In Egitto ieri nuove manifestazioni dei Fratelli Musulmani a sostegno di Mohammed
Morsi
Giornata di tensione ieri in Egitto. Nel centesimo giorno della deposizione dell’ex
presidente Morsi, al Cairo e in altre città nuove manifestazioni in sostegno del leader
dei Fratelli Musulmani. Il servizio è di Amina Belkassem:
In quello che
hanno definito il “venerdì della responsabilità” migliaia di sostenitori del primo
capo dello stato dei Fratelli musulmani sono scesi in piazza insieme ai membri del
gruppo estremista Jamaat al Islamiya per protestare contro il generale Al-Sisi e reclamare
il ritorno di Morsi. Le manifestazioni si sono svolte non soltanto al Cairo ma anche
ad Alessandria a Fayyum nel Sud e nella regione del Delta del Nilo dove si contano
alcuni feriti. Appaiono però lontane le violenze che soltanto pochi giorni fa, durante
le manifestazioni del 6 ottobre, hanno fatto decine di vittime in scontri tra pro
Morsi e forze di sicurezza. Proprio per evitare nuove tensioni che si terranno a porte
chiuse le udienze di oggi e di domenica del nuovo processo contro Hosni Mubarak per
l’uccisione di oltre 800 manifestanti durante la Rivoluzione del 2011.
Sulla
complessa situazione egiziana Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento
di Azzurra Meringolo dell'Istituto affari Internazionali:
R. – Effettivamente,
la deposizione è stata richiesta da milioni di egiziani che sono scesi in strada,
il 30 giugno, appunto per chiedere l’uscita di scena di Morsi. Quello che è successo
è che la Fratellanza musulmana è del tutto esclusa da questo nuovo processo di transizione
all’interno del Paese: basti pensare che la Costituente – quindi la nuova assemblea
che dovrebbe emendare la Costituzione del 2012 ma di fatto la sta riscrivendo – comprende
soltanto un islamista tra i suoi 50 membri, e questo islamista non è neanche della
Fratellanza musulmana, ma è del Fronte dei salafiti, quindi degli islamisti più radicali.
Diciamo che manca, al momento attuale, un processo di inclusione: quindi, entrambe
le parti in causa, in questi anni, non hanno accettato l’avversario politico. Il problema
della democrazia egiziana passa, in questo momento, per un pre-requisito, che è quello
dell’inclusione: dal voler progettare insieme invece che cercare di dividere sempre
di più le fazioni, come di fatto è successo.
D. – In questo contesto si collocano
anche le contestazioni in relazione alla nuova legge che regola le manifestazioni.
Il movimento "Tamarod", che di fatto ha portato alla deposizione del presidente Morsi,
parla di misure repressive, e così anche i salafiti del partito al-Nur. Però, nessuno
si oppone con forza ad una norma estremamente restrittiva a cui manca solo il via
libera presidenziale …
R. – Il gruppo dei "Tamarod" ma anche il "Gruppo del
6 aprile", che è uno storico gruppo giovanile, protagonista della rivoluzione del
2011, è stato uno dei primi a prendere le distanze dall’intervento militare, quindi
a dire “sì alla deposizione di Morsi” ma “no al ritorno dei militari al potere”. In
questo momento, però, anche all’interno del nuovo governo se questa legge è stata
accettata vuol dire che il governo l’ha fatta passare; e dentro questo governo ci
sono anche molte figure liberali che probabilmente non hanno ritenuto opportuno opporsi
per garantire maggiore “stabilità” al Paese nel corso di queste manifestazioni che
sono soprattutto manifestazioni di islamisti.
D. – L’Informazione nazionale
egiziana ribadisce che i Fratelli musulmani sono il 5,5 per cento della popolazione,
e di fatto minimizza le proteste …
R. – Credo che si debba comprendere la copertura
mediatica che i media egiziani stanno dando e di cui i giornali sono parte: è una
rappresentazione mediatica molto polarizzata e molto schierata. Se pensiamo, ad esempio,
agli eventi che abbiamo visto sia a luglio sia ad agosto, le televisioni sia statali
sia private hanno mostrato soltanto una parte della realtà in strada: nessuno, nessun
giornalista delle fazioni più liberali si è assunto il compito di andare a vedere
realmente quali siano stati, ad esempio, gli eventi, le rappresaglie dei militari
a piazza Rabaa el Adaweya, dove c’era il sit-in dei sostenitori di Morsi. Quello che
possiamo dire è che effettivamente i Fratelli musulmani, gli islamisti, hanno vinto
le prime elezioni del post-Mubarak – per tre volte le hanno vinte: referendum, parlamentari
e presidenziali – e ogni volta la loro percentuale, il loro margine di successo diminuiva.
In aggiunta, il 30 giugno, quando abbiamo visto i milioni di egiziano scesi in piazza,
queste manifestazioni non ci sono state solo al Cairo, ma anche in zone dove la Fratellanza
musulmana ha avuto per anni le sue roccaforti. Quindi, questo faceva presagire che
qualora si fosse andati al voto a ridosso di quelle date, avrebbero perso ulteriormente
voti: questo, sì. Non si è andati alle elezioni e probabilmente la repressione sui
Fratelli musulmani potrebbe anche far loro guadagnare qualche voto.
D. – Comunque,
si guarda alle prossime elezioni. Chi e cosa garantiranno che quel risultato sarà
rispettato?
R. – Bè, si è creato di sicuro un precedente pericoloso: il primo
appuntamento elettorale sarà quello sulla Costituzione, che dovrebbe essere entro
la fine dell’anno. A quel punto ci saranno le parlamentari e le presidenziali. Sappiamo
che potrebbero esserci anche degli ispettori internazionali. La macchina organizzativa
non è ancora entrata a regime: bisognerà vedere chi supervisionerà al meccanismo.
Quindi, effettivamente, c’è il rischio che si sia creato un precedente che ci si possa
ritrovare.