Siria, villaggi cristiani e moschee obiettivi di attacchi. Mons. Hobeika: il Papa
ci è vicino
Non si ferma la violenza in Siria. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, sono
115 mila i morti e 5 milioni gli sfollati dall’inizio del conflitto interno nel 2011.
Sul fronte diplomatico, continuano gli incontri per la cosiddetta “Ginevra 2”, ovvero
la Conferenza di pace prevista per il mese prossimo. Intanto, proseguono gli scontri
anche Tripoli, nel nord del Libano, tra sostenitori e oppositori del regime di Bashar
al-Assad. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
In Siria, si
continua a combattere mentre gli attentati colpiscono chiese e moschee. Terroristi
nelle ultime 24 ore hanno devastato uno dei sobborghi di Damasco. A Wadi Barada, zona
controllata dai ribelli, un autobomba è esplosa davanti ad una moschea: 40 i morti.
Assediati da cinque giorni, da fondamentalisti islamici, i villaggi cristiani di Sadad
e Hofar, situati nella regione di Qalamoun. E gruppi armati curdi avrebbero conquistato
un posto di frontiera nella Siria orientale al confine con l'Iraq, controllato da
jihadisti dell'opposizione. Intanto, la tv di Stato ha annunciato l'uccisione di Abu
Mohammed al-Jawlani, leader del Fronte al-Nusra, organizzazione che combatte tra le
fila dei ribelli ritenuta vicina ad al-Qaeda, notizia prontamente smentita dai rivoltosi.
In questo scenario Unicef, Oms e altri partner, hanno avviato nel Paese una campagna
di vaccinazioni su larga scala con l’obiettivo di proteggere il maggior numero possibile
di bambini contro polio e altre malattie. Drammatica la condizione economica in Siria:
secondo le Nazioni Unite, metà della popolazione vive in estrema povertà. Migliaia
i profughi in fuga, molti sono diretti e ospitati in Libano, dove però, a nord a Tripoli,
si registrano ancora scontri tra sostenitori e oppositori del regime siriano di Bashar
al-Assad. Sul fronte diplomatico si continua comunque a lavorare al summit “Ginevra
2”. Intanto, è arrivato a Teheran l'inviato speciale di Lega Araba e Onu per la crisi
siriana, Lakhdar Brahimi, per incontrare il ministro degli Esteri, Mohammad Javad
Zarif. Al centro del faccia a faccia proprio la Conferenza di pace prevista per il
mese prossimo.
Sugli scontri che si stanno verificando in Libano in relazione
alla crisi siriana, Massimiliano Menichetti ha intervistato mons. Mansour
Hobeika, vescovo di Zahleh dei Maroniti:
R. – Esiste
il pericolo che gli scontri si estendano a tutto il Paese. Il fatto più pericoloso
ancora è la presenza massiccia dei siriani in Libano, con Hezbollah, che è sciita
ed è attivo in Siria. Questa situazione è forse presagio di scontri tra sunniti e
sciiti in Libano.
D. – Molte persone scappano dalla Siria: quindi, ci sono
persone che hanno bisogno di aiuto, ma ci sono anche persone che potrebbero creare
problemi. Perché?
R. – Possono essere utilizzati come milizie, perché un gran
numero di questi è addestrato a usare le armi – sono militari o ex-militari – e quindi
il pericolo è reale.
D. – Qual è il pericolo maggiore che vede il Libano? Qual
è la paura?
R. – Se dovesse scoppiare una guerra tra sciiti e sunniti in Libano,
questo avrebbe una rilevanza sulle regioni cristiane e sulla pace del Paese. Il Paese
è piccolo e se queste due grandi comunità musulmane litigassero tra loro, il pericolo
riguarderebbe anche i cristiani.
D. – Voi cosa state facendo? La Chiesa, come
è impegnata? E qual è il suo auspicio?
R. – L’impegno della Chiesa, adesso,
è sollevare il morale dei cristiani, perché hanno perso la speranza nell’avvenire
e cercano di lasciare il Libano. Dunque, dobbiamo risollevare un po’ il morale e ribadire
che dobbiamo fare insieme. Anche oggi c’è una riunione alla quale prende parte il
presidente della Repubblica, che è maronita, insieme a tutti i patriarchi e vescovi,
i rappresentanti politici cristiani: tutti insieme, non solo libanesi, ma di tutto
il Medio Oriente. Questa riunione ha lo scopo di ribadire che non lasceremo il Paese,
anche se il pericolo è reale, e di ricordare che questo pericolo, ora, non è maggiore
di quello che abbiamo finora conosciuto in Libano. Questo discorso vuole contribuire
a rafforzare l’unità tra i cristiani e, appunto, a risollevare il loro morale.
D.
– Cosa serve al Libano e alla Siria per avere la pace?
R. – Arrivare alla pace
in Siria sarà una cosa difficile e lunga. Sarà possibile se i Paesi, i referenti internazionali,
vorranno collaborare. Quello che in Libano ci pone in una situazione un po’ migliore
passa anzitutto dal ritiro degli sciiti di Siria, dal fatto che le milizie di Hezbollah
si ritirino dalla Siria: in questo modo il problema tra sciiti e sunniti in Libano
diventerà meno bruciante. Il secondo punto è che il governo libanese deve istituire
campi profughi per i profughi siriani che sono in Libano, per mantenere l’ordine.
D.
– Molti sono stati gli appelli del Papa affinché cessi la violenza. Il Pontefice ha
anche espresso direttamente la sua vicinanza alle situazioni di conflitto in Siria
e nei Paesi vicini…
R. – Noi sappiamo che lui è preoccupato per la nostra situazione.
Ha fatto e farà tutto quello che è possibile fare da parte della Chiesa. La sua figura
risveglia molte speranze in Libano e in Siria, il suo impegno porterà frutti.