2013-10-22 14:23:26

Matrimonio, famiglia, cura pastorale dei divorziati: articolo di mons. Müller sull'Osservatore Romano


Il matrimonio tra un uomo e una donna battezzati è un sacramento che tocca la realtà personale, sociale e storica dell’uomo: si apre così l’articolo di mons. Müller, pubblicato sull'Osservatore Romano, che, in modo dettagliato, richiama i principali documenti della Chiesa sull’argomento. A partire dai Vangeli di Marco, Matteo e Luca, si comprende come il patto che unisce intimamente e reciprocamente i due coniugi è istituito da Dio stesso, segno dell’alleanza di Cristo e della Chiesa, mediazione della grazia di tale patto. Anche i Padri della Chiesa e il Concilio di Trento hanno respinto il divorzio ed il secondo matrimonio, escludendo quindi l’ammissione ai sacramenti per i separati risposati. Non solo: i canonisti hanno sempre parlato di "prassi abusiva" in relazione alla pratica della Chiesa Orientale che permette il divorzio in base alla "clemenza pastorale" per i casi difficili, e apre quindi la strada a un secondo o terzo matrimonio. Si tratta, precisa mons. Müller, “di una questione ecumenica da non sottovalutare”. La Costituzione pastorale Gaudium et Spes, frutto del Concilio Vaticano II, ribadisce ulteriormente che il matrimonio “è un’istituzione stabile, fondata per diritto divino e non dipendente dall’arbitrio dell’uomo” ed è proprio attraverso il sacramento che la sua indissolubilità diventa “immagine dell’amore di Dio per il suo popolo e della fedeltà irrevocabile di Cristo alla sua Chiesa”.

In epoca più recente, basti citare le Esortazioni apostoliche Familiaris Consortio e Sacramentum Caritatis, siglate rispettivamente da Giovanni Paolo II nel 1981 e da Benedetto XVI nel 2007, così come la lettera pubblicata nel 1994 dalla stessa Congregazione, o il messaggio finale del Sinodo 2012 sulla nuova evangelizzazione. In tutti questi documenti, in sostanza, si ribadisce che i fedeli divorziati risposati non possono accostarsi all’Eucaristia perché la loro condizione di vita contraddice l’unione di amore tra Cristo e la Chiesa significata dall’atto eucaristico stesso. Altro punto che accomuna i documenti del magistero, spiega ancora mons. Müller, è l’esortazione all’accompagnamento pastorale dei divorziati risposati, affinché comprendano che nei loro confronti non viene attuata alcuna discriminazione, ma solo la fedeltà assoluta alla volontà di Cristo. Mons. Müller sottolinea, poi, l’importanza di verificare la validità del matrimonio in un’epoca come quella contemporanea che si pone in contrasto con la comprensione cristiana di tale sacramento. “Laddove non è possibile riscontrare una nullità del matrimonio – scrive il presule – è possibile l’assoluzione e la Comunione eucaristica se i coniugi vivono insieme come amici, come fratello e sorella”. Le benedizioni di legami irregolari sono quindi da evitare in ogni caso. D’altronde, scrive ancora il prefetto della Congregazione, una relazione stabile e duratura corrisponde alla natura spirituale e morale dell’uomo: il matrimonio indissolubile ha, quindi, un valore antropologico perché sottrae i coniugi all’arbitrio dei sentimenti, li aiuta ad affrontare le difficoltà personali, protegge soprattutto i figli. “L’amore è qualcosa di più del sentimento e dell’istinto – afferma mons. Müller – nella sua essenza è dedizione. Nell’amore coniugale due persone si dicono l’un l’altro consapevolmente e volontariamente ‘Solo te e, te per sempre’". Quindi, di fronte a coloro che giudicano il matrimonio esclusivamente secondo criteri mondani e pragmatici, “la Chiesa non può rispondere con un adeguamento pragmatico”, perché il matrimonio dei battezzati “ha un carattere sacramentale e rappresenta, quindi, una realtà soprannaturale”.

Certo, si legge ancora nell’articolo, ci sono situazioni in cui “la convivenza matrimoniale diventa praticamente impossibile”, come nei casi di “violenza fisica o psicologica”. E in tali “dolorose situazioni la Chiesa ha sempre permesso che i coniugi si potessero separare e non vivessero più insieme”, fermo restando che il vincolo matrimoniale “rimane stabile davanti a Dio” e “le singole parti non sono libere di contrarre un nuovo matrimonio finché l’altro coniuge è in vita”. L’articolo di mons. Müller risponde poi a chi suggerisce alcune soluzioni discutibili, come il lasciare alla coscienza personale dei divorziati risposati la scelta di accostarsi o meno all’Eucaristia. Argomento non valido, spiega il presule, perché anche se i divorziati risposati sono convinti, in coscienza, della non validità del matrimonio precedente, ciò deve essere comunque dimostrato oggettivamente dall’autorità giudiziaria. Anche la dottrina della “epicheia” – ovvero dell’equità secondo la quale una legge vale in termini generali, ma non sempre l’azione umana può corrispondervi totalmente – non può essere applicata in questo caso perché l’indissolubilità del matrimonio sacramentale è una norma di diritto divino. E a chi si appella della misericordia di Dio, mons. Müller risponde mettendo in guardia dal “falso richiamo alla misericordia” che porta a banalizzare l’immagine stessa di Dio, “secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare”. “La misericordia di Dio non è una dispensa dai suoi comandamenti e dalle istruzioni della Chiesa”, spiega ancora il presule, perché al mistero di Dio appartengono anche santità e giustizia e tali attributi non devono essere nascosti.

Infine, mons. Müller insiste sulla cura pastorale dei divorziati risposati, specificando che essa non deve “ridursi alla questione della recezione dell’Eucaristia”, perché “oltre alla Comunione sacramentale ci sono diversi modi di entrare in comunione con Dio: nella fede, nella speranza e nella carità, nel pentimento e nella preghiera”. “Dio può donare la sua vicinanza e la sua salvezza alle persone attraverso diverse strade, anche se esse si trovano a vivere in situazioni contraddittorie – conclude il presule – Una cura pastorale fondata sulla verità e sull’amore troverà sempre le strade da percorrere e le forme più giuste”. (A cura di Isabella Piro)







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