) di 2500 uomini, già dispiegata, sotto il comando dell’Onu. (R.P.)