Dal Gruppo 'Amici della Siria' no a un nuovo impegno politico di Assad
Il presidente Bashar al Assad non avrà alcun ruolo nel futuro governo della Siria.
Lo ha detto il ministro degli Esteri inglese William Hague, al termine della riunione
del gruppo 'Amici della Siria ieri a Londra. Nel contempo l’opposizione siriana chiede
che Assad lasci, altrimenti rischia di saltare la conferenza di pace Ginevra2. E Assad
non esclude di ricandidarsi alle presidenziali previste in Siria nel 2014 e attese
alle fine di giugno. Gli Stati Uniti - col segretario di Stato, John Kerry - hanno
già detto che "se Bashar al Assad sarà rieletto, la guerra in Siria continuerà". Ascoltiamo
Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università
di Firenze, intervistata da Giada Aquilino:
R. – L’annuncio
di Assad è un rinfocolare la guerra, perché dopo due mandati, dal 2000 e poi dal 2007,
il volersi ripresentare – dice lui – perché è un suo desiderio e anche quello del
popolo è un atto politico di grande orgoglio e manifestazione di forza. Rimane la
curiosità non solo di vedere come questo influirà negativamente sul tentativo che
si farà a Ginevra di provare ad iniziare a trovare una soluzione, ma soprattutto come
pensa Assad di poter organizzare elezioni - anche “accomodate” - in una situazione
di guerra civile in cui non solo non controlla più ampie aree del Paese, in particolare
a Nord, nella regione di Aleppo, e ad Est, ma anche in cui ci sono stati milioni di
profughi, alcuni all’estero ma altri interni. In pratica, il regime controlla la striscia
occidentale, in particolare Latakia, sul mare, che è una roccaforte alawita dell’etnia
a cui appartiene il presidente, e poi tenta in tutti i modi di controllare l’area
di Damasco.
D. – Tra l’altro, Assad ha anche escluso che la conferenza di Ginevra
possa tenersi già il 23 novembre, come riferito da più fonti ultimamente. Che ostacoli
ci sono?
R. – Gli ostacoli sono che le forze in campo contro di lui sono estremamente
divise, sia da un punto di vista religioso, sia da un punto di vista politico. L’unico
grande vantaggio che ha Assad, sul campo e sul piano politico, è che la sua fazione
è visibilmente unita. Quali tensioni ci siano all’interno non si sa, anche se alcune
voci arrivano anche all’esterno.
D. – Quale ruolo potrebbe assumere il vertice
vista la spaccatura che c’è sia tra le forze anti-Assad, sia sul terreno?
R.
– Quello che prima o poi si farà, o con vertici o sul terreno, è una sorta di spartizione
della Siria tra la parte che rimarrà legata al regime degli Assad, probabilmente quella
occidentale, e altre parti, come la regione dei curdi che prima o poi guadagnerà più
spazio e altre componenti sunnite. Quindi la Siria, de facto, sarà in qualche
modo spartita.
D. – Un po’ quello che si era detto per l’Iraq…
R. –
L’Iraq è teoricamente un Paese unito, ma in realtà ci sono tre ampie zone: curda,
sciita e sunnita.