Accordo sull'immigrazione al Vertice UE di Bruxelles. Letta: "conclusioni sufficienti
rispetto alle aspettative"
Al Consiglio europeo che si è concluso oggi, è stato raggiunto l'accordo sul tema
dell'immigrazione. I 28 si sono impegnati ad "azioni determinate" seguendo tre principi:
prevenzione, protezione e solidarietà e hanno espresso l’intenzione di condividere
la responsabilità sulla questione con i Paesi maggiormente colpiti. ''Le conclusioni''
in materia di immigrazione ''sono sufficienti rispetto alle aspettative'', il commento
del premier, Enrico Letta, che ha continuato: ''Consideriamo importante il fatto che
abbiano incorporato il concetto di solidarietà, che non era scontato. Ma sull’esito
del Consiglio, sentiamo da Bruxelles, Laura Serassio:
Seconda e ultima
giornata di lavori del Vertice dedicata al tema dell’immigrazione. Gli 8 Paesi del
Sud Europa, in testa l’Italia, affiancata tra gli altri da Spagna e Francia, ottengono
due parole chiave nel testo conclusivo del Summit: solidarietà e distribuzione delle
responsabilità. Un esito positivo, secondo il Premier Enrico Letta: “il tema dei flussi
diventa finalmente europeo”, commenta, ma guarda già a dicembre, perché solo se seguiranno
azioni concrete allora ci si potrà dire davvero soddisfatti. La task force per il
Mediterraneo, che si è riunita ieri per la prima volta, porterà sul tavolo dei 28
uno studio su come migliorare Frontex, l’agenzia europea per il pattugliamento delle
frontiere, ma gli Stati membri iniziano a dimostrare una certa apertura: l’Olanda
ha già fatto sapere che destinerà nuovi mezzi aerei all’agenzia, la Francia si è detta
pronta a fornire più risorse e la Cancelliera tedesca parla di misure a corto termine
necessarie. Frena, invece, sulla discussione a lungo termine, quella per modificare
le regole dell’asilo, che sarà sul tavolo solo l’anno prossimo e su cui si dice scettica.
Sull’altro grande tema di questo Vertice, la questione dello spionaggio americano,
i 28 hanno confermato il gruppo di lavoro proposto dal duo franco-tedesco, per collaborare
con le autorità statunitensi a un codice di condotta dei servizi segreti, pensato
per le attività oltreoceano, ma che valga anche per quello che avviene nel nostro
continente.
Dell'azione comune dell’Europa sul fronte immigrazione, Fausta
Speranza ha parlato con Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento
federativo europeo:
R. – Innanzitutto
diciamo: finalmente! Negli ultimi anni ci sono stati 20 mila morti e finalmente si
arriva a stabilire una road map sull’immigrazione. Certamente bisogna rafforzare
le strutture "Frontex" ed Eurosur. I governi devono uscire dalla miopia e rafforzare
nel concreto queste strutture. E poi, però, bisogna seguire delle politiche, simili
a quelle, per esempio, che facemmo con l’Albania, cioè degli accordi con i Paesi rivieraschi,
in modo tale da far sì che il problema venga risolto a monte, e non soltanto quando
i barconi sono nel Mediterraneo.
D. – Ci volevano i morti, purtroppo, per arrivare
a questo vertice...
R. – Ci volevano molti morti, purtroppo. Credo che i governi
abbiano mostrato in questo, non soltanto miopia, ma un’incapacità di visione, nel
governare questi problemi, assolutamente scandalosa.
D. – Adesso si dovrebbe
fare un passo in avanti, ma facciamo anche un po’ di storia. In passato, c’è stato
disinteresse ma ci sono stati anche dei tentativi di politiche sul Mediterraneo che
sono falliti...
R. – E’ dagli anni ’60 che l’Europa avvia delle politiche:
la prima era una politica mediterranea globale, poi rinnovata; poi gli accordi di
associazione; poi il partenariato con il Mediterraneo; poi l’Unione per il Mediterraneo.
Ma nulla di questo ha prodotto qualcosa di serio, anzi negli accordi che noi abbiamo
fatto, abbiamo guadagnato noi, ma non hanno guadagnato questi Paesi. Quando è scoppiata
la cosiddetta "Primavera Araba", la reazione dell’Europa globalmente è stata assolutamente
inadeguata e abbiamo quindi contribuito, in qualche modo, affinché queste primavere
si avviassero all’autunno e poi all’inverno. C’è da fare molto da questo punto di
vista. C’è da fare molto per aiutare i giovani, per esempio fare un "Erasmus" anche
con i Paesi del Mediterraneo; aiutare l’imprenditoria giovanile; aiutare una certa
mobilità regolare di questi giovani in Europa; non dare contributi ai governi ma piuttosto
alle organizzazioni della società civile; i partiti e i sindacati dovrebbero in qualche
modo rafforzare i loro legami con le realtà di questi Paesi, inserendosi nelle organizzazioni
di partito e sindacali di questi Paesi. Insomma, non c’è soltanto una responsabilità
di governi, ma c’è una responsabilità della società europea, che si deve fare carico
di relazioni diverse con i Paesi dall’altra parte del Mediterraneo.
D. – Quali
sono stati i punti di maggiore divisione dell’Europa sul Mediterraneo? Evidentemente
se non si è arrivati ad una politica comune è perché c’erano punti di vista diversi...
R.
– Primo motivo è che ciascun Paese ha ritenuto che la politica estera fosse un affare
esclusivamente nazionale. Ciascuno, quindi, ha gestito le relazioni di questi Paesi
soltanto in una dimensione nazionale e qualche volta anche post coloniale. In secondo
luogo, perché non abbiamo mai avuto una posizione chiara e netta comune sulla questione
del conflitto arabo-israeliano e quindi non abbiamo contribuito affinché si facessero
passi avanti da questo punto di vista. In terzo luogo, perché l’Europa, per molti
anni, ha dato la priorità ad una dimensione che era quella dell’Europa centrale ed
orientale, dimenticando la dimensione mediterranea. E, in quarto luogo, perché noi
stiamo trattando in maniera assolutamente inadeguata la questione dei negoziati con
la Turchia, che evidentemente, da questo punto di vista, è un Paese chiave, cerniera,
per le nostre relazioni con il Mediterraneo.