Matrimonio, famiglia, cura pastorale dei divorziati: articolo di mons. Müller sull'Osservatore
Romano
Il matrimonio tra un uomo e una donna battezzati è un sacramento che tocca la realtà
personale, sociale e storica dell’uomo: si apre così l’articolo di mons. Müller, pubblicato
sull'Osservatore Romano, che, in modo dettagliato, richiama i principali documenti
della Chiesa sull’argomento. A partire dai Vangeli di Marco, Matteo e Luca, si comprende
come il patto che unisce intimamente e reciprocamente i due coniugi è istituito da
Dio stesso, segno dell’alleanza di Cristo e della Chiesa, mediazione della grazia
di tale patto. Anche i Padri della Chiesa e il Concilio di Trento hanno respinto il
divorzio ed il secondo matrimonio, escludendo quindi l’ammissione ai sacramenti per
i separati risposati. Non solo: i canonisti hanno sempre parlato di "prassi abusiva"
in relazione alla pratica della Chiesa Orientale che permette il divorzio in base
alla "clemenza pastorale" per i casi difficili, e apre quindi la strada a un secondo
o terzo matrimonio. Si tratta, precisa mons. Müller, “di una questione ecumenica da
non sottovalutare”. La Costituzione pastorale Gaudium et Spes, frutto del Concilio
Vaticano II, ribadisce ulteriormente che il matrimonio “è un’istituzione stabile,
fondata per diritto divino e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo” ed è proprio
attraverso il sacramento che la sua indissolubilità diventa “immagine dell’amore di
Dio per il suo popolo e della fedeltà irrevocabile di Cristo alla sua Chiesa”.
In
epoca più recente, basti citare le Esortazioni apostoliche Familiaris Consortio
e Sacramentum Caritatis, siglate rispettivamente da Giovanni Paolo II nel 1981
e da Benedetto XVI nel 2007, così come la lettera pubblicata nel 1994 dalla stessa
Congregazione, o il messaggio finale del Sinodo 2012 sulla nuova evangelizzazione.
In tutti questi documenti, in sostanza, si ribadisce che i fedeli divorziati risposati
non possono accostarsi all’Eucaristia perché la loro condizione di vita contraddice
l’unione di amore tra Cristo e la Chiesa significata dall’atto eucaristico stesso.
Altro punto che accomuna i documenti del magistero, spiega ancora mons. Müller, è
l’esortazione all’accompagnamento pastorale dei divorziati risposati, affinché comprendano
che nei loro confronti non viene attuata alcuna discriminazione, ma solo la fedeltà
assoluta alla volontà di Cristo. Mons. Müller sottolinea, poi, l’importanza di verificare
la validità del matrimonio in un’epoca come quella contemporanea che si pone in contrasto
con la comprensione cristiana di tale sacramento. “Laddove non è possibile riscontrare
una nullità del matrimonio – scrive il presule – è possibile l’assoluzione e la Comunione
eucaristica se i coniugi vivono insieme come amici, come fratello e sorella”. Le benedizioni
di legami irregolari sono quindi da evitare in ogni caso. D’altronde, scrive ancora
il prefetto della Congregazione, una relazione stabile e duratura corrisponde alla
natura spirituale e morale dell’uomo: il matrimonio indissolubile ha, quindi, un valore
antropologico perché sottrae i coniugi all’arbitrio dei sentimenti, li aiuta ad affrontare
le difficoltà personali, protegge soprattutto i figli. “L’amore è qualcosa di più
del sentimento e dell’istinto – afferma mons. Müller – nella sua essenza è dedizione.
Nell’amore coniugale due persone si dicono l’un l’altro consapevolmente e volontariamente
‘Solo te e, te per sempre’". Quindi, di fronte a coloro che giudicano il matrimonio
esclusivamente secondo criteri mondani e pragmatici, “la Chiesa non può rispondere
con un adeguamento pragmatico”, perché il matrimonio dei battezzati “ha un carattere
sacramentale e rappresenta, quindi, una realtà soprannaturale”.
Certo, si
legge ancora nell’articolo, ci sono situazioni in cui “la convivenza matrimoniale
diventa praticamente impossibile”, come nei casi di “violenza fisica o psicologica”.
E in tali “dolorose situazioni la Chiesa ha sempre permesso che i coniugi si potessero
separare e non vivessero più insieme”, fermo restando che il vincolo matrimoniale
“rimane stabile davanti a Dio” e “le singole parti non sono libere di contrarre un
nuovo matrimonio finché l’altro coniuge è in vita”. L’articolo di mons. Müller risponde
poi a chi suggerisce alcune soluzioni discutibili, come il lasciare alla coscienza
personale dei divorziati risposati la scelta di accostarsi o meno all’Eucaristia.
Argomento non valido, spiega il presule, perché anche se i divorziati risposati sono
convinti, in coscienza, della non validità del matrimonio precedente, ciò deve essere
comunque dimostrato oggettivamente dall’autorità giudiziaria. Anche la dottrina della
“epicheia” – ovvero dell’equità secondo la quale una legge vale in termini generali,
ma non sempre l’azione umana può corrispondervi totalmente – non può essere applicata
in questo caso perché l’indissolubilità del matrimonio sacramentale è una norma di
diritto divino. E a chi si appella della misericordia di Dio, mons. Müller risponde
mettendo in guardia dal “falso richiamo alla misericordia” che porta a banalizzare
l’immagine stessa di Dio, “secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare”.
“La misericordia di Dio non è una dispensa dai suoi comandamenti e dalle istruzioni
della Chiesa”, spiega ancora il presule, perché al mistero di Dio appartengono anche
santità e giustizia e tali attributi non devono essere nascosti.
Infine, mons.
Müller insiste sulla cura pastorale dei divorziati risposati, specificando che essa
non deve “ridursi alla questione della recezione dell’Eucaristia”, perché “oltre alla
Comunione sacramentale ci sono diversi modi di entrare in comunione con Dio: nella
fede, nella speranza e nella carità, nel pentimento e nella preghiera”. “Dio può donare
la sua vicinanza e la sua salvezza alle persone attraverso diverse strade, anche se
esse si trovano a vivere in situazioni contraddittorie – conclude il presule – Una
cura pastorale fondata sulla verità e sull’amore troverà sempre le strade da percorrere
e le forme più giuste”. (A cura di Isabella Piro)