2013-10-22 12:42:29

10.mo di canonizzazione di Daniele Comboni: il Santo che voleva “salvare l’Africa con l’Africa”


"Il coraggio della speranza nell’Africa di ieri e di oggi". Questo il tema scelto dalla comunità di suore e sacerdoti comboniani per la tavola rotonda che ha avuto luogo, lunedì sera, presso l'auditorium del Palazzo della Gran Guardia di Verona, organizzata per ricordare i 10 anni dalla canonizzazione di San Daniele Comboni. Religioso dalla spiritualità complessa e affascinante, Comboni fu protagonista di una strategia missionaria nuova, che non lasciava indietro né gli uomini né le donne africani di cui si prese cura per tutta la sua vita. Consapevole del ruolo centrale delle donne, fondò l’ordine delle Pie Madri della Nigrizia e aiutò le donne africane vittime della tratta, riscattandole e permettendo loro di formarsi come istitutrici presso l’istituto Don Mazza di Verona. Per ricordare il Santo missionario, Cecilia Sabelli ha intervistato suor Elisa Kidanè, religiosa eritrea comboniana della rivista "Nigrizia", fondata dallo stesso Comboni:RealAudioMP3

D.- Suor Elisa, il cuore di Comboni non batteva che per l’Africa e la sua ‘rigenerazione’; nelle sue missioni in Africa Centrale, cercò di coinvolgere nelle attività missionarie gli stessi africani, perché divenissero apostoli tra i loro connazionali. Qual’era dunque il significato del motto, caro al Santo, “salvare l’Africa con l’Africa”?

R. – Non era solo un motto, era proprio una metodologia lungimirante. Ancora oggi fatichiamo a credere a questa ipotesi di lasciare che proprio l’Africa possa camminare con le proprie gambe; possa essere colei che diventa protagonista della propria salvezza. Lui stesso ha realizzato in pieno questa sua idea, questa sua volontà. Noi siamo veramente grate a questo uomo che ha creduto veramente nei popoli dell’Africa.

D. – Il "Piano di rigenerazione dell’Africa", concepito nel 1864 dal Santo, che racchiude le sue intuizioni, può rappresentare un punto di riferimento per proseguire il cammino e illuminare le scelte pastorali e missionarie per il continente africano?

R. – Può, assolutamente può e deve, non solo può, ed è possibile. Chi lo può fare? Innanzitutto, noi missionari e missionarie dobbiamo veramente con molta semplicità, con molta serenità riprendere in mano il piano, il suo programma di evangelizzazione, una metodologia di avanguardia, riprenderlo, svuotarlo e tirar via tutte quelle cose che sono dell’epoca e prenderne veramente il cuore. Comboni diceva: “Dopo quattro, cinque, sei o dieci anni, quando vedete che la Chiesa cammina con le sue gambe, via, andate da un’altra parte”. Questo decimo anniversario non è solamente dire: “Che bello, abbiamo un fondatore Santo!” No, è proprio il momento opportuno per dire: “Adesso però dobbiamo dare una svolta anche al nostro tran tran, come ha fatto Comboni, con coraggio”.

D. – In questi giorni il Papa ha ricordato i missionari e le missionarie “che lavorano tanto, senza far rumore, e danno la vita”. Come ha accolto queste parole la comunità comboniana? Si è sentita confortata in qualche modo?

R. – Questo ricordarci da parte del Papa ci ha fatto senz’altro piacere, ma soprattutto speriamo che possa avere suscitato nei giovani il pensiero che valga la pena dare la vita per sempre, per una missione che è ancora di grandissima attualità.

Ultimo aggiornamento: 23 ottobre







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