Convegno internazionale a Roma su "I Vangeli: storia e cristologia. La ricerca di
Joseph Ratzinger"
Studiosi di fama internazionale intervengono al simposio “I Vangeli: storia e cristologia.
La ricerca di Joseph Ratzinger”, che si tiene presso la Pontifica Università Lateranense
ed è promosso dalla Fondazione vaticana “Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”. Sono oltre
450 gli iscritti provenienti da oltre 100 università di tutto il mondo. Sabato mattina
in Vaticano, Papa Francesco consegnerà il premio “Ratzinger” al teologo tedesco Christian
Schaller e al ministro della Comunione anglicana Richard Burridge, decano del King's
College di Londra. Al centro della prime due giornate di lavori (24 e 25 ottobre)
la ricerca sul Gesù dei Vangeli e la teologia in questi contenuta. Il terzo giorno
sarà affrontata la proposta del Gesù di Nazareth di Benedetto XVI. Debora Donnini
ha intervistato uno dei relatori, padre Bernardo Estrada, professore di
Nuovo Testamento presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma e consigliere
del Comitato scientifico del Simposio:
R. – Prendendo
spunto dalla ricerca di Joseph Ratzinger nei suoi tre volumi del “Gesù di Nazaret”
volevamo mettere in risalto proprio i due grandi aspetti che ogni Vangelo contiene:
da una parte il riferimento storico che non può mancare e dall’altra la dimensione
teologica. Nei Vangeli, infatti, non si raccontano soltanto cose riguardo a Gesù di
Nazaret, ma è presente anche la fede della comunità cristiana che ha visto in Gesù
fin dall’inizio e soprattutto – come è logico – dopo la Pasqua, Colui che è morto
e risorto.
D. – Anche gli studi più recenti sono a favore della storicità della
morte e Risurrezione di Gesù?
R. – Sì. In realtà, la dimensione teologica non
si può staccare dal fatto storico. Fino al 1920 c’era una spaccatura quasi inconciliabile
tra i dati storici e la possibilità di credere in Gesù come Figlio di Dio a partire
dai Vangeli. All’inizio si pensava che solo la dimensione o l’approccio storico fosse
quello legittimo. Proprio la nuova ricerca, a partire soprattutto, per la parte cattolica,
dal Concilio Vaticano II e dall’Istruzione Sancta Mater Ecclesia - che questa
mattina abbiamo messo in risalto - ha illustrato che sono perfettamente compatibili
le due cose. E questo lo dice molto bene Benedetto XVI quando afferma che la fede
non può prescindere dal fatto storico, perché altrimenti sarebbe ridotta ad un mito,
si ridurrebbe soltanto ad una serie di invenzioni umane. L’ancoraggio storico, invece,
è quello che dà tutta la forza al kérygma cristiano. Sui fatti, la cosa più importante
dal punto di vista storico, logicamente è che Gesù ha predicato, che ha annunciato
un messaggio che era nuovo, e che poi è morto. La sua morte senza la fede avrebbe
potuto essere considerata in un senso “piatto” come la morte di una persona tra tante.
Ma la Chiesa, fin dall’inizio, ha creduto che quell’uomo crocifisso è anche il Signore,
perché è risorto dai morti. E certo, nessuno ha visto Gesù risorgere, però ci sono
due fatti storici che accompagnano la Risurrezione di Cristo: quelli sì, fanno parte
della dimensione reale della Risurrezione e sono da una parte la tomba vuota e dall’altra
le testimonianze dei discepoli che hanno visto il Risorto.
D. – E’ interessante
notare che gli evangelisti raccontano che le prime testimoni della Risurrezione sono
state le donne, quando allora la testimonianza delle donne nei processi non aveva
valore. Quindi, questa è ancora una prova a favore della storicità della Risurrezione?
R.
– Esattamente. Forse è la prova più forte, il fatto che ci siano testimoni autentici
della Risurrezione, cioè se la Chiesa primitiva avesse creato o inventato i racconti
della Risurrezione, gli ultimi testimoni a cui avrebbe pensato sarebbero state le
donne! I Vangeli mostrano invece che i primi testimoni sono proprio le donne e questo
è una prova a favore della storicità.
D. – Anche grazie agli ultimi studi papirologici,
i Vangeli sempre più vengono considerati testi storici, non invenzioni della comunità
cristiana …
R. – Certo, perché è proprio quella tradizione di Gesù che la Chiesa
conserva. Poi, gli stessi Vangeli, con quattro forme diverse – difatti Sant’Ireneo
ha coniato quell’espressione che è veramente magnifica “Il Vangelo quadriforme” –
sono il messaggio su Gesù Salvatore, Figlio di Dio, che viene espresso in quattro
forme diverse. A volte sembra che ci siano “tensioni”, alcune persone parlano di contraddizioni,
anche se contraddizioni nel senso tecnico della parola non ci sono, ma la diversità
di racconti è anche una testimonianza forte a favore della storicità dei Vangeli,
perché fa vedere che gli evangelisti non si erano messi d’accordo, che le cose che
raccontano – anche se diverse – hanno un nucleo che è essenzialmente lo stesso.