2013-10-19 08:03:52

In Egitto ieri nuove manifestazioni dei Fratelli Musulmani a sostegno di Mohammed Morsi


Giornata di tensione ieri in Egitto. Nel centesimo giorno della deposizione dell’ex presidente Morsi, al Cairo e in altre città nuove manifestazioni in sostegno del leader dei Fratelli Musulmani. Il servizio è di Amina Belkassem:RealAudioMP3

In quello che hanno definito il “venerdì della responsabilità” migliaia di sostenitori del primo capo dello stato dei Fratelli musulmani sono scesi in piazza insieme ai membri del gruppo estremista Jamaat al Islamiya per protestare contro il generale Al-Sisi e reclamare il ritorno di Morsi. Le manifestazioni si sono svolte non soltanto al Cairo ma anche ad Alessandria a Fayyum nel Sud e nella regione del Delta del Nilo dove si contano alcuni feriti. Appaiono però lontane le violenze che soltanto pochi giorni fa, durante le manifestazioni del 6 ottobre, hanno fatto decine di vittime in scontri tra pro Morsi e forze di sicurezza. Proprio per evitare nuove tensioni che si terranno a porte chiuse le udienze di oggi e di domenica del nuovo processo contro Hosni Mubarak per l’uccisione di oltre 800 manifestanti durante la Rivoluzione del 2011.

Sulla complessa situazione egiziana Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Azzurra Meringolo dell'Istituto affari Internazionali:RealAudioMP3

R. – Effettivamente, la deposizione è stata richiesta da milioni di egiziani che sono scesi in strada, il 30 giugno, appunto per chiedere l’uscita di scena di Morsi. Quello che è successo è che la Fratellanza musulmana è del tutto esclusa da questo nuovo processo di transizione all’interno del Paese: basti pensare che la Costituente – quindi la nuova assemblea che dovrebbe emendare la Costituzione del 2012 ma di fatto la sta riscrivendo – comprende soltanto un islamista tra i suoi 50 membri, e questo islamista non è neanche della Fratellanza musulmana, ma è del Fronte dei salafiti, quindi degli islamisti più radicali. Diciamo che manca, al momento attuale, un processo di inclusione: quindi, entrambe le parti in causa, in questi anni, non hanno accettato l’avversario politico. Il problema della democrazia egiziana passa, in questo momento, per un pre-requisito, che è quello dell’inclusione: dal voler progettare insieme invece che cercare di dividere sempre di più le fazioni, come di fatto è successo.

D. – In questo contesto si collocano anche le contestazioni in relazione alla nuova legge che regola le manifestazioni. Il movimento "Tamarod", che di fatto ha portato alla deposizione del presidente Morsi, parla di misure repressive, e così anche i salafiti del partito al-Nur. Però, nessuno si oppone con forza ad una norma estremamente restrittiva a cui manca solo il via libera presidenziale …

R. – Il gruppo dei "Tamarod" ma anche il "Gruppo del 6 aprile", che è uno storico gruppo giovanile, protagonista della rivoluzione del 2011, è stato uno dei primi a prendere le distanze dall’intervento militare, quindi a dire “sì alla deposizione di Morsi” ma “no al ritorno dei militari al potere”. In questo momento, però, anche all’interno del nuovo governo se questa legge è stata accettata vuol dire che il governo l’ha fatta passare; e dentro questo governo ci sono anche molte figure liberali che probabilmente non hanno ritenuto opportuno opporsi per garantire maggiore “stabilità” al Paese nel corso di queste manifestazioni che sono soprattutto manifestazioni di islamisti.

D. – L’Informazione nazionale egiziana ribadisce che i Fratelli musulmani sono il 5,5 per cento della popolazione, e di fatto minimizza le proteste …

R. – Credo che si debba comprendere la copertura mediatica che i media egiziani stanno dando e di cui i giornali sono parte: è una rappresentazione mediatica molto polarizzata e molto schierata. Se pensiamo, ad esempio, agli eventi che abbiamo visto sia a luglio sia ad agosto, le televisioni sia statali sia private hanno mostrato soltanto una parte della realtà in strada: nessuno, nessun giornalista delle fazioni più liberali si è assunto il compito di andare a vedere realmente quali siano stati, ad esempio, gli eventi, le rappresaglie dei militari a piazza Rabaa el Adaweya, dove c’era il sit-in dei sostenitori di Morsi. Quello che possiamo dire è che effettivamente i Fratelli musulmani, gli islamisti, hanno vinto le prime elezioni del post-Mubarak – per tre volte le hanno vinte: referendum, parlamentari e presidenziali – e ogni volta la loro percentuale, il loro margine di successo diminuiva. In aggiunta, il 30 giugno, quando abbiamo visto i milioni di egiziano scesi in piazza, queste manifestazioni non ci sono state solo al Cairo, ma anche in zone dove la Fratellanza musulmana ha avuto per anni le sue roccaforti. Quindi, questo faceva presagire che qualora si fosse andati al voto a ridosso di quelle date, avrebbero perso ulteriormente voti: questo, sì. Non si è andati alle elezioni e probabilmente la repressione sui Fratelli musulmani potrebbe anche far loro guadagnare qualche voto.

D. – Comunque, si guarda alle prossime elezioni. Chi e cosa garantiranno che quel risultato sarà rispettato?

R. – Bè, si è creato di sicuro un precedente pericoloso: il primo appuntamento elettorale sarà quello sulla Costituzione, che dovrebbe essere entro la fine dell’anno. A quel punto ci saranno le parlamentari e le presidenziali. Sappiamo che potrebbero esserci anche degli ispettori internazionali. La macchina organizzativa non è ancora entrata a regime: bisognerà vedere chi supervisionerà al meccanismo. Quindi, effettivamente, c’è il rischio che si sia creato un precedente che ci si possa ritrovare.







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